decorazioni fitomorfe a girali

soffitto a cassettoni (?) 1522 - (?) 1522

Il soffitto dello Studiolo di Grotta, realizzato con intagli lignei e applicazioni d’ornato a pastiglia, si presenta partito in tre elementi principali: il livello piano maggiore dato dai cassettoni ottagonali e circolari alternati, la fascia mediana a sviluppo verticale, collegamento con la cornice terminale supportata da eleganti mensoline. Giocato sulle tonalità estensi dell’oro e dell’azzurro, il lavoro di intaglio e di decorazione appare svolto in maniera finissima e smagliante, pur con i risarcimenti e le integrazioni nella doratura della ricostruzione novecentesca. I lacunari nella forma del cerchio (fondo blu e ornati dorati) e dell’ottagono (dorato) prevedono in entrambi i moduli un rosoncino centrale dal quale si dipartono simmetriche candelabre e girali fitomorfi densamente animati; tutt’attorno gira ininterrottamente una cornice che in corrispondenza degli spazi comuni di raccordo si articola in piccole rosette. La fascia mediana è costituita da numerose bande variamente modanate; la più ampia a fondo blu prevede un fregio che alterna girali ad aquile ad ali spiegate. Le mensoline sottostanti sono arricchite da foglie d’acanto terminanti a voluta che si avvicendano con targhette quadrangolari dorate

  • OGGETTO soffitto a cassettoni
  • MATERIA E TECNICA pastiglia/ pittura
    legno/ doratura a pastiglia
    legno, intaglio
  • MISURE Larghezza: 3.30 m
  • AMBITO CULTURALE Ambito Italiano
  • LOCALIZZAZIONE Complesso Museale di Palazzo Ducale
  • INDIRIZZO Piazza Sordello, 40, Mantova (MN)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Isabella d’Este (1474-1539), consorte del quarto marchese di Mantova Francesco II (1466-1519), in seguito alle nozze celebrate nel febbraio del 1490, principiò la predisposizione di alcuni ambienti privati collocati attorno alla torre di sud-est del Castello di San Giorgio (Sala delle Armi), ancora identificabili nel piano nobile. Oltre all’organizzazione del noto Studiolo con la sottostante Grotta, disposti in allineamento verticale, l’estense volle allestire anche altri stanzini: il Camerino dei Nodi, delle Catenelle e delle Fiamme. Alla morte del coniuge, avvenuta nel 1519, l’estense si trasferì presso la parte trecentesca di Palazzo Ducale, nell’ala sud-occidentale del pianterreno di Corte Vecchia. La dimora vedovile - più ampia della precedente - era dunque composta dall’appartamento residenziale di rappresentanza posto nell’ala ovest di Santa Croce e dall’appartamento che ospitava la sua preziosa collezione di antichità e di pitture, ovvero l’ala meridionale di Grotta, con la Scalcheria, il ‘nuovo’ Studiolo e la ‘nuova’ Grotta, oltre alle delizie del Giardino Segreto. Con il trasferimento presso Corte Vecchia, confermato già nell’ottobre del 1520 dal figlio Federico in una missiva ai prozii (Archivio di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, b. 2926, libro 262, cc. 97r-98r), Isabella fece spostare parte degli arredamenti dei due ambienti di Castello, Studiolo e Grotta, per riallestirli nel nuovo appartamento con il supplemento di integrazioni. Il destino di ‘migrazione’ dei due camerini non si concluse negli anni Venti del Cinquecento, ma si replicò ad oltre un secolo di distanza: dopo il sacco di Mantova del 1630, con il ritorno al potere del ramo cadetto dei Gonzaga, Carlo I Nevers volle, a conferma della linea di successione, trasportare nel suo Appartamento del Paradiso in Domus Nova, entrambi gli arredi (Camerino delle Ramate e delle Duchesse). Se con i provvedimenti anti-aerei prescritti dopo Caporetto nel corso della Prima Guerra Mondiale, i cosiddetti ‘Gabinetti del Paradiso’ vennero smontati e trasferiti in Toscana nel 1917 (Gerola in Bollettino d’Arte, settembre-dicembre 1918), soltanto negli anni tra le due guerre ritornarono nell’ultima collocazione voluta da Isabella, nell’Appartamento di Grotta in Corte Vecchia. La residenza vedovile di Isabella d’Este, ben più ambiziosa della precedente in Castello, comportò interventi strutturali coordinati dall’architetto Giovan Battista Covo; gli apparati decorativi vennero piuttosto affidati in buona parte all’artista mantovano Lorenzo Leonbruno. Rispetto al piano nobile del Castello, nel quartiere di Corte Vecchia la marchesa poté usufruire di diversi spazi all’aperto come il Viridario con impluvium (nell’ala di Santa Croce), il Cortile di rappresentanza con la Loggia delle Città ed il Giardino Segreto, a carattere privato. L’ala vedovile di Grotta comprende l’intero prospetto sud del Cortile d’Onore, articolato dapprima nella grande sala della Scalcheria, passaggio d’obbligo verso la zona più riposta dei camerini di Studiolo e di Grotta, cui seguono due piccoli locali (i camerini sussidiari), conclusi dal Giardino Segreto. Lo sviluppo di questa parte della residenza isabelliana è inferiore rispetto all’ala di Santa Croce: la letteratura è concorde nell’affermare che la suite di Grotta doveva estendersi con altri ambienti oltre la loggetta del giardino, successivamente modificati in epoca vincenzina per la realizzazione del corpo di fabbrica che accoglie la Sala degli Arcieri. L’attuale sistemazione dello Studiolo di Grotta è l’esito di complessi avvicendamenti storici, dai quali risulta difficoltoso sia individuare i tasselli originali voluti dalla marchesa Isabella, sia accertarne il loro allestimento entro tale ambiente. Concordemente la letteratura individua nell’ambiente il luogo deputato ad accogliere le tele di soggetto mitologico di Mantegna, Costa, Perugino e Correggio, alcune già ospitate nello Studiolo di Castello. Le parti lignee dell’arredo, che includono il soffitto a cassettoni completo dello strombo presso la finestra, le candelabre del registro superiore e la cornice mediana su cui si impostano, oltre alla sottostante boiserie con specchiature, vennero composte nell’attuale allestimento a partire dagli anni Venti del Novecento, così come la battuta marmorea dello scalino della finestra. Dopo il rientro post bellico dalla Toscana gli arredi rimossi dal Camerino delle Ramate in Domus Nova vennero collocati in Corte Vecchia, trovando definita sistemazione con il restauro condotto da Clinio Cottafavi tra 1932 ed il ’33 (per liberalità di Gino Norsa). L’intendimento di tale disposizione, avversata da critiche e posizioni discordi (su tutti Corrado Ricci), era ispirata dal desiderio di presentare gli elementi di più sicura appartenenza isabelliana, secondo lo schema già proposto negli ambienti neveriani. [SI PROSEGUE IN OSS - Osservazioni]
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0303267434-1
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Palazzo Ducale di Mantova
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Belle arti e paesaggio per le province di Brescia, Cremona e Mantova
  • DATA DI COMPILAZIONE 2016
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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