Il ponte di Schiavonia. Veduta di città

dipinto,

Dipinto a olio su tela privo di cornice

  • OGGETTO dipinto
  • ATTRIBUZIONI Rossi Pio (1886/ 1969)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Palazzo del Monte di Pietà
  • INDIRIZZO Corso Giuseppe Garibaldi, 45, Forlì (FC)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La tela entrò a far parte della Collezione d'Arte della Cassa dei Risparmi di Forlì nel 1988, insieme a un altro dipinto dello stesso artista, intitolato "Scorcio forlivese con la chiesa di San Biagio" (scheda ICCD n. 0800690234). Le due opere di Pio Rossi (Forlì 1886- Pordenone, 1969), di proprietà di Giuseppe Chiappetti di Cervia, furono segnalate all'ente bancario dal negozio cervese di antichità "E purbion", che ne informava circa la provenienza da "un noto palazzo cittadino", senza però specificare quale (delibera del 12/5/1988, Archivio Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì). La tela in esame si colloca nella piena maturità del pittore forlivese, ma se nella documentazione relativa all'acquisto, conservata presso l'archivio della Fondazione, viene indicata come data di realizzazione il "1918", Giordano Viroli (Viroli 1997 e in La tradizione rinnovata 2006), ha preferito leggere la data apposta insieme alla firma, in corrispondenza dell'angolo in basso a destra, come "1919". In entrambi i casi la veduta ritrae il ponte forlivese di Schiavonia come si presentava prima di essere atterrato e completamente rifatto nel 1921, su progetto dell'ingegnere Sesto Baccarini. L'antico ponte, più volte ricostruito, era giunto agli inizi del Novecento con l'assetto datogli nel 1612-15 dall'architetto ravennate Cesare Mengoli: un passaggio su tre arcate semicircolari in muratura, con un emblematico profilo a schiena d’asino, che si intravede all'estremità sinistra del dipinto. Nel 1921 il ponte seicentesco venne demolito e le vecchie arcate sostituite con altre a sesto ribassato in calcestruzzo di cemento. È significativo che Pio Rossi abbia scelto tale soggetto, proprio nel momento in cui si era deciso di abbattere il ponte, quasi avesse voluto fissare nella memoria personale e collettiva l'antica testimonianza, seppur in stato di decadenza. A giudicare dalla luce rossastra che incendia i mattoni delle arcate, l'artista forlivese ritrasse il ponte nelle ore pomeridiane, inquadrandolo dalla sponda sinistra del fiume Montone, all’altezza circa della Chiesa dei Romiti. L'attitudine documentaria, con cui il pittore registrava in maniera fedele l'aspetto della propria città, non lo abbandonerà neanche in seguito al trasferimento a Pordenone nel 1920, dove inizierà una lunga carriera di insegnante e preside, che non gli precluderà comunque l'attività artistica. Rossi dovette infatti tornare spesso in patria (come dimostra anche l'altra opera della stessa Collezione, in cui la chiesa forlivese di San Biagio viene ritratta nel 1922), mantenendo un forte legame con Forlì, anche attraverso l'attività di illustratore che svolse per riviste di cultura romagnola, come "Il plaustro" o "La pie". Una notazione più pittoresca e folkloristica è rappresentata dalle anonime figurette di lavandaie, raffigurate a destra, inondate di luce e chine sul loro bucato, che conferiscono all'immagine un'intonazione di dimessa quotidianità e, come scrive Viroli, contribuiscono a creare il "sentimento d’ambiente" (Viroli 1997, p. 105)
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0800690235
  • NUMERO D'INVENTARIO 02001014
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini
  • DATA DI COMPILAZIONE 2022
  • ISCRIZIONI recto, angolo in basso a destra - Rossi/ 1919 [?] - a pennello -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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