San Zeno. San Zeno

dipinto murale 1400 - 1410

Il frammento con il Volto Santo mostra Cristo vivo sulla croce, con corona e "colobium" e circondato da un "omega" con terminazioni in forma di tromba. La croce si staglia su uno sfondo costituito da una stoffa con motivi floreali e si erge su un altare dal fronte ugualmente decorato, ai cui piedi si inginocchia un giullare intento a suonare in onore della sacra immagine. Il frammento con la Madonna mostra la Vergine seduta su un trono monumentale: l'imponenza della costruzione è alleggerita da un'innumerevole serie di trafori, guglie e pinnacoli e arricchita dalla presenza di figurine a monocromo che raffigurano l'"Arcangelo Gabriele" e la "Madonna annunciata", inginocchiate sui piedritti del tamburo, nonchè la "Giustizia" e la "Temperanza", poste in bilico sullo spigolo dei mensoloni aggettanti che sostengono la complicata struttura dello schienale del trono

  • OGGETTO dipinto murale
  • MATERIA E TECNICA intonaco/ pittura a affresco
  • AMBITO CULTURALE Ambito Veronese
  • LOCALIZZAZIONE Casa di Giulietta
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE I tre frammenti costituivano assieme ad altri tre (inv. 5725-1B0545, 5597-1B545, 5598-1B545) un unico ampio riquadro ad affresco, che si trovava nel cortile al piano terra del Palazzo del Comune, in un locale del corpo delle guardie di polizia. Staccato nel 1875 da Pietro Nanin, fu probabilmente in quell'occasione ampiamente rimaneggiato, tanto che oggi risulta difficile esprimere un giudizio di natura stilistica. Secondo Eva Tea (1911), che ebbe modo di vederlo in deposito nella sede provvisoria di San Francesco degli Artigianelli, l'affresco era stato riportato su tela in sei diversi pannelli che comprendevano cinque frammenti (i santi Giacomo e Apolonnia, invv. 5597-1B545, 5598-1B545, erano infatti riuniti in un unico pannello) e due grandi stemmi, di cui la studiosa fornisce una dettagliata descrizione e che evidentemente costituivano le insegne della famiglia committente: sul lato destro "un elmo e due braccia levate che reggono una fascia e una ghirlanda; sul lato sinistro una grande celata, una testina di fanciulla in cima e due ali d'oro" (Tea, 1911, p. 37). Coincideva con quest'ultimo il frammento ad affresco, creduto distrutto ma che invece ancora esiste (2006), che era descritto nella scheda cartacea del museo come "stemma con cimiero sormontato da un angelo", con al centro una "N" e, ai lati, le lettere "P" e "C" in caratteri gotici (inv. 5725-1B545). Eva Tea, in modo suggestivo, leggeva "bihilaqua" sul riquadro a sinistra del suppedaneo del trono, ma di quel nome oggi rimane solo il frammento "[---]laqua" che potrebbe comunque indicare la famiglia veronese originaria di Ala (Trento), la cui insegna è caratterizzata da una o due grandi ali contrapposte. In seguito allo stacco si perse la cognizione della complessità iconografica originaria e della reciproca relazione tra i pezzi. A ricomporre il complesso fu la stessa Tea, aiutata anche dalla presenza di una composizione assai simile sulla parete della navata laterale sinistra della chiesetta di Santa Maria della Pieve a Colognola, con ogni probabilità influenzata dal modello veronese. Uno degli aspetti più interessanti del dipinto è costituito dalla raffigurazione del "Volto Santo", il cui culto, originatosi a Lucca e tramandatoci dalla leggenda di Leobino, ebbe larga diffusione in tutta Europa. La storia del menestrello proveniente dalla Gallia, che si ferma a Lucca nel corso del suo pellegrinaggio a Gerusalemme, è narrata nell'appendice dei miracoli della leggenda leobiniana del XII secolo (Schnurer, Ritz 1934, pp. 159-160) e in un manoscritto francese della fine del XIII o inizio del XIV secolo, oggi distrutto, sulla leggenda della Veronica (Foerster 1907), in cui si specifica che il suo nome era Genesio (Frugoni 1982, pp. 42, 45). Non avendo nulla da offrire, il povero Genesio decide di suonare e cantare alla presenza del "Volto Santo" che, riconoscente, gli dona una pantofola d'argento. La versione veronese si riallaccia alla più antica rappresentazione del tema (cfr. Franco 2001, pp. 73-74), nonostante manchi il particolare della pantofola e quello del calice che raccoglie il sangue dalle ferite di Cristo. In passato l'attribuzione dell'opera ha oscillato tra Martino da Verona e l'ambito di Altichiero: più recentemente, visti la complessità del soggetto e l'uso dell'intonaco rilevato dei nimbi e nel pastorale di san Zeno, è stata proposta una datazione al primo decennio del XV secolo con riferimento ad un anonimo pittore veronese che, per l'articolata conformazione del trono, dovette guardare ad esempi veneziani tardogotici (Guarnieri 2010, cat. 48)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500717486
  • NUMERO D'INVENTARIO 294
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
  • ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
  • ISCRIZIONI sul gradino del trono - [---] laqua vell [---] / Deus [---] [---]is / [---]us contra nos / [---]i [---]t di / [---] mortis / ava[---] [---]r [---] [---] querit -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

BENI CORRELATI

ALTRE OPERE DELLO STESSO PERIODO - 1400 - 1410

ALTRE OPERE DELLA STESSA CITTA'

ALTRE OPERE DELLO STESSO AMBITO CULTURALE