Pala Dal Bovo. Madonna con il bambino in trono e i santi Onofrio, Girolamo, Donato e Cristoforo, detta Pala Dal Bovo

dipinto 1484 - 1484

Il dipinto raffigura, al centro, la Madonna su un trono dall'alta spalliera, poggiato su un monumentale basamento. Ella ha le mani giunte e tiene il bambino sdraiato sulle ginocchia. Il gruppo centrale è affiancato, a sinistra, dai santi Onofrio e Girolamo e, a destra, dai santi Cristoforo e Donato. In basso, il busto della donatrice Altabella Avogaro Dal Bovo

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a tempera
  • ATTRIBUZIONI Bonsignori Francesco (1460 Ca./ 1519)
  • LOCALIZZAZIONE Museo di Castelvecchio
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE I due stemmi dipinti negli angoli inferiori della cornice, appartenenti alle famiglie Dal Bovo (a sinistra) e Avogaro (a destra), hanno permesso di identificare la matrona raffigurata ‘in abisso’ ai piedi del trono: si tratta di Altabella di Giovanni Avogaro, vedova di Donato Dal Bovo. La pala era destinata all’altare di famiglia nella chiesa francescana di San Fermo Maggiore, dove erano sepolti il marito della donna e il figlio Jacopo Antonio, morti entrambi nel 1471. Rimosso l’altare in epoca imprecisata, la pala vagò per la chiesa senza una collocazione precisa, come si desume dalle sparse citazioni delle guide ottocentesche. Nel marzo 1881 fu ceduta al Museo civico dall’arciprete di San Fermo, che in cambio ottenne una serie di arredi sacri appartenuti alla chiesa soppressa di San Sebastiano per un valore di cinquecento lire (AMCVr, anno 1881, prot. 14888). Nel 1946 il restauratore Guido Gregorietti fu pagato per «il consolidamento del colore, il toglimento delle vernici alterate, l'intonatura delle parti mancanti e la verniciatura» (Archivio della Soprintendenza BSAE di Mantova). Nei primi anni cinquanta la pala subì un restauro che comportò la rifoderatura e la sostituzione del telaio. L’intervento più recente e meglio documentato ha fornito molte preziose indicazioni sia sulla tecnica esecutiva, sia sullo stato di conservazione del dipinto. Esso è stato eseguito a tempera su un supporto costituito da due teli di juta a trama diagonale cuciti insieme, sul quale è stata stesa a pennello la tradizionale preparazione di gesso e colla animale. In origine, la tela era inchiodata direttamente alla cornice che, nella parte interna, conserva ancora le fessure dove erano incastrati il tramezzo orizzontale e i traversini obliqui di rinforzo agli angoli. Si è scoperto anche che il dipinto è stato tagliato di circa sessanta centimetri nella parte superiore, come prova il segno lasciato dal tramezzo sulla tela, che ora si trova una trentina di centimetri sopra la mezzeria. La data 1484 fa dell’opera un punto fermo nella produzione giovanile di Bonsignori. Insieme alla "Madonna" dipinta l’anno precedente (inv. 869-1B0148), la pala Dal Bovo rivela che il tirocinio dell’artista si era compiuto a Venezia, con lo studio delle opere di Giovanni Bellini e dei Vivarini (in questo caso l’aspetto più arcaico dei santi, rudi icone di un’ingenuità quasi popolaresca, può far pensare, piuttosto che ad Alvise, al vecchio Bartolomeo). Nel dipinto convivono un linguaggio arrovellato e tagliente, come di uno scultore che spicchi le sue figure nel legno, ardue sottigliezze prospettiche (le mani in scorcio della Madonna), insospettabili interessi naturalistici nella palma miracolosamente fiorita sul bordone di san Cristoforo, con i grappoli dei frutti ancora rinchiusi nelle spate (Forti 1920, p. 84). Ma, come sottolineato da Gianni Peretti (2010, p. 247), la presenza più forte e quasi inquietante, che finisce con soggiogare ogni altro elemento della composizione, è l’inameno ritratto della vecchia donatrice, spoglio di ogni lenocinio idealizzante, che emerge dal margine inferiore del dipinto secondo una tipologia molto frequente nella pittura veronese del Rinascimento (Chastel 1977). Esso annuncia le prove di Bonsignori come ritrattista ufficiale della corte mantovana, improntate ad un realismo altrettanto vigoroso ma certo meno impietoso e scostante. Il nome di Altabella è legato anche ad un messale della Biblioteca Nazionale Braidense di Milano (ms. AE.ix.39), decorato nel 1474 da Antonio di Stefano. In un momento di poco successivo al completamento del libro, un ignoto miniatore vicino a Francesco Dai Libri aggiunse sul frontespizio gli stemmi Avogaro e Dal Bovo (Castiglioni 1986, p. 53, fig. III.9). Peretti (2010) ricordava, inoltre, che del dipinto si conoscono due traduzioni grafiche ottocentesche: lo schizzo realizzato da Giovan Battista Cavalcaselle durante il suo soggiorno veronese del 1866, quando la pala era ancora in San Fermo (Magagnato 1973, fig. 14), e un disegno a penna di Castelvecchio, preparatorio probabilmente per un'incisione, attribuito a Pietro Nanin (inv. 22392-2B1350). (da Gianni Peretti 2010, p. 247)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500715191
  • NUMERO D'INVENTARIO 893
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
  • ENTE SCHEDATORE Comune di Verona
  • ISCRIZIONI su cartiglio - Franciscus Bonsignorius V(er)onensis P. / 1484 - corsivo -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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