Studio per un nudo di schiena ('recto'); Studio di gambe ('verso'). figura maschile

disegno, post 1600 - ante 1649

Un nudo maschile visto di schiena (termine); la testa è come schiacciata verso il basso. Sono appena abbozzate due mani, una posta sul capo, l'altra sulla spalla destra

  • OGGETTO disegno
  • MATERIA E TECNICA carta/ matita
  • MISURE Altezza: 300 mm
    Larghezza: 174 mm
  • AMBITO CULTURALE Ambito Bolognese
  • ALTRE ATTRIBUZIONI Annibale Carracci
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Estense
  • LOCALIZZAZIONE Palazzo Coccapani
  • INDIRIZZO viale Vittorio Emanuele, 95, Modena (MO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Documentazione archivio ufficio catalogo (scheda non firmata ne datata). "L'attribuzione ad Annibale Carracci viene scartata da una nota di S. Campanini sulla busta che propone il foglio come copia dagli affreschi di Ludovico Carracci in San Michele in Bosco o copia dalle incisioni di Giovannini, ponendolo in relazione con i nn. 916, 917, 1068 della Galleria. I disegni riproducono i cosiddetti 'termini' a chiaroscuro, del tutto privi di relazione iconografica o anche soltanto vagamente tematica con gli scomparti contigui del chiostro di San Michele, costituiti talora da figure singole (in alcune delle quali è possibile rintracciare echi e derivazioni precise dai termini della volta Farnese) o più spesso da due o tre figure accostate e sovrapposte in virtuosistico crescendo, che si sostituiscono completamente al fusto centrale della colonna senza appoggiarsi ad alcun retrostante paramento murario. E' quanto mai difficile stabilire l'autore del foglio anche in considerazione del fatto che gli affreschi del San Michele in Bosco furono una vera e propria palestra per tutti i pittori della scuola bolognese fino a fine Settecento. Il nuovo chiostro ottagonale del S. Michele era stato costruito tra il 1602 e il 1606, su progetto di Pietro Fiorini. L'incarico di decorarlo venne affidato a Ludovico Carracci ed ai suoi allievi "che in due soli estati, cioè quella del 1604 e quella del 1605" (C.C. Malvasia, Felsina Pittrice. Vite de 'pittori bolognesi, 1678) condussero a termine l'impresa, "uno dei compiti più ampi ed artisticamente significativi che la città di Bologna abbia affidato in quei tempi" (H. Bodmer,' Ludovico Carracci', Burg bei Magdeburg, 1939, p. 54). Il successo che tutta la decorazione ebbe fin dal suo primo apparire è dimostrato dall'esistenza in numerose chiese benedettine del territorio di copie su tela dei singoli riquadri. La tecnica prescelta per l'esecuzione, olio su intonaco preparato con polvere di marmo, diede purtroppo risultati disastrosi fino dai primi anni, tanto che nel 1632 già si ha notizia di restauri al riquadro di Guido Reni. La situazione andò aggravandosi sempre più, tanto che lo stesso Malvasia si preoccupò di dare alla stampe una descrizione del ciclo con incisioni di Giacomo Giovannini (1694), mentre una seconda edizione, curata da G. Cavazzoni Zanotti e illustrata da vari disegnatori e dall'incisore Giovanni Fabbri, comparve nel 1776 ('Ludovico Carracci', cat. mostra a cura di A. Emiliani, Bologna 1993, p. 199). Il cortile interno aveva la forma di un ottagono e gli affreschi si trovavano sulle pareti sotto il portico. Per separare le composizioni una dall'altra, fu usato il motivo decorativo delle cariatidi illusionistiche dipinte con la tecnica grisaille. Le loro funzioni erano indicate dalle figure, riunite a coppie, in movimenti e pose diverse. Questo foglio riproduce uno dei termini nella coppia intera che si può vedere nel disegno n. 917 della Galleria", probabilmente appartenenti allo stesso album per i numeri 36 e 37 posti nel 'recto' di entrambi in alto a destra. Lo stile è inoltre simile (notare i contorni della figura e le ombre rese con un tratteggio incrociato) e ciò fa pensare che possa trattarsi dello stesso autore". Il disegno è a matita rossa. Sul cartoncino in basso al centro etichetta rettangolare '916'. Credo che il rapporto tra il disegno 916 e il 917, si limiti al fatto che entrambi gli artisti abbiano copiato il medesimo soggetto; ma se si analizza sia il segno, che la resa dei personaggi, risulta abbastanza evidente che ci troviamo di fronte a due artisti diversi. Trattandosi di una copia, probabilmente tratta da un'incisione, è logico che il segno dei due fogli risulti appiattito, inerte, dato che esso è vincolato da un modello preesistente, ma nonostante ciò il disegno n. 916 mostra un 'ductus' più marcato e deciso, che riesce a dare alla figura una maggiore tridimensionalità. Come ci ricorda Angelo Mazza "la continua elaborazione di modelli antichi il cui valore normativo era quotidianamente riconosciuto e rafforzato dall'esercizio della copia praticato dai giovani artisti [...], (gli affreschi dei Carracci in Palazzo Fava, quelli in Palazzo Magnani, la decorazione del chiostro di San Michele in Bosco), sono alla base di quel 'metodo di una vera e lodevole imitazione' che Luigi Lanzi riconosceva quale 'onore riserbato a Bologna', appannaggio peculiare della scuola bolognese a partire dell'età dei Carracci" (A. Mazza, in 'Simone Cantarini detto il Pesarese: 1612-1648', p. 371)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Disegni
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0800437253
  • NUMERO D'INVENTARIO 916
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la citta' metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le province di Modena e Reggio Emilia
  • DATA DI COMPILAZIONE 2008
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2006
  • ISCRIZIONI sul 'recto' in alto a destra - '36'; scritta ad acquerello rosso già riscontrata in altri disegni (vedi n. 917) - numeri arabi - a pennello - italiano
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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