ultima cena

dipinto, 1546 - 1546

n.p

  • OGGETTO dipinto
  • ATTRIBUZIONI Vasari Giorgio (1511/ 1574)
  • LOCALIZZAZIONE Firenze (FI)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La grande "Ultima Cena" fu eseguita da Giorgio Vasari nel 1546, durante il periodo in cui l'artista era tornato a Firenze dopo aver compiuto a Roma lavori per il pontefice Paolo III. Circa la committenza dell'opera esistono, tuttavia, versioni discordanti. Secondo quanto ricorda il Vasari stesso nell'autobiografia inserita nelle "Vite", egli si impegnò a fare "alle monache del famoso monasterio delle Murate, in tavola o olio, un Cenacolo per lo loro refettorio, la quale opera mi fu fatta fare e pagata da Papa Paulo Terzo, che aveva monaca in detto monasterio una sua cognata, stata contessa di Pitigliano". Dunque, stando alla testimonianza del Vasari, il dipinto - pagato dallo stesso pontefice - sarebbe stato donato al convento da Elena di Niccolò Orsini, già contessa di Pitigliano, al momento del suo ingresso nel convento delle Murate. Così ancora risultava nelle guide del Fantozzi, Gargiolli e di altri compilatori, ad eccezione, peraltro, del Richa che riteneva il dipinto commissionato dalla Granduchessa Eleonora di Toledo e databile al 1560 (successivo, cioè, alla piena dell'Arno che nel 1557 devastò il Convento delle Murate; al contrario l'opera - chiaramente precedente - si era semplicemente salvata dalla piena). Tuttavia, la versione fornita dal Vasari non trova riscontro in ciò che compare in un codice del convento (cfr. Viviani della Robbia), dove Suor Giustina di Carlo Niccolini raccontava che fu Suor Faustina di Vitello Vitelli - dovendo "far professione" - a donare al Convento il Cenacolo "fatto per mano dell'Eccellente Pittore Maestro Giorgino Aretino [...] opera giudicata bellissima e rara", valutata 300 scudi ma pagatane solamente 134. Questa diversa versione sembra più vicina a quanto racconta il Vasari nel "Libro delle Ricordanze": "ricordo come a dì 13 novembre 1546 la Abadessa et Monache delle Murate di Fiorenza mi allogarono un Cenacolo [...] diviso in 5 pezzi, per prezzo e pagamento di scudi 100, [...] il quale accordo fece Giovan Maria Benjntendi in casa di Messere Ottaviano de Medici et così promessi lavorallo a olio e finillo con diligentia fra sei mesi prossimi". Concludendo, furono dunque le stesse monache a ordinare la tavola al Vasari, pagandola con i denari di Suor Faustina (la monaca, malata e deforme aveva ceduto al convento le sue sostanze). L'unica discrepanza rimane, peraltro, quella relativa al compenso ricevuto realmente dall'artista. Circa la composizione del dipinto, invece, l'Harprath (1981, pp. 63-64) notava come la scelta del tavolo tondo con gli apostoli collocati intorno ad esso si ricollegasse a rappresentazioni più antiche piuttosto che a quelle frontali privilegiate nel Quattrocento. Inoltre il parapetto in alto ripeteva ed enfatizzava la curva del tavolo, contribuendo ad evidenziare le figure in primo piano, in particolare quella isolata di Giuda, che siede col dorso verso l'osservatore, molto spostato verso il centro della scena (come fece Taddeo Gaddi nel refettorio grande di Santa Croce e il Sodoma a Monteoliveto). Gli spettatori in alto a destra e sinistra sulla balaustra sono ispirati invece ad Andrea Del Sarto a San Salvi. Relativamente all'iscrizione posta sopra il Cristo ("Hoc facite in meam commemorationem"), sempre l'Harprath rilevava come essa rappresentasse una scelta dogmatica neutra, dato che il momento storico e religioso era piuttosto complesso e delicato (si era all'inizio del Concilio di Trento e la dottrina della transustanziazione venne definita solo nel 1551). Peraltro, l'opera vasariana aveva carattere prettamente decorativo, piuttosto che sacramentale, data la sua collocazione nel refettorio del convento. Il grande dipinto con l'"Ultima cena"- restaurato nel 1593 e poi nel 1718 - fu conservato nel Convento delle Murate fino alle soppressioni degli ordini religiosi in epoca napoleonica e quindi trasferito in S. Croce nella Cappella Castellani (poi detta del Sacramento), dove lo citano il Moisé (p. 146) e poi il Fantozzi (p. 203). All'inizio del Novecento fu spostato nel Museo dell'Opera, dove ancora si trovava nel 1966, quando fu gravemente danneggiato dalla piena dell'Arno, essendo stato a lungo immerso nell'acqua e nel fango. Durante gli anni Ottanta fu accolto invece nel Cenacolo di Fuligno (cfr. "Città Uffizi", p. 230); attualmente è finalmente iniziato il suo lungo e complesso restauro, curato dall'Opificio delle Pietre Dure
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900655625
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la citta' metropolitana di Firenze e le province di Pistoia e Prato
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della citta' di Firenze
  • DATA DI COMPILAZIONE 2010
  • ISCRIZIONI al centro, dietro Cristo - HOC FACITE/ IN MEAM/ COMMEMORATIONEM - lettere capitali - a pennello - latino
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

ALTRE OPERE DELLO STESSO AUTORE - Vasari Giorgio (1511/ 1574)

ALTRE OPERE DELLO STESSO PERIODO - 1546 - 1546

ALTRE OPERE DELLA STESSA CITTA'