Sul basamento di legno modanato, a pianta triangolare, insiste la base, che un alto gradino liscio e lucido raccorda al campo centrale decorato, su un fondo puntinato, con tre rigogliose foglie d'acanto pendenti: quella al centro frontale, le altre di profilo con la punta arricciata. Un ampio collo liscio e lucido collega la base al corpo, che reca, sul fondo, puntinato, un doppio giro di lunghe foglie d'alloro in leggero rilievo, con profilo frastagliato e nervatura centrale lucida, e, alla sommità, un ampio campo mistilineo con un fondo puntinato. Questo, definito da brevi archi di cerchio concavi e da lati rettilinei, è profilato da una coppia di ricche foglie d'acanto a voluta dalla punta arricciata poste sulla spalla e includenti, al centro, un ovulo corniciato. Dall'ovulo e dalla coppia di ricche foglie d'acanto pendono sul campo interno due ghirlande di fiori e foglie a festone. Una breve cornice liscia e lucida raccorda il corpo al tozzo collo. (segue in OSS)
- OGGETTO candeliere
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MATERIA E TECNICA
argento/ sbalzo/ cesellatura
- AMBITO CULTURALE Bottega Toscana
- LOCALIZZAZIONE Museo dell'Opera del Duomo
- INDIRIZZO Piazza del Duomo, Pisa (PI)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE La coppia appartiene ad una serie di sei candelieri, da identificarsi con ogni probabilità con quei "sei vasetti da fiori con facciole d'argento" donati per l'altare di S. Ranieri dall'arcivescovo Ranieri Alliata tra il 1816 e il 1825, come attestano gli inventari. La descrizione e le dimensioni di questi arredi contenute nell'inventario del 1895 ("Sei vasi di legno con rapporti d'argento da un sol lato; con decorazioni a fiorami, manichi lisci con festoni intralciati. Alt. 27tri") sembrerebbero confermare l'identificazione con i nostri candelieri. Tuttavia, la definizione di "vasi di legno" o "vasetti da fiori" appare singolare per dei candelieri: forse è dovuta alla loro forma a vaso, o forse alla loro funzione originaria di veri e propri vasi da fiori, poi trasformati in candelieri. Essi sono opera di un orafo non identificato, che lascia il suo punzone, costituito dalla lettere DO in campo a losanga, su uno dei quattro non esposti in Museo. Per altro, i nostri oggetti appaiono del tutto identici ad altri quattro più piccoli, conservati in sacrestia: stando agli inventari, questi sarebbero stati donati all'altare della Madonna di sotto gli organi sempre tra il 1816 ed il 1825 da un benefattore non meglio precisato. La perfetta coincidenza tra le due serie, che variano solo per le dimensioni, induce a ritenere che escano entrambe dalla medesima bottega. I nostri candelieri presentano forti analogie stilistiche con quelli con peducci a zampa di leone (scheda n. 20000060), eseguiti da una bottega toscana non identificata tra il 1824 ed il 1825, a loro volta da accostarsi ad altre serie di candelieri di varie dimensioni, alcuni recanti la scritta Patrocchi, altri lo stemma Toscanelli, tutti conservati in sacrestia. Così, il corpo del vaso che costituisce i nostri arredi, riprodotto in miniatura, funge da nodo centrale degli altri candelieri. E ancora: il motivo sul collo del vaso è identico a quello alla sommità del bocciolo negli altri candelieri: le due piccole foglie d'alloro, che nei candelieri a vaso, spuntando dalla cornicetta liscia e lucida, si alternano in basso alle foglie d'acanto, in realtà non sono altro che la punta delle lunghe foglie d'alloro che negli altri candelieri fanno capolino al di sopra della cornicetta che solca orizzontalmente il bocciolo. Probabilmente si tratta di lamine d'argento prodotte in serie e utilizzate per decorare ora il collo del vaso, ora la sommità del bocciolo. Sulla base di tali analogie è possibile attribuire anche i nostri arredi ad una bottega toscana, forse addirittura alla stessa cui si devono le altre serie di candelieri, o forse ad un'altra in stretti rapporti con essa, e datarli approssimativamente tra il 1820 ed il 1825, l'anno di stesura dell'inventario dell'Opera del Duomo in cui compaiono per la prima volta. L'analisi stilistica, per altro, conferma tale datazione: a stilemi propri del linguaggio neoclassico, dalle lunghe foglie d'alloro in leggero rilievo, con profilo frastagliato e nervatura centrale lucida, al collo che riecheggia un capitello corinzio, ai manici, lisci e lucidi, ad anse in quadrello, che richiamano quelli di un cantharos greco, si aggiungono elementi tipici della tradizione cinque-seicentesca. Tra questi, la sovrabbondanza dell'ornato, che, pur disposto ordinatamente, lascia pochi spazi liberi, e la presenza di motivi, come le ghirlande di fiori e foglie a festone, i tralci di foglie e cespi d'acanto e le rigogliose foglie d'acanto a voluta dalla punta arricciata, appartenenti al gusto rinascimentale. Una tale commistione di stili si fa strada nell'oreficeria fiorentina, l'unica in Toscana oltre a quella lucchese ad essere stata oggetto di studi, a partire dall'inizio degli anni Venti del XIX secolo, quando accanto alle istanze neoclassiche si cominciano ad accogliere le suggestioni del passato
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà persona giuridica senza scopo di lucro
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900665536
- NUMERO D'INVENTARIO 2014OPAOA00665536_a
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Pisa e Livorno
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Pisa e Livorno
- DATA DI COMPILAZIONE 2005
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DATA DI AGGIORNAMENTO
2007
2014
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0