stella
decorazione pittorica,
(?) 1351 - (?) 1400
Tra la parete orientale e quella settentrionale della Terza Stanza di Guastalla si conserva, in corrispondenza dell’angolo inferiore, un lacerto pittorico sviluppato in lunghezza con evidenti tracce di scialbo (si riconoscono anche segni di cardini). Dalla frammentarietà della decorazione s’intuisce ben poco della raffigurazione originaria: solo una stella campita su fondo blu appare distintamente
- OGGETTO decorazione pittorica
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MISURE
Altezza: 180 cm
Larghezza: 56 cm
- AMBITO CULTURALE Ambito Italiano
- LOCALIZZAZIONE Complesso Museale di Palazzo Ducale
- INDIRIZZO Piazza Sordello, 40, Mantova (MN)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE La Terza Stanza di Guastalla, compresa entro il cosiddetto Appartamento di Guastalla, è sita al piano nobile dell’antico nucleo bonacolsiano del Palazzo del Capitano. Gli ambienti devono il nome all’ultima duchessa di Mantova Anna Isabella di Guastalla, consorte di Ferdinando Carlo Gonzaga Nevers, che vi abitò tra il 1671 ed il 1703, prima dell’arrivo degli Asburgo. I locali corrispondono per altro alle stanze che vennero ristrutturate nel 1612, durante il brevissimo ducato di Francesco IV, per accogliere il fratello minore Vincenzo II, che vi si insediò dopo gli interventi coordinati dal prefetto delle fabbriche ducali Anton Maria Viani (Berzaghi 1992, p. 30; Algeri 2003, pp. 250-251; L’Occaso 2009, p. 92). Oltre al rifacimento dei soffitti piani a lacunari che mostrano decori a stampino, in tre ambienti dell’appartamento si conservano ancora fregi pittorici a decoro della fascia alta delle pareti: proprio nella Terza Stanza di Guastalla è dipinta la divisa personale di Vincenzo II, l’impresa del Cane con motto “Feris tantum infensus”. Il 16 ottobre del 1909 l’Ufficio di Palazzo Ducale informò Ettore Modigliani, direttore della Pinacoteca di Brera, del ritrovamento di affreschi “scoperti in Palazzo Ducale” nell’Appartamento di Guastalla, sotto l’Armeria (Valli 2014, p. 127). Già un anno prima Patricolo, nella Guida del 1908 (p. 8) rendeva noto, nell’ambito degli interventi di consolidamento del Palazzo del Capitano diretti dall’ingegner Da Lisca, il rinvenimento “di notevoli avanzi di decorazione pittorica del XIV. o XV. sec. tra cui primeggiano interessantissime figure e frammenti di Santi che decoravano le strombature delle antiche finestre superstiti di un ambiente che in origine doveva essere una delle cappelle della Corte”. Alla fine del primo decennio del Novecento vennero dunque alla luce gli affreschi di notevole livello qualitativo che decoravano l’originario oratorio trecentesco dei Gonzaga: da un lato l’incredibile Crocifissione e dall’altro gli elegantissimi santi negli sguanci delle finestre. La primitiva struttura della Cappella magna doveva essere ben diversa dall’attuale, dovuta all’ampliamento secentesco del Viani (sviluppo inteso nel senso della lunghezza con il mantenimento della larghezza); i due lunettoni contraffacciati sulle pareti ovest ed est indicano l’ingombro dell’antico locale coperto con volta a botte, maggiormente esteso in altezza, ovvero con il piano di calpestio posto più in basso rispetto all’attuale livello che tronca parte delle decorazioni (anche il soffitto piano secentesco interrompe la parte più alta di entrambe le lunette). Le due monofore che si aprono sulla cortina est risultano molto vicine alla volta di copertura che chiudeva il locale: alcuni studiosi suggeriscono che la coppia di finestre non sia originaria della fase costitutiva dell’edificio (Bazzotti 1993). La letteratura critica degli affreschi ha avuto sin dal principio una notevole difficoltà interpretativa, come effettivamente rilevò Ferretti nel 1978 davanti alla clamorosa Crocifissione: “il caso è fra i più problematici della pittura padana del Trecento”. Innanzitutto va rilevata la non concordanza tra gli studiosi in merito alla presenza di due maestri - l’uno riferito alla Crocifissione, l’altro alla coppia di santi - per taluni da attribuire ad un’unica autorialità (da ultimo L’Occaso, contro il ben più nutrito numero di specialisti che propendono per due personalità distinte, pur quasi sempre indicate della medesima temperie culturale); inoltre pochi specialisti hanno rilevato l’assoluta qualità pittorica delle cornici a limitazione delle scene. Se la prima attribuzione fatta da Venturi a breve distanza dallo scoprimento degli affreschi ricadde su Tommaso da Modena, prontamente Toesca rigettò la proposta rilanciando un anonimo maestro attivo sotto la reggenza di Guido Gonzaga (1360-1369). Coletti fu il primo nel 1933 a parlare di scuola bolognese, linea poi rivelatasi decisiva secondo la lettura proposta per la Crocifissione da Longhi (1950, attribuzione a Jacopino di Francesco de’ Bavosi), da Arcangeli (1970, attribuzione ad Andrea de’ Bartoli), da Ferretti (1978) e da Volpe (marzo e maggio 1981, attribuzione a de’ Bartoli in un primo momento negata poi confermata, con sistemazione temporale alla fase giovanile; si precisa che Longhi, Arcangeli, Ferretti e Volpe si occuparono della sola scena cristologica). Anche Bazzotti sin dai primi contributi sulla Crocifissione concorda con la proposta di scuola bolognese, pur rigettando l’attribuzione ad Andrea de’ Bartoli e sottolineando la necessaria presenza di due maestri. Agli anni Sessanta del Trecento indicati come termini cronologici da Toesca e Longhi, Volpe anticipò al quinto decennio, datazione confermata da Bazzotti, e ulteriormente precorsa da L’Occaso che nei più recenti interventi propone la fine degli anni Trenta, entro il termine del 1340. [SI PROSEGUE IN OSS - Osservazioni]
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Stato
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0303267452-12
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Palazzo Ducale di Mantova
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Belle arti e paesaggio per le province di Brescia, Cremona e Mantova
- DATA DI COMPILAZIONE 2017
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0