Annunciazione, Natività e Annuncio ai pastori
formella
1315 - 1315
Tino Di Camaino (1285 Ca./ 1337)
1285 ca./ 1337
Formella con L'annunciazione, la natività e l'Annuncio ai pastori
- OGGETTO formella
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MATERIA E TECNICA
Marmo
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ATTRIBUZIONI
Tino Di Camaino (1285 Ca./ 1337)
- LOCALIZZAZIONE Pisa (PI)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE La formella, proveniente dall'andito del palazzo Grifoni di S. Paolo a Ripa d'Arno, entra in Camposanto tra il 1813 e il 1814, dopo una prima lettera del parroco della chiesa, Costantino della Bianca che segnala l'indisponibilità degli eredi Grifoni a trasferire il "presepe di Giovanni Pisano" in un momento in cui, non essendo stata divisa l'eredità, non si voleva rimuove alcun oggetto dall'edificio ( LASINIO, 1781-1838; 16 febbraio 1813). Successivamente ci fu un ripensamento: nelle tavole del Lasinio (1814-25) l 'opera viene infatti classificata come dono della N.D. signora Grifoni vedova Tonini; nell'inventario del 1833 si dice invece che stava nel Palazzo di Commenda del sig. cavaliere Pesciolini in San Paolo a Ripa d'Arno. Le notizie possono non essere contrastanti, perché è assai probabile che la formella sia passata più volte di mano prima di giungere in proprietà della famiglia Grifoni. Nel Camposanto la formella fu posta sul sarcofago romano tra gli affreschi con "Abramo e Lot in Egitto" e "Partenza di Abramo e Agar" (AFS, 520). Nel 1935 l'opera fu tolta dal Camposanto e posta nel Museo dell'Opera del Duomo( CARLI 1935). Nel 1947 fu esposta alla Mostra della Scultura Pisana del Trecento nell'ex convento di S. Matteo dove è rima sta anche dopo che vi è stato allestito l'omonimo Museo Nazionale. Si deve al Lasinio se per tutto l'Ottocento la formella, ritenuta, come si è visto, di Giovanni, viene attribuita a Nicola Pisano; Il Papini invece la giudicò di un seguace di Giovanni che accentua le caratteristiche del maestro e imita l'analoga formella del pulpito di duomo, ma la collega strettamente a i due frammenti di leggii col Cristo in pietà (09/00235643) e col Cristo benedicente (09/00235642) che ritiene parti del pulpito di S. Michele in Borgo. Il Carli (1935) la giudica invece migliore dei rilievi del pulpito di S. Michele in Borgo e ne rileva le affinità con i frammenti del fonte battesimale del duomo di Pisa eseguito nel 1312 da Tino , alla cui attività giovanile l'accosta su suggerimento (orale) del Ragghianti. Questi poco dopo, segnalando alcune opere sconosciute del senese (1936), attribuisce decisamente a Tino la formella, l'avvicina all'Annunciazione del sepolcro di Arrigo VII e la data tra 1312 e 1315; rileva inoltre correttamente nell'opera la presenza di una volontà di distinzione dal linguaggio d i Giovanni mediante il ricorso alla cultura di Arnolfo. Tale sistemazione critica risulta condivisa dagli studi successivi che peraltro aggiungono nuove precisazioni: il Carli (1941) collega la formella anche ai rilievi dell'architrave del duomo di Siena; il Dan coglie inoltre una dipendenza iconografica dall'analogo scomparto del pulpito pistoiese di Giovanni, ma "la grandiosità proporzionata di ogni figura" viene fatta risalire anche all'analogo pannello col medesimo soggetto del pulpito di Nicola nel Battistero di Pisa e alle ascendenze arnolfiane individuate dal Ragghianti. L'opera , che certo costituì il primo pensiero di una serie destinata ad un pulpito mai eseguito, come intuì il Papini, è da considerare ancor oggi di ignota provenienza, non essendo sufficienti le notizie in nostro possesso per collegare la sua destinazione originaria alla chiesa di S. Paolo a Ripa d'Arno. Non è neppur dato di sapere se l'incompiutezza dell'opera sia da ascrivere ad un cambiamento di intenzioni della committenza o piuttosto alla repentina partenza di Tino da Pisa nel1315.La scena comprende l'Annunciazione, raffigurata appena sbozzata nell'angolo in alto a sinistra, la Natività al centro, con la figura del Bambino nella culla appena accennata, come l'angelo posto in alto a destra nell'Annuncio ai pastori e nella distribuzione narrativa, oltre che negli aspetti compositivi e formali, Tino innova le soluzioni che della medesima scena aveva dato Giovanni sia nel pulpito del duomo di Pisa che in quello precedente di Pistoia. La formella è stata tenuta dalla critica alquanto in margine al corpus di Tino, fino al recupero del Dan (1983), forse per lo stato di conservazione della sua superficie; oggi invece il recente restauro permette di confermare a pieno gli apprezzamenti del Ragghianti (1936) e di valutare intimamente le modalità operative dello scultore. Le tre scene sono infatti appena sbozzate e solo alcune figure presentano una sufficiente finitura: si possono cogliere così i primi segni che incidono i contorni delle zone in cui si ripartisce la narrazione o dei gruppi dei personaggi, che emergono "dal fondo a colpi di piccoli scalpelli e di trapano; il lavoro delle raspe che lisciano il fondo e il ritornare con lo scalpello sui contorni delle figure per spiccarli in più forti aggetti; l'incidersi delle pieghe più sottili, delle dita, dei tratti dei volti. (continua in OSS)
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà privata
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900235644
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Museo Nazionale di San Matteo - Pisa
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio, per il patrimonio storico artistico e demoetnoantropologico di Pisa, Livorno, Lucca e Massa Carrara
- DATA DI COMPILAZIONE 1989
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DATA DI AGGIORNAMENTO
1993
2006
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0