VENERE E CUPIDO

dipinto, ca 1650 - ca 1674

Piccolo dipinto a olio su tela applicata su tavola, inserito in una cornice intagliata con motivi fitomorfi e dorata. Il dipinto raffigura Venere in riposo, adagiata su una coperta, all'ombra di un ampio telo che fissato tra i rami di un albero ricade verso il basso. Sul grembo della divinità, nascosto dalla sua gamba sinistra, sta accovacciato Cupido, putto alato e ricciuto con lo sguardo rivolto verso lo spettatore. In primo piano, a terra, l'arco e la faretra piena di frecce dei Dio. La parte destra della composizione è occupata da fitta boscaglia, che lascia uno squarcio di cielo sulla sinistra. Colori: Azzurro, verde, bianco, rosa, grigio, bruno

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tavola
  • ATTRIBUZIONI Varotari Alessandro Detto Padovanino (cerchia)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Pinacoteca Comunale Foresiana, collezione Mario Foresi
  • LOCALIZZAZIONE Centro Culturale De Laugier
  • INDIRIZZO Salita Napoleone, Portoferraio (LI)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Stando alle indicazioni fornite dall'inventario Foresi, l'opera costituisce il bozzetto del dipinto del Padovanino raffigurante Venere e Amore, conservato al Louvre (inv. 730, proveniente dalla Collezione di Luciano Bonaparte cfr. EB000003 n. 1574). Si tratta, in effetti, di una variante vicina, dal punto di vista iconografico, a quella del Louvre, soprattutto per il motivo del panneggio cadente dall'albero. Il tema della Venere che si riposa in un paesaggio è del resto consueto alla pittura veneta del Cinque-Seicento, specie da parte degli interpreti del tizianismo e giorgionismo quali di buon grado deve essere valutato Padovanino. La nostra Venere si avvicina inoltre, per gli attributi consueti ad Amore posti in primo piano - arco e faretra - alla "Venere in un paesaggio " del Museo di Grenoble (cfr. EB000001, fig. 9). Il tipo di risoluzione pittorica, la resa del chiaroscuro degli incarnati qui meno soffuso e morbido del "classicismo cromatico" riconosciuto dai critici al Padovanino, e infine la maggiore frammentazione pittorica del paesaggio e delle fronde, che nelle opere autografe dell'artista si mostra anch'esso più legato ai modi del Veronese e del primo Tiziano, ci inducono ad escluderne l'autografia. Da escludere, ci pare, anche la seconda ipotesi avanzata dal Foresi, che possa trattarsi di opere di Agostino Carracci, sia per l'assenza di tale ipotesi negli studi che riguardano l'artista, sia per la maggiore lontananza stilistica. Si tratta, probabilmente, di opera uscita dal pennello di uno dei numerosi collaboratori e imitatori del Varotari, tra i quali si ricordano, accanto alla sorella Chiara i più noti come Carlo Leoni, Giovan Battista Rossi, Bartolomeo Scaligero, il Cosattini, il figlio Dario e Gregorio Lazzarini
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900526381
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Pisa e Livorno
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio, per il patrimonio storico artistico e demoetnoantropologico di Pisa, Livorno, Lucca e Massa Carrara
  • DATA DI COMPILAZIONE 2001
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2006
  • ISCRIZIONI verso, sulla cornice - 199 VAROTARI ALESSANDRO DETTO IL PADOVANO 1590-1645/ VENERE E AMORE (MEGLIO ATTRIB. A CARRACCI) - Orazio - a matita -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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