natura morta con selvaggina

dipinto,

Dipinto raffigurante una natura morta con selvaggina: a terra, una cincial legra e un fagiano femmina; appesi ad un albero, una lepre e una beccaccia . Dietro un tronco spezzato e sullo sfondo un paesaggio

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Museo storico del ricamo
  • INDIRIZZO Via Don Nicola Mazza, 14, Verona (VR)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Giovanni Caliari, allievo e spesso collaboratore del padre Paolo, eseguì c opie dai grandi maestri, specialmente dai veronesi del Rinascimento: "stud iò i più grandi artisti del quattrocento e del cinquecento. S'innamorò sop rattutto della maniera di Raffaello e cercò d'imitarlo, fece copie accurat issime non solo dal sommo Urbinate, ma anche dal Cavazzola, dal Caroto, da Girolamo Dai Libri, dal Mantegna e dal Monsignori" (Caliari 1927, pp. 1-2 ). Fu professore dal 1822 e poi conservatore dell'Accademia Cignaroli. Egl i si fa interprete del clima della Restaurazione con la sua pittura di sta mpo purista e sentimentale, conquistandosi un vero e proprio monopolio del le commissioni ecclesiastiche a Verona e nella diocesi fino nel Trentino e nelle valli Giudicarie. Copie o reinterpretazioni di opere antiche, sopra ttutto di Raffaello, sono anche i dipinti preparatori, commissionati da do n Nicola Mazza per un paramento sacro. Così scrive suo nipote Pietro Calia ri (pp. 5-6): "Fece per l'amico D. Nicola Mazza, in Cantarane, una belliss ima lepre e vari disegni e quadretti ad olio, da servire di modelli ai ric ami alle ragazze di quel collegio". La collaborazione con Don Mazza cominc ia nel 1833, quando il pittore realizza un trittico per la chiesa di San C arlo dell'Istituto Maschile, concessa proprio in quell'anno da don Pietro Albertini al religioso: alla pala centrale con i "Sacri Cuori di Gesù e Ma ria, san Giuseppe e l'angelo custode", si affiancano "San Francesco Saveri o inviato in missione nelle Indie da sant'Ignazio e San Luigi in gloria". Giovanni Caliari fu uno dei pochi veronesi a dedicarsi anche alla natura m orta, genere di cui poi il solo specialista locale fu Giacomo Fiamminghi ( Marinelli 1991). Tra i suoi allievi ebbe Salesio Pegrassi, che "ammaestra va egli stesso a lavorare di plastica e a ritrarre dal vero le cose e a co piare in piena luce e nella poesia dell'aperta campagna, specialmente dell e frutta e dei fiori e degli uccelli" (Caliari 1912, p. 217). Presso le co llezioni civiche di Verona si conservano sessantotto opere dello scultore, tra cui molte lastre scolpite con uccelli. Esse rientrano nella tipica pr oduzione di carattere decorativo dell'artista e della sua bottega, l'unica veronese ricordata da Camillo Boito: "E' impossibile imitare più finement e le penne degli uccelli, anzi le piume che pare che soffiandovi su debban o volare per aria; e i ramicelli fronzuti, quasi in ogni parte staccati da l fondo della pietra; e la rete sottile con dentro i pesci lavorati squama a squama, che è un miracolo. [...] La loro arte piena di garbo e di purit à gioverebbe forse a raddrizzare il gusto decorativo, che si perde oggi in un rimpasticciamento di forme senza stile e senza misura [...]" (Boito, 1 877, pp. 163-167; si veda anche Bertoni, 2001, p. 288). Romani (1994, p. 168, nota 26) cita dei documenti conservati presso l'Archivio Mazza di Ver ona dai quali risulta nel 1835 l'acquisto di una "schioppa" da parte di Li onello Sagramoso, e di "tre schioppe da una canna fulminanti" da parte di un certo Martini da Vestina ordinate da don Mazza. Due di queste "schioppe " sarebbero state vendute dopo il 1840. E' poi documentato il porto d'armi a partire dall'8 agosto 1846 e della licenza di caccia per un anno a part ire dal 31 luglio 1847. per difesa personale e caccia esiste una richiesta datata 15 luglio 1852. Da questa documentazione, Romani sottolinea come i l dipinto potrebbe riferirsi ad una battuta di caccia degli anni '40 e '50 . Tuttavia fa osservare che don Mazza ricorse al permesso di porto d'armi per difesa personale quando venne aggredito all'inizio degli anni '50 e ch e quindi è più probabile che il dipinto si riferisca agli anni '30 quando come cappellano si recava ogni settimana a Marcellise: "alcuni dei suoi be ni nel tenere di Marcellise e l'obbligo di una cappellania festiva lo trae vano ogni settimana a quel gentil villaggio circa sei miglia dalla città ( 1819) ed un vispo fanciulletto se gli stringeva ai panni quando per quelle colline si aggirava qualche ora alla caccia" (Chiarelli, 1865; Crestani 1 920, 1933; Albrigi, 1946, 1965). La data 1839, termine della sua cappellan ia, fornirebbe quindi il termine ante quem per l'esecuzione del dipinto. Dal dipinto venne ricavato un disegno preparatorio, che servì poi per l'es ecuzione di un ricamo (si vedano le schede NCTN 00405132, 00405133), tutti esposti oggi in museo
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente religioso cattolico
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0500405133
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le province di Verona Rovigo e Vicenza
  • ISCRIZIONI sulla cornice, in alto - Via N. m N° 16 - corsivo/ numeri arabi - a matita -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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