Presentazione di Gesù al tempio. presentazione di Gesù al tempio

dipinto 1800 - 1810

Al centro la Madonna presenta al vecchio sacerdote Simeone Gesù bambino poggiandolo su un parapetto. A sinistra una fanciulla reca un cestino con colombe. Alle spalle del gruppo centrale, san Giuseppe assiste alla scena

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • ATTRIBUZIONI Bellini Giovanni (maniera)
  • LOCALIZZAZIONE n.d
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La tela è descritta per la prima volta dall’Aleardi nel catalogo della galleria Bernasconi (1851), dov’era presentata con l’attribuzione a Giovanni Bellini come una delle gemme di quest’ultima e illustrata da una stampa di Lorenzo Muttoni (tavola II). Nel 1871 Carlo Ferrari, detto il Ferrarin, la confermò al maestro veneziano nel catalogo manoscritto della galleria, stimandola duemila lire ed evidenziando come «si può calcolarlo una delle ultime opere del Bellini, e ciò per la forza del colorito, che ricorda la primitiva maniera del Tiziano, però col tempo ha sofferto ed ha perduto della sua vaghezza e la trasparenza che generalmente si scorge nelle opere di questo insigne artista». Lo stesso Ferrari avvertiva, inoltre, che l’opera era appartenuta «alla Galleria del Cavaliere Lorgna, poi passò in Casa Emilei, finalmente in casa Bernasconi». Crowe e Cavalcaselle (1871) identificarono il dipinto con quello segnalato da Ridolfi nella collezione Muselli (poi contraddetti da Borenius, 1912, che sottolineava come in quel caso si trattasse di una "Circoncisione", sul tipo di quella alla National Gallery di Londra). Secondo i due studiosi «there is much of Giovanni’s vigour and spirit in the work; though one might suppose that the careful outline and treatment are those of an assistant»; questo collaboratore era identificato in Francesco Bissolo, di cui esiste alle Gallerie dell’Accademia di Venezia un’opera firmata assai simile (Nepi Scirè 1995, p. 41 n. 18). Tuttavia ben presto si addensarono vari dubbi sull’opera, espressi da Giovanni Morelli (1886), Frizzoni (il cui parere è registrato nella scheda cartacea presso l'archivio del Museo) – perplessi sull’autenticità della firma – e da una anonima nota manoscritta conservata presso il Museo, in cui si attestava che «Maurizio Lotze fotografo e intelligentissimo della pittura veronese da moltissimi anni stabilitosi in Verona mi disse questa sera 15 Maggio 1891 che la tavola [sic] sopraindicata non è altro che una falsificazione del pittore Carlo Ferrari detto il Ferrarino, nato in Verona il 30 settembre 1813 morto in Verona il 28 Gennaio 1871». Nei primi anni del Novecento, vi era ancora chi continuava a ritenere il dipinto un'opera delle bottega di Bellini, tra cui Frizzoni (1904), Trecca (1912) e Van Marle (1935). Sulla stessa linea di pensiero, Adolfo Venturi suggerì di attribuirlo a Catena (comunicazione al Museo, 25 settembre 1906). Tuttavia, la possibilità che si trattasse di un falso condusse Avena a ritirare il dipinto nei depositi «ritenendo che tutto il quadro sia una falsificazione, ma sempre antica e non del Ferrarin» (1937). Il direttore del Museo riconosceva il nostro dipinto con quello già appartenente alla raccolta di Anton Maria Lorgna, ceduta nel 1781 al conte Giovanni Emilei in cambio della corresponsione a vita di quaranta zecchini annui, e ricordato nell'inventario di Francesco Lorenzi al n. 15 come una «La visitazione di Maria al Tempio – di Gio’ Bellino» con misure pressoché corrispondenti alla tela in esame. In seguito, se da una parte, il dibattito critico in ambito veronese si è disinteressato all'opera, in altri contesti gli studiosi hanno continuato a riflettere sulla base dell'inserimento del dipinto nei repertori di Cavalcaselle e Van Marle, ritenendolo importante per le variazioni compositive che denuncia rispetto alla maggior parte delle redazioni del tema di ambito belliniano (cfr. Ragghianti, Heinemann, Bottari, Robertson, Huse e Tempestini). La donna a sinistra è, infatti, ricavata dalla santa Caterina nella pala di Bellini in San Zaccaria, del 1505, mentre il cestino con le due tortore è desunto dal menzionato dipinto Francesco Bissolo alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, seppur si debba sottolineare l'incongruente mancanza della mano destra della fanciulla reggente il cesto che, nella tavola del Bissolo, risulta coperta dalla testa del committente. Si tratta in effetti di un’opera estremamente problematica, che la materia magra, la trama della tela e la stesura indirizzano sul primo Ottocento: un insidioso esercizio accademico sul prototipo belliniano su cui s’era già cimentato pure il giovane Giandomenico Tiepolo in un foglio al Victoria & Albert Museum di Londra (in Pedrocco 1990, p. 83). (da Enrico Maria Dal Pozzolo 2010, p. 479)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500717700
  • NUMERO D'INVENTARIO 6334
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
  • ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
  • ISCRIZIONI su cartiglio - IOANNES / BELLINVS -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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