Madonna con Bambino

dipinto,

dipinto su tavola con parchettatura detta 'alla fiorentina', con 11 regoli verticali lungo la venatura e 15 traverse orizzontali a scorrimento. Tavola posta entro cornice lignea in stile, a cassetta, che presenta una ricca lavorazione a rilievo in stucco dorato a foglia. Sulla battuta liscia si produce in particolare un fregio a candelabra con elementi fitomorfici a girali, entro il quale sono inseriti clipei incorniciati nei punti mediani ed agli incroci dei bracci. Negli otto clipei totali su fondo blu scuro sono dipinte con oro a missione piccole decorazioni a girali e foglioline ritorte, con schema sempre differente. La fascia interna della cornice, pure in stucco dorato, presenta un motivo dentellato, mentre quella esterna alterna un motivo a perline e fusarole ad una ampia modanatura. Maria Vergine è raffigurata di tre quarti, seduta e recante il Bambino. Pone la mano su un piccolo libro di preghiere con legatura in velluto rosso, quattro borchie agli angoli della coperta e fermaglio con placca metallica alla legatura. Il libro è appoggiato ad un davanzale, al che la Vergine siede presso una finestra, come riportato dall’ampio tendame in seta rossa, pendente da un pennone, contro il cielo azzurro dello sfondo. Il Bambino è seduto sul grembo della madre, nudo, con le manine giunte insieme sul ginocchio sinistro

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tavola/ pittura a tempera mista a olio
  • ATTRIBUZIONI Rondinelli Nicolò (attribuito): pittore
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Palazzo della Residenza della Cassa dei Risparmi di Forlì
  • INDIRIZZO Corso della Repubblica, 12, Forlì (FC)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Considerando la pittura romagnola a cavallo dei due secoli e tenendo in giusto conto l’importante influsso esercitato su di essa dall’astro di Giovanni Bellini, è ben comprensibile la fortuna riscossa da un epigono diretto quale fu Niccolò Rondinelli, documentato a Venezia dove si sposò nel 1495, ma probabilmente in laguna già dall’inizio del decennio, se non prima, tenendolo la critica, da Vasari a scendere, per allievo e collaboratore del Giambellino. Niccolò a Venezia ebbe quindi accesso allo straordinario repertorio di invenzioni circolanti alla bottega del maestro, le quali peraltro, se rapportate in questo caso al genere della Madonna con Bambino, costituiscono un’autentica rivoluzione iconografica: espansiva nei caratteri propri della ricerca rinascimentale della inventio, nonché circolare in quanto dedita alla rielaborazione di modelli procedenti dalle tradizioni medievali occidentale ed orientale. Rondinelli aveva lavorato a tavole al fine congedate con la firma di Bellini, pertanto non stupisce se al suo rientro in Romagna si facessero frequenti, per una committenza privata reperibile tra Ravenna e Forlì, riprese e nuove edizioni. Si deve notare come nei cataloghi della National Gallery di Londra venga attribuito alla ‘bottega’ il modello diretto del nostro dipinto: si tratta di una tavola di dimensioni appena superiori (inv. NG3078, cm 80×64.8, lascito di Austen Henry Layard tra il 1894 e il 1916 https://www.nationalgallery.org.uk/paintings/workshop-of-giovanni-bellini-the-virgin-and-child-2 ) la quale, come poc’anzi accennato, pare delegare al nome del maestro riportato su un vistoso cartiglio in primo piano una funzione piuttosto commerciale che non autoriale in senso stretto, testimoniando la sicura provenienza dall’atelier di Bellini e l’approvazione del maestro a riscontro tuttavia del prevalente intervento dei collaboratori più fidati, come fu Niccolò, verosimilmente all’inizio degli anni ‘90. La tavola londinese, che si presenta in condizioni conservative non perfette, è pur tuttavia intonata ad una sensibilità espressiva degna del maestro, impreziosita dal mirabile e quasi enigmatico espediente degli sguardi divergenti del Bambino e della Vergine, possiede qualità sufficienti per aver generato un certo numero di repliche, per le quali, oltre alla presente, è opportuno citare anche una tavoletta di formato decisamente ridotto conservata al Rijksmuseum, coeva alla nostra e del pari riconosciuta opera della bottega di Bellini prima di precedenti ascrizioni a Cima (inv. SK-A-3389, 23,5x19,5 cm, acquisita nel 1940-1941 per lascito di Julius Wilhelm Edwin vom Rath – vedi https://www.rijksmuseum.nl/en/collection/SK-A-3389 ). La tavola forlivese condivide con quella di Amsterdam una soluzione di maggiore consuetudine per lo sguardo assorto del Bambino, che non si volge fuori scena di lato ma è leggermente rivolto all’insù, tuttavia negli altri dettagli il debito dalla versione londinese è costante e preciso, come può apprezzarsi in particolare nel disegno di entrambe le mani, condensato della ricercatezza propria del frasario belliniano. Convincente, per quanto detto, appare dunque l’attribuzione dell’opera a Niccolò Rondinelli dopo l’esperienza veneziana, allorché nelle opere realizzate per committenti romagnoli si ritrova traccia degli scambi avvenuti con un pittore come Baldassarre Carrari, in particolare nel mostrarsi di un umore raddolcito, quasi affettato, che si ritrova nei volti dei personaggi, pur non perfettamente conservati. D’altra parte elementi utili al riconoscimento dell’operato di un maestro si traggono dalla principale diversione rispetto al modello, ovvero quella che riguarda l’ambientazione scenica, dove pur rimanendo la presenza del davanzale di primo piano ed il fondale atmosferico, viene rimosso per contro ogni riferimento paesaggistico, sostituendovi la presenza di una voluminosa tenda in velluto rosso, pezzo di bravura dell’autore nel quale riaffiorano anche qualificati interessi per la pittura di Carpaccio, e che riportano altresì alla memoria la Pala Barbarigo di Bellini, conservata dal 1488 nella chiesa di San Pietro Martire a Murano. Nella stessa chiesa Rondinelli sarebbe stato impegnato pochissimi anni dopo per una commissione a suo nome, ed avrebbe potuto studiare quindi con attenzione questa ulteriore fonte di ispirazione, forse rimanendo colpito proprio dall’ampio tendame sostenuto, come nella nostra opera, da un pennone di legno posto orizzontalmente. La biografia dell’artista, assai scarna ed avara di punti fermi documentari, si appoggia a quanto riferisce Vasari sulla morte che avrebbe trovato Niccolò Rondinelli sessantenne, fissando così tradizionalmente i suoi estremi tra il 1450 ed il 1510. Tuttavia, mancando all’attuale procedere degli studi specialistici elementi utili a sondare i tratti di un possibile esordio romagnolo dell’artista prima del trasferimento a Venezia, oppure una sua attività in laguna prima degli anni ‘80, si deve prestare fede alla possibilità che il Rondinelli sia nato anche diversi anni dopo il 1450. Pur nella significativa indeterminatezza derivante da queste premesse, si può ritenere che il dipinto non dovrebbe essere stato realizzato oltre il primo decennio del secolo XVI
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0800686826
  • NUMERO D'INVENTARIO 1156
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini
  • DATA DI COMPILAZIONE 2021
  • ISCRIZIONI retro della cornice, angolo in basso a destra - 000590 - a stampa su etichetta di carta -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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