martirio di San Sebastiano

dipinto, ca 1570 - ca 1575

Dipinto privo di cornice

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • ATTRIBUZIONI Costa Lorenzo Il Giovane (attribuito)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Tempio di S. Sebastiano
  • INDIRIZZO Largo XXIV Maggio, s.n.c, Mantova (MN)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il dipinto viene notato per la prima volta – nel 1739 – dal Presidente Charles de Brosses (1739 (1991), p. 226) nel corso del suo passaggio mantovano; purtroppo la citazione è estremamente laconica: “À Saint-Sébastien, la figure du maître de la maison, assez bonne”. Verso la fine del secolo Bartoli (1771-1799 [ed. 1985], p. 73) nota il dipinto per il quale suggerisce una paternità di “Lorenzo e fratelli Costa”, accostandolo all’allora prospiciente Moltiplicazione dei pani e dei pesci, il telone spostato alcuni anni dopo sulla controfacciata di San Barnaba. Nel 1816 l’Antoldi (pp. 34-35) esprime un giudizio anche qualitativo: “Il quadro dell’altare di mezzo, in cui sta effigiato al vivo il martirio di S. Sebastiano, è una delle opere più felici del già lodato Lorenzo Costa”. Da allora il quadro viene descritto praticamente in tutte le guide della città, fino alla metà dell’Ottocento; il Coddè lo cita sia con un’attribuzione a Lorenzo Costa, che con un riferimento più generico ai “fratelli Costa”. Nella sua collocazione originale il dipinto è descritto in un inventario del 1783, accompagnato da altri quadretti laterali (Calzona 1979, p. 213). Una lettera di Antonio Ruggeri a Carlo d’Arco, del 17 dicembre 1825 (ASMn, Documenti patrii d’Arco, b. 207) riporta la “voce che Belluti eseguirà il ristauro del grande e bellissimo quadro”; non sappiamo tuttavia se l’intervento sia stato realizzato, tanto che nel 1840 una nuova proposta di restauro interessa la tela (Calzona 1979, p. 213), quindi sottoposta a un intervento del pittore Giuseppe Razzetti nel 1853: in quell’occasione la tela è ricoverata nel Palazzo Accademico (ASCMn, titolo X-3-4, fasc. 1830-1853). Il Razzetti – per inciso – nel progetto di restauro che avanza alla Commissione di Tutela, afferma che il dipinto è dei “fratelli Costa” e probabilmente di Ippolito (Gozzi 1976, p. 59; I. Marelli, in Leon Battista Alberti 1994, p. 539; L’Occaso 2008, p. 180). Dalla seconda metà dell’Ottocento, e precisamente a partire dall’Intra (1883) la pala è talvolta attribuita a Lorenzo Costa “il vecchio” e viene invece, tanto negli studi su Lorenzo Costa il Giovane quanto sulla chiesa di San Sebastiano, ritenuta dispersa, sino all’intervento della Marelli che nel 1994 identifica il dipinto con la tela depositata in Palazzo Ducale forse nel 1922 e resa alla chiesa di San Sebastiano nel 1991. La Marelli attribuisce l’opera a Lorenzo Costa “il Giovane” e ritiene che l’arciere in piedi derivi dal telone del 1522 di Lorenzo “il Vecchio” a Praga (Narodní Galerie): l’Investitura di Federico II Gonzaga a gonfaloniere della Chiesa. Come opera assai ammalorata di Lorenzo il Giovane la pala è ricordata anche dalla Tellini Perina, mentre Negro e Roio la menzionano come perduta opera del pittore più antico. Il 12 gennaio 1576 il visitatore apostolico Angelo Peruzzi segnala nella chiesa di San Sebastiano “omnia altaria” sono “in bono et laudabili statu” e “munita omnibus requisitis”, il che potrebbe essere considerato, con molta cautela, un termine ante quem per l’esecuzione della nostra tela (c. 359v). Al dipinto si collega un disegno conservato al Cabinet des Dessins del Louvre (inv. 11533), già schedato come opera di anonimo italiano del XVI secolo ma recentemente riconosciuto in relazione alla tela in oggetto (L’Occaso 2007, p. 79 nota 104). Tra il disegno e la tela vi sono minime differenze compositive, nella posizione della quinta arborea, nella soluzione di singole figure (il soldato alla destra del portabandiera, l’angelo in alto a destra). Maggiori sono le differenze sul piano stilistico: il disegno, su carta preparata bruna, ha forti lumeggiature a biacca e un tratto la fluido e vibrato che portano a pensare che non necessariamente sia della stessa mano della pala d’altare, la quale sembra la traduzione in termini “costeschi” di un disegno che costesco non è e che presenta invece maggiori affinità con la grafica veneta. D’altra parte, lo stato di conservazione della tela è così compromesso da impedire un’affidabile valutazione stilistica e di giungere a una attribuzione definitiva
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA detenzione Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0300151987
  • NUMERO D'INVENTARIO Gen. 11465
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Cremona, Lodi e Mantova
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le province di Mantova Brescia e Cremona
  • DATA DI COMPILAZIONE 2010
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2009
    2013
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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