Madonna in trono col Bambino, un santo vescovo e San Francesco d'Assisi (?)

dipinto,

Dipinto presumibilmente su una tavola unica (non si ravvisano punti di giuntura di assi) di forma quasi quadrata, con l’applicazione di un fondo oro che almeno a partire dal margine del pavimento è stato applicato sull’intera tavoletta, e sul quale è stata poi steso lo strato pittorico. L’opera è inserita all’interno di una cornice lignea a cassetta, dalla battuta liscia ricoperta di velluto viola e dentro la quale la tavola è contenuta tramite grappette in acciaio. Inserti lignei sono stati applicati sul retro (vedi campo STCS). La composizione prospettica centrale, resa empiricamente con la fuga delle piastrelle del pavimento, ospita il trono marmoreo con cimasa e tessuto broccato rosso e oro su cui trova posto la Madonna seduta con il Bambino sul grembo. Vi poggiano lateralmente un Santo in abiti vescovili, mitra e pastorale a sinistra e un Santo francescano con le mani giunte a destra

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tavola/ pittura a tempera/ doratura
  • AMBITO CULTURALE Ambito Italia Centrale
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Palazzo della Residenza della Cassa dei Risparmi di Forlì
  • INDIRIZZO Corso della Repubblica, 12, Forlì (FC)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE L’inquadramento della tavola di piccolo formato risente in modo decisivo della sfortunata vicenda conservativa, che ce la restituisce divelta dai meccanismi di incastro alle altre componenti che un tempo vi si connettevano nella presentazione di un presumibile altarolo da devozione privata. La pittura è vieppiù spellata da sfregamenti, purtroppo anche nelle fisionomie dei due santi che coi propri corpi allungati pongono le basi per la piramide convergente sulla cimasa del trono marmoreo su cui sono seduti la Vergine ed il Bambino, tra loro simili nell’ovale quasi tardogotico, ma al pari non giudicabili per aver mantenuto poco più che brandelli di pittura, e con dovizia di ridipinture e aggiustamenti. Più del disinvolto ricorso alla foglia d’oro, che passante sotto i Santi ed il trono, l’arcaicità dell’impostazione del maestro è resa evidentissima dalla composizione in prospettiva centrale, il cui empirismo, già stentato di suo, viene aggravato dalla perdita di quelle annotazioni pittoriche superficiali forse un tempo capaci di raccordare il dialogo tra le piastrelle tassellate con triangoli bianchi e neri da quelle con speculare schema rosso e nero, rendere lo scalino di demarcazione tra il piano su cui appoggia il trono e quello su cui sono i due Santi, o giustificare per essi la posizione ‘rialzata’ del vescovo rispetto al francescano. Alcuni dei riferimenti figurativi utilizzati dal maestro anonimo della tavoletta testimoniano un certo nitore nella cultura tardogotica centroitaliana, come ricorda Andrea Donati richiamando in causa la tavola di Neri di Bicci al Museo della Collegiata di Empoli per il delicato gesto della mano Madonna verso l’addome del piccolo Gesù, ma pure esplicative sono le delicate minuzie riservate alle quattro aureole, condotte ciascuna col proprio differente schema grafico, e perfino con punzoni diversi. Uno di essi, l’unico aggregato di elementi minori - una stellina a cinque punte - rimane appannaggio del solo santo mitrato, mentre nell’aureola del frate dirimpettaio fa la sua comparsa una croce inscritta (non senza rischiare qualche incongruenza, forse intendendo risolvere l’identificazione con Francesco d’Assisi, anche se le mani perdute non possono confermarlo), proprio come in quella di Gesù, che però al di fuori dei bracci della croce è brunita. L’aureola raggiata della Madonna conserva poi un fine ramage a bulino. Al cospetto di tale imbastimento arcaizzante, i modelli presi in considerazione per entrambi i santi tradiscono una gestazione almeno di tardo XV secolo, dacché non senza ragione sempre Donati chiama in causa una cultura figurativa centro italiana. Una matrice artistica che si vede bene avviata sulla linea che unisce Domenico Veneziano a Piero, ma che forse conviene estendersi ulteriormente fino a toccare Antoniazzo, non solo per il fondo oro. Una cultura nella quale emergono anche suggestioni più tarde, e che forniscono forse una spiegazione già cinquecentesca per la pacatezza cui paiono intonarsi entrambe le figure dei Santi, al netto di quanto trapelato di originale dei volti. L’autore anonimo della tavola, rintracciata in una collezione nobiliare romagnola come quella dei Paganelli a San Pietro in Bagno, potrebbe anche essere un pittore irretito dalla cultura belliniana, tanto pervasiva in area adriatica e romagnola, peraltro non sfavorevole a frequenti ibridazioni né inaccessibile a spiriti sentimentalmente arcaici, cultura che ad ogni modo fornirebbe una buona spiegazione per la scelta di porre un velluto broccato sullo schienale della Madonna, come di frequente avviene in laguna oppure nelle Fiandre. Più consequenziale è d’altra parte l’idea di collocarlo invece in un’area centro italiana, lontano certo dai centri più famosi, i quali non giustificherebbero gli evidenti malintesi di alcuni prestiti (il santo vescovo, che abbassa molto lo sguardo e lo rivolge al guanto bianco vuoto, è evidentemente mutuato da una figura leggente - peraltro non distante dall’assorto Sant’Agostino che scrive le Confessioni nella Pala di San Barnaba di Botticelli – ma viene tradito dall’improvvida eliminazione del libro e il suo isolamento privo di significato). D’altra parte, se non concepito a cavallo tra il XV ed il XVI secolo, difficilmente potrebbero intendersi se non come dei radicali rifacimenti e ridipinture i brani pittorici come il panneggio blu della Madonna, dalla forza plastica quasi monumentale, o i rapidi e liquidi colpi di pennellino con cui sono resi le babbucce della stessa Vergine, o i piedi così ben rifilati del santo francescano, poggianti su un pavimento ridotto a larva
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0800686825
  • NUMERO D'INVENTARIO MS002869
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini
  • ISCRIZIONI sul retro del telaio, in basso a destra - CASSA DEI RISPARMI/ di FORLI'/ INV./ N. (a stampa)/ MS002869 (pennarello) - maiuscolo/ numeri arabi - a stampa - italiano
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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