Angelo. angelo
dipinto murale
ca 1430 - ca 1430
Stefano Di Giovanni Da Verona (1374-1375/ Post 1438)
1374-1375/ post 1438
Frammento di pittura murale staccata con la raffigurazione di un angelo
- OGGETTO dipinto murale
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MATERIA E TECNICA
intonaco/ pittura a affresco
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ATTRIBUZIONI
Stefano Di Giovanni Da Verona (1374-1375/ Post 1438)
- LOCALIZZAZIONE ex Palazzo Pirelli
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Citato da Vasari, il frammento è la parte superstite di una delle tre opere firmate di Stefano: la rovinatissima "Gloria di sant’Agostino", staccata dal portale laterale della chiesa veronese di Sant’Eufemia e conservata all’interno della stessa chiesa (Pietropoli 1996, pp. 102-104), questa e la tavola con l’"Adorazione dei Magi con sant’Anastasia", oggi alla Pinacoteca di Brera, commissionata dalla famiglia veronese Bevilacqua Lazise (Karet 1995) e recante, oltre alla firma, anche la data, diversamente letta 1435 o 1438 (Moench Scherer 1990). I danni subiti dal tempo e, suppone Magagnato (nota manoscritta del 10 maggio 1958, in AMCVr), dalle operazioni materiali di stacco, eseguite da Luigi Brocchi nel 1906, non si sono purtroppo potuti risarcire e l’immagine risulta illeggibile e ingiudicabile probabilmente dal momento stesso del suo arrivo in museo se nell’allestimento di Antonio Avena (1924-1926) venne collocato all’esterno, sul camminamento coperto (ibidem). La documentano unicamente, ma in maniera assai dettagliata, le testimonianze grafiche ottocentesche – un’incisione di Pietro Nanin (1864), l’esemplare acquerellato che della medesima si conosce (Cenni, Schweikhart 1983, tav. 24), il disegno con annotazioni, del 1866, di Cavalcaselle conservato alla Biblioteca Marciana di Venezia (Schweikhart 1973, fig. 5) – e una fotografia nell’Archivio del Museo di Castelvecchio precedente al distacco. Nello spazio (340 x 173 cm) compreso entro quattro finestre del palazzo gotico al numero 35 di via XX Settembre, a mezzo tra due del piano terra e due del piano nobile, il dipinto, uno dei più antichi affreschi figurativi esterni a Verona, seguiva una composizione decisamente asimmetrica (di diversa opinione Degenhart 1937) e monumentale, con figure un po’ maggiori del naturale. A destra, su un trono dall’altissimo schienale verde, con cuspidi laterali e baldacchino centrale giallo bruni, stava seduta la Vergine Maria con abito giallo e manto rosso foderato di blu che le copriva anche il capo, lo sguardo rivolto ‘fuori campo’ a destra e il bambino vestito di bianco sulle ginocchia. Una targa aderente al montante sinistro del trono, all’altezza delle spalle della Madonna, al centro della raffigurazione, conteneva l’iscrizione «Stefanus pinxit». Inginocchiato a sinistra, san Cristoforo, in veste gialla con risvolto azzurro e mantello rosso, reggeva sulla spalla sinistra Gesù bambino – i due volti racchiusi entro il cerchio ideale di un reciproco esclusivo colloquio – che indossava una vestina rossa e sciorinava con le braccia allargate un cartiglio recate la scritta «Ego sum lux mundi». Sopra la sua spalla, contro il fondo scuro levitava a mezz’aria l’angelo ancora riconoscibile nella documentazione fotografica storica. Questi, con veste bianca riccamente ricamata intorno alla scollatura, che gli scopriva i piedi in atto di compiere un passo in su e lunghe ali grigio azzurre, la testa larga incorniciata da una massa espansa di riccioli biondi, rivolgeva lo sguardo e il braccio destro in alto verso un gruppo di tre angeli scalati elegantemente con le loro ali raggiate, a bilanciare il coronamento del trono di Maria. Il primo a sinistra raccoglieva al grembo la tunica gialla per contenere dei fiori, il secondo, bambino, portava una camiciola rossa e il terzo una tunica bruno chiaro e un mantello azzurro. Cavalcaselle traccia anche il segno di un lungo giglio che non risulta invece nel rilievo di Nanin. Il rialzo della veste dell’angelo che offre fiori, l’angelo ‘di collegamento’, il cartiglio mostrato da Gesù bambino, ma purtroppo non quello con la firma di Stefano, sono gli elementi che ancora si riconoscono nella fotografia del primo Novecento, anche se Brenzoni (1923) sosteneva che rimanessero tracce sufficienti della firma ai piedi dell’angelo, alla sinistra dello stesso. In effetti anche nella rovina attuale sembra di poterla intravedere. (...) Una simile idea compositiva da un lato implica necessariamente una relazione con Pisanello, soprattutto in riferimento al motivo del trono gotico con cuspidi e archi trilobati che cita in molti elementi la parte superiore delle pitture del monumento Brenzoni, eseguite da Antonio Pisano tra 1424 e 1426 nella chiesa veronese di San Fermo. Inoltre la felice impostazione eccentrica dal nostro affresco trova riscontri nei disegni di Stefano (Karet 2003) e, volendo, pure nella Madonna del roseto. In questo ultimo dipinto sono rintracciabili un analogo rilievo del ruolo delle presenza angeliche, le cui forme morbide e dilatate troviamo anche negli affreschi di Stefano a San Fermo, Sant’Eufemia e Castelvecchio da vicolo San Cosimo (inv. 4663-1B1087), nonché la singolare ‘solitudine’ dei santi che, anziché dialogare tra loro, sembrano immersi in mondi introspettivamente autoreferenziali. - Scheda tratta da Marini 2010, cat. 56
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente pubblico territoriale
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500717489
- NUMERO D'INVENTARIO 4676
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
- ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
- ISCRIZIONI al centro, accanto al trono (scomparsa) - Stefanv(s) / pinxit - corsivo -
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0