ampolla, frammento - ambito longobardo (seconda metà sec. VI)

ampolla, ca 0550 - ca 0599

Il frammento quasi interamente leggibile rappresenta la Resurrezione di Cristo. La scena, entro un disco circolare, circondata da una fascia che reca un'iscrizione in caratteri greci, è dominata dall'immagine del S. Sepolcro di Cristo. La scena dell'incontro tra l'Angelo e le Pe donne è rappresentata all'interno della più grande delle edicole

  • OGGETTO ampolla
  • MATERIA E TECNICA ARGENTO
    PIOMBO
    STAGNO
  • AMBITO CULTURALE Ambito Longobardo
  • LOCALIZZAZIONE Bobbio (PC)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE N. 1/A L'ampolla fu ritrovata insieme alle altre nel 1910 nell'arca di San Colombano del 1482, durante gli scavi della Cripta della basilica, promossi da Monsignor Luigi Marelli, allora vescovo di Bobbio. Le ampolle sono state per la prima volta pubblicate dal Celi nel 1923, che le ha ordinate secondo la numerazione con cui sono contrassegnate ancor oggi. Successivamente sono state magistralmente studiate dal Grabar (1958) che le ha analizzate in rapporto con quelle di Monza, con una diversa numerazione che qui si riporta tra parentesi. Le ampolle sono delle piccole bottiglie piatte di piombo e stagno con beccuccio in argento decorate da figure e da elementi ornamentali a sbalzo. Tutte le ampolle erano eseguite allo stesso modo. Sono costituite da due metà che, dopo essere state confezionate separatamente, venivano saldate insieme. Poichè le ampolle di Bobbio sono state per lungo tempo nascoste sotto terra presentano soltanto dei frammenti dele saldature laterali e non si sono conservati che i frammenti delle due distinte parti. Le ampolle contenevano l'Olio Santo benedetto che i pellegrini riportavano in ricordo della visita dei luoghi Santi. Di questi oggetti, probabilmente assai diffusi, si sono conservati soltanto gli esemplari di Bobbio e di Monza. Le ampolle monzesi, meglio conservate, hanno mantenuto il loro originale assetto strutturale. La Frazer (1990, pp. 15, 17, 28-29) ritiene che siano state comprate insieme a quelle di Monza dalla regina Teodolinda tramite un pellegino di Piacenza recatosi in Terra Santa. La regina ne avrebbe donato una parte per la chiesa di S. Colombano costruita da Agilulfo e dal figlio Adlodaldo nel 612. Per ciò che riguarda la cronologia ci si attiene alle indicazioni del Grabar (1958, pp. 7-15) che riguardano l'analisi stilistica e soprattutto quella epigrafica. Le lettere dell'iscrizione esterna sono solitamente del tipo che si trova nell'architrave del colonnato interno dei SS. Sergio e Bacco a Costantinopoli e somigliano anche a quelle delle iscrizioni delle dedicazioni delle chiese della Terra Santa del VI secolo ( Guasa, Madaba, Beisan). Anche lo stile e l'iconografia, nonchè i procedimenti dell'oreficeria, non si oppongono a tale datazione, per cui ci si può ipotizzare una cronologia alla metà del VI secolo. Il Paredi (1966, pp. 27-29) ritiene che esse e ancor più quelle di Monza riflettano la cultura bizantina e che facciano luce sul culto connesso ai pellegrinaggi in Terra Santa e sulla diffusione di questi viaggi nel VI secolo, prima che i luoghi santi della Palestina fossero occupati prima dai Persiani nel 614 e poi dai Mussulmani nel 638. In certi casi, sempre secondo il Paredi, sembrerebbero riprodurre i mosaici e i dipinti che ornavano le pareti e le absidi dei santuari famosi come la chiesa della Natività a Betlemme, o quella della Resurrezione a Gerusalemme. Le decoraioni delle ampolle potrebbero essere a loro volta servite da modello per composizioni, in scala più grande, sia a Bisanzio, sia in Occidente. Nonostante le ampolle siano state studiate in modo approfondito soprattutto dal punto di vista iconografico, non è possibile definire precisamente le particolarità stilistiche. Non è infatti possibile giudicare il valore artistico di queste immagini, come gia sottolinea il Grabar (1958, p. 7), perchè essendosi conservati solo gli esemplari di Monza e di Bobbio, mancano dei termini di confronto. Il Graber ritiene inoltre che le ampolle fossero eseguite con una fusione a conio, per ognuna delle due facce. Lo studioso sostiene che l'insieme dei motivi di ciascuna delle due parti era scolpita in una pietra che permetteva un disegno sufficientemente minuzioso e facile da scolpire. Entro questo conio di pietra si colava ciascuna metà dell'ampolla separatamente, come si faceva spesso per i gioielli diffusi della stessa epoca. Si tratta dunque di una produzione seriale. Per quanto riguarda l'ampolla in oggetto, va sottolineato che il motivo della Resurrezione era assai diffuso e viene ampiamente proposto sulla parte anteriore delle ampolle. Fedele agli Evangeli, gli incisori rappesentano la Resurrezione evocando la scena delle Pie donne davanti alla tomba vuota di Cristo e in presenza dell'Angelo che annuncia loro la resurrezione. L'iconografia di tutte queste immagini è codificta in modo preciso che rimane costante per tutta l'arte cristiana univesale. La caratteristica principale è l'identificazione della tomba di Cristo con l'edificio del S. Sepolcro eretto da Costantino e dai suoi successori, diversamente da quanto è rappresentato negli affreschi del III secolo di Dura Europos anteriori alle fondazioni costantiniane e a Gerusalemme. L'ampolla di Bobbio è forse tra le più complesse dal punto di vista iconografico: negli altri casi infatti l'Angelo e le Pie donne campeggiano di fianco alla piccola edicola rappresentante la tomba di Cristo. In questo caso invece la piccola edicola è sormontata da una più grande che corrisponde alla rotonda del S. Sepolcro. %
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente religioso cattolico
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0800260211
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le province di Parma e Piacenza
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le province di Parma e Piacenza
  • DATA DI COMPILAZIONE 1990
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2006
  • ISCRIZIONI nella scena centrale - ANECTI O + KYPIOCil Signore è resuscitato - greco
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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