cariatidi con cesti di frutta

statua,

La camera centrale della Grotta di Diana, impostata su di una campata quadrata voltata a crociera, presentava in origine un insieme di sei cariatidi canefore: due erano addossate ai pilastri dell’arco di accesso al ninfeo, poste affrontate l’una sul lato sinistro e l’altra su quello destro (si conserva solo la canefora di destra), le rimanenti erano invece collocate a coppie ai lati del grande nicchione di fondo contenente la fontana maggiore di Diana (della coppia sinistra rimane solo una canefora). Sopra il modellato in stucco delle statue, l’originario rivestimento polimaterico a mosaico rustico è in larga parte perduto: si può apprezzare, seppur in una forma molto impoverita, nelle vesti della coppia superstite. Oltre al distacco della finitura superficiale, le tre sculture della fontana hanno perduto una delle braccia (anche l’intero modellato della parte inferiore per la canefora di sinsitra). Tutte e quattro le statue poggiano su plinti: i tre basamenti della fontana maggiore supportano nei fronti cartigli ad ovolo entro cui si legge una iscrizione frammentaria: “[…]INO/ DE BONONIA/ OPVS”, ricondotta alla paternità del decoratore Paolo Calandrino, documentato per i lavori della grotta. Le figure femminili, panneggiate all’antica con elegante veste che segna la vita lasciando il petto scoperto, accennano ad un passo con una delle gambe leggermente flessa. Sul capo mantengono in equilibrio un cesto di pomi delle Esperidi: se la coppia trattiene il vaso (decorato con motivo zoomorfo) con una sola mano, la canefora verso il vestibolo sorregge con entrambe le braccia un paniere ben più alto e di diversa foggia. Tutte le sculture presentano poi il medesimo viso regolare incorniciato dai biondi capelli, con grandi occhi e bocca carnosa semidischiusa

  • OGGETTO statua
  • MATERIA E TECNICA pasta vitrea/ mosaico
    stucco/ modellatura
    stucco/ pittura
    pietra/ mosaico
  • ATTRIBUZIONI Calandrino, Paolo (notizie Seconda Metà Sec. Xvi): decoratore
  • LOCALIZZAZIONE Villa d'Este
  • INDIRIZZO Piazza Trento, 5, Tivoli (RM)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La Grotta di Diana, parte di quel meraviglioso complesso che è il giardino di Villa D’Este voluto dal cardinale Ippolito II (1509-1572) e costruito sulle possenti sostruzioni dei terrazzamenti digradanti con alti salti di quota nel luogo di captazione delle acque dell’Aniene, trova collocazione nell’angolo di sud-ovest del giardino, sotto la Gran Loggia. La creazione dell’articolato e vasto insieme incontrava precise rispondenze in un programma iconologico unitario del palazzo e del giardino, secondo costanti riferimenti alla mitologia classica con temi simbolici, allegorici e celebrativi volti ad esaltare le virtù del governatore di Tivoli e della sua casata. Eppure “la coerenza e l’unità sostanziale tra contenuti simbolici e forma visibile” esistente nel complesso cinquecentesco è andata via via perdendosi nei secoli seguenti per l’abbandono e le modifiche avvenute, così il tessuto iconologico dei “numerosi filoni interrelati” risulta oggi di difficile lettura (Paquini Barisi in Cazzato/Fagiolo/Giusti 2001). Sin dall’anonima Descrittione di Tiuoli, manoscritto databile al 1571 ca. con il piano originario dei lavori giunto in doppia copia nelle biblioteche nazionali di Parigi e Vienna (si farà riferimento alla versione francese edita nel 1960 da Coffin), la Grotta di Diana, “dedicata al piacer honesto et alla Castità” viene contrapposta a quella di Venere “dedicata all’appetito, et al piacere voluttuoso” (Coffin 1960, Appendice A, f. 252r). Da questo legame presentato nella menzionata fonte diretta, Coffin elaborò il tema allegorico del conflitto tra Virtù e Vizio, contrapponendo - tramite la celebre immagine dell’Ercole al bivio - la salita all’isolata Grotta di Diana, collocata all’estremità sud-ovest del giardino, alla facile passeggiata piana verso l’opposto fianco di nord-ovest dove si apre la Grotta di Venere. Alla lettura di Coffin si è affiancata la proposta di Marcello Fagiolo con la messa in luce, accanto al bivio di Ercole, del “trivio” che scompone la figura di Venere in celeste, terrestre e lussuriosa; secondo l’interpretazione di Fagiolo: “per la sua posizione e per il suo significato, la Grotta di Venere […] non va identificata con la lussuria bensì con la Venere generante, per le sue connessioni con la Sibilla in quanto Mater Matuta e con la Diana Efesina che trionfano nelle maggiori fontane del settore orientale, il quale dunque si colloca per intero sotto il segno della Virtù” (Fagiolo 1981, p. 182). La proposta di Coffin è stata inoltre messa in discussione da Maria Luisa Madonna, che, sulle premesse di Fagiolo, ha evidenziato la vicinanza della Grotta di Venere alle fontane della stessa dea eponima e di Bacco nel piazzale antistante l’accesso: “Le due divinità [Afrodite e Dioniso] sono state fin qui erroneamente assimilate, sulla base della Descrittione, al piacere disonesto e all’ebrezza (opposti al piacere honesto rappresentato, sempre secondo questa fuorviante interpretazione, dalla Grotta di Diana). Ma in primo luogo Venere è qui divinità salutifera connessa col materno elemento dell’acqua […] generante come Ino, come Diana sive natura genitrix” (Madonna in Fagiolo 1981, p. 208). A ben vedere risulta perfettamente credibile che in una supposta opposizione tra Diana e Venere, debba giocarsi non già una netta contrapposizione ma piuttosto identificarsi una via per la complementarità speculare delle due figure. [IL TESTO PROSEGUE IN OSSERVAZIONI]
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1201254204-2.7
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Villa d'Este-Tivoli
  • ENTE SCHEDATORE Villa d'Este-Tivoli
  • ISCRIZIONI su 3 plinti - […]INO/ DE BONONIA/ OPVS -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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