ritrovamento della testa di San Torpè

dipinto,

Dipinto di forma rettangolare raffigurante in primo piano sulla sinistra l'arcivescovo di Pisa proteso sopra uno scoglio verso la testa di S. Torpè, sorretta da due angioletti; a destra alcuni uomini in barca cercano la sacra reliquia in mare. Nella parte superiore del dipinto, al centro, due angeli sorreggono la corona e la palma, simboli del martirio

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura
  • ATTRIBUZIONI Cignaroli Giambettino (1706/ 1770)
  • LOCALIZZAZIONE Pisa (PI)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE "I primi contatti documentati col Cignaroli risalgono al 31 luglio 1760 quando è registrato un pagamento" per la copia del Theatrum Basilicae Pisanae del Martini che gli fu inviata a Verona. Il dipinto doveva essere terminato entro il 13 gennaio 1766, quando il pittore ricevette l'intero compenso di 550 scudi romani, e risulta collocato in Duomo il successivo 30 aprile (secondo i documenti rintracciati da SICCA 1990, pp. 270,273,282, nota 104). Il fatto raffigurato accadde, secondo il Sainati, nel XIII secolo quando, a causa di una persistente siccità, l'arcivescovo di Pisa decise di portare in processione il "sacro capo di Torpete" sino al mare, pregando "che a intercessione del Santo la desiderata pioggia discendesse". Sfuggitagli di mano, la reliquia cadde in acqua; considerata ormai perduta, "un flutto riportolla verso il lido, e la ripose nelle sue mani" (SAINATI 1884, p. 7). La struttura compositiva del dipinto, stabilita su direttrici diagonali che legano tra loro le figure, disposte in tre ampi raggruppamenti, rimanda alla scena centrale nella grande tela raffigurante "I SS. Cosma e Damiano salvati dalle acque" eseguita nel 1718 da Antonio Balestra (Padova, Santa Giustina). Eppure, la qualità intensamente dinamica dell'azione che, nell'opera padovana, accentua la connotazione drammatica dell'episodio, il modo col quale l'enfasi dei gesti recupera, sull'ampiezza dell'impaginato, la leggibilità narrativa della sequenza, grandiosa in senso direttamente barocco, appaiono, nel Cignaroli, sottoposti a un processo di riduzione che risponde alle esigenze di razionalismo tipiche del nuovo secolo, tradotte "in criteri di convenienza naturalistica, chiarezza formale, piacevolezza cromatica" dell'immagine (PESENTI 1966, p. 85). L'enfasi diminuita delle pose, l'ellissi stessa dei nessi di raccordo tra i raggruppamenti, evidenziati nella loro singolarità di contro alla limitazione delle determinazioni ambientali sullo sfondo, l'illuminazione diffusa piuttosto che violentemente contrastata garantiscono il pieno risalto all'intensità di approssimazione naturalistica nella resa degli incarnati e, insieme, alla brillantezza della tessitura cromatica. Un simile modo di accordare verosimiglianza e decoro mostra un intento di elezione formale affidato, più che alle potenzialità idealizzanti del filtro grafico, alla qualità intrinsecamente preziosa delle paste: vi si riconosce l'attenzione con la quale il pittore guardò al Veronese. Il cromatismo può così concentrarsi nella profondità del tono, il pigmento distendersi in pellicole lavorate nello spessore; la partitura a contrappunto della gamma, stabilita sui contrasti continuamente ripresi e variati tra bianchi e bruni, rossi e blu, anziché risolversi in un gioco astratto di rispondenze determina, per la densità propriamente materica degli impasti, l'effetto di pieno risalto dei valori di concretezza esistenziale, prepotentemente fisica, nella rappresentazione dei corpi. Subordinando l'abilità propriamente tecnico-esecutiva a esigenze naturalistiche, il dipinto trova le affinità più stringenti con esemplari della pittura settecentesca romana dov'è un'analoga interpretazione del Classicismo in termini di verosimiglianza barocca delle superfici: lo si confronti, assieme alle due tele raffiguranti "La morte di Socrate" e "La morte di Platone" (Budapest, Szépmuvészeti Muzeum), al "S. Camillo de Lellis porta in salvo i malati durante un'inondazione del Tevere" (Roma, Museo di Roma) del Subleyras, secondo un gusto che trova precedenti nel Balestra, ad esempio "La Madonna col Bambino tra i SS. Gregorio e Andrea" (Roma, San Gregorio al Celio), e che fu esercitato direttamente su esemplari di quella cultura. Il modello del dipinto è conservato a Pisa, Museo Nazionale di San Matteo; un disegno relativo alla testa di S. Torpè (Milano, Ambrosiana) è stato rintracciato da Pesenti (1959, p. 130)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900665698
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Pisa e Livorno
  • ENTE SCHEDATORE Opera Primaziale Pisana
  • ISCRIZIONI KUKNAROLOS [per mancanza di caratteri non è stato possibile trascrivere il cognome dell'artista in lettere greche maiuscole] - lettere capitali - a pennello - greco
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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