albero di Jesse

icona, post 1725 - ante 1749

Tavola intera con due listelli a incastro in alto e in basso. Non c'è incavo e non si osserva la presenza di tela preparatoria. Levkas. Bordi marrone scuro col margine doppio filettato di giallo e rosso

  • OGGETTO icona
  • MATERIA E TECNICA tavola/ pittura a tempera
  • AMBITO CULTURALE Ambito Moscovita
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Museo delle Icone Russe
  • LOCALIZZAZIONE Palazzo Pitti
  • INDIRIZZO Piazza de' Pitti 1, Firenze (FI)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il soggetto dell'icona "L'albero di Jesse" si basa sulla profezia di Isaia riguardo alla futura Incarnazione: "Ma un rampollo uscirà dal tronco di Jesse, e un virgulto uscirà dalle sue radici. Riposerà su di lui lo spirito del Signore, spirito di sapienza e di discernimento, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore" (Isaia, 11, 1-2) e anche se una serie di profezie dell'antico Testamento di significato simile. Questo tipo di composizione di solito racchiude la raffigurazione di Jesse giacente con una pianta di vite che esce dal suo petto, sui cui tralci vengono raffigurati gli antenati di Gesù Cristo secondo la genealogia tratta dal Vangelo di Matteo (Matteo, 1, 1-17). Inoltre possono essere qui raffigurati profeti e alcuni soggetti del Vecchio e del Nuovo Testamento e da testi apocrifi, uniti dal tema comune della venuta di Cristo sulla Terra e della sua funzione salvifica. La raffigurazione della progenie di Gesù Cristo come albero genealogico sono note nell'arte occidentale e cristiano-orientale a cominciare dal IX secolo (i più antichi esempi bizantini si riferiscono al XII secolo). Nei secoli XIII e XIV a Bisanzio si diffondono raffigurazioni evolute dell'Albero di Jesse che includono, accanto agli antenati di Cristo, la raffigurazione di profeti, di scene dell'Antico e del Nuovo Testamento. In tempi tardomedievali queste raffigurazioni spesso s'incontravano nelle decorazioni del Monte Athos, della Moldavia del Nord e in icone e affreschi russi. L'icona in esame rappresenta una variante sostanzialmente ridotta dell'iconografia tradizionale: la scelta e l'ordine casuale in cui sono stati disposti i santi, e anche gli errori nelle scritte testimoniano che l'artista-artigiano aveva riprodotto solo lo schema iconografico esteriore di un complesso soggetto simbolico, senza essere esperto riguardo ai dettagli del suo contenuto e della sua interpretazione. Nella pubblicazione di Marcucci l'icona è stata datata al XVII secolo, senza indicazione della scuola, a causa della bassa qualità pittorica. Tuttavia, l'opera ripete, anche se in modo semplificato e schematico, procedimenti caratteristici dell'intero gruppo di opere della stessa bottega nella quale sono state eseguite la maggior parte delle icone della collezione dell'Accademia. La semplificazione è evidente soprattutto nelle silohuettes angolose e sproporzionate, nel modellato delle vesti e dei volti, rafforzati dal disegno dei rilievi a biacca. Tuttavia non è escluso che tutto il gruppo di opere sia stato eseguito da un unico artista, che a seconda dell'importanza dell'ordinazione, ha lavorato a vari livelli di accuratezza
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900742656
  • NUMERO D'INVENTARIO Inv. 1890, 6171
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Le Gallerie degli Uffizi
  • ENTE SCHEDATORE Le Gallerie degli Uffizi
  • ISCRIZIONI nei medaglioni - PROGENITORE GIACOBBE; PROGENITORE GEREMIA; RE AKAZ; RE OSEA; RE OZIA; RE GIACOBBE; RE MANASSIA; RE DAVID; RE SALOMONE; RE IORA - caratteri cirillici - a pennello - russo
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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