Madonna con Bambino tra le Sante Caterina d'Alessandria e Maddalena

dipinto, ca 1520 - ca 1525

dipinto con cornice novecentesca

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tavola/ pittura a olio
  • ATTRIBUZIONI Maestro Di San Vincenzo Martire (attribuito)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Palazzo Ducale
  • INDIRIZZO Piazza Sordello, 40, Mantova (MN)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Credo che l’opera in origine sia stata conservata nel complesso, chiesastico e ospedaliero, di Santa Lucia (vd. Agosti 2005, p. 232 nota 4), dove l’inventario di soppressione del 1782 descrive un “quadro sull’asse con cornice antica rappresentante la Beata Vergine e sante” (ASMn, Demaniali e Uniti, II serie, b. 59, fasc. 49); il quadro verrebbe quindi depositato, assieme ad altre opere provenienti da chiese dell’ordine francescano, in Sant’Orsola. Qui, nel 1786, la tavoletta è inclusa da Giovanni Bottani tra quelle meritevoli di essere trasportate nel Regio Ginnasio, e nell’occasione è descritta al numero “58. Una tavola colla Santissima Vergine e due sante e gloria d’angeli; cioè un quadretto dipinto in tavola. Sono figure intiere di grandezza mediocri” (d’Arco 1857-1859, II, p. 214). Nel 1810 Felice Campi la vede in Accademia Virgiliana e afferma che essa proviene da Sant’Orsola, come più tardi sostiene anche Matteucci (1902, p. 373 nota 1); nel 1827 è nuovamente elencata in Accademia Virgiliana e nel 1863 passa in proprietà – pur non mutando collocazione – al Comune di Mantova; nel 1922 infine è depositata in Palazzo Ducale: all’epoca il dipinto è provvisto di una “bella cornice a delfini” (Tamassia 1996, p. 60), evidentemente sostituita. Le due sante che fiancheggiano la Vergine seduta in trono, in un paesaggio costellato di rovine, sono Caterina d’Alessandria e Maria di Magdala, facilmente identificabili per i loro consueti attributi iconografici. Nel 1938 il dipinto è presentato, con la notizia del restauro appena avvenuto, come opera di Francesco da Milano; è probabile che a suggerire questa attribuzione sia stato il direttore dei lavori, Nino Giannantoni (in “Le Arti”, 1938, p. 95). Ozzola (1949, n. 50; 1953, n. 50) l’accoglie con un punto di domanda e anche Berenson (1957, I, p. 80) è d’accordo. Nel 1937 il dipinto era stato inventariato in Palazzo Ducale come di “scuola lombarda del 400”. Nel 1962 Ragghianti (p. 38) rifiuta il riferimento all’artista di origine milanese ma attivo nell’entroterra veneto e ritiene piuttosto che l’opera sia “di un piccolo pittore mantovano dipendente dal Caroto”; Francesco da Milano viene scartato anche da Longhi – in un’annotazione manoscritta sul catalogo di Ozzola conservato nella Fondazione Longhi di Firenze –, da Menegazzi (1971, p. 29) e da Mies (in Lucco 1983, p. 228), il quale ritiene che la tavoletta sia opera di uno scarso imitatore di Bernardo Lanino e databile oltre la metà del Cinquecento. Più di recente, la Furlotti (2000, p. 49 nota 79) ha contestualizzato con precisione l’opera, legandola al Maestro di San Vincenzo, che a suo avviso potrebbe essere Bernardino Bonsignori e che io invece ritengo Bartolomeo Fancelli (vd. cat. [93]). La studiosa riscontra infatti indubbie affinità con altre opere dello stesso gruppo e lega particolarmente la tavola del Palazzo Ducale, che per lei è “se non di bottega, almeno di un artista vicino a Bernardino”, alla Santa Maria Maddalena assunta della Malaspina di Pavia; si può inoltre sottolineare la quasi identità dell’intera gloria angelica con quella dipinta nelle varie Natività. Infine Agosti (2005, p. 232 nota 4) ha suggerito l’opportunità di avvicinare, da un punto di vista stilistico, il dipinto alla tavola già in Santa Maria della Vittoria e ora nella cappella di San Sebastiano in Sant’Andrea: una Madonna col Bambino tra santi databile al secondo decennio del Cinquecento (Romano 1991, p. xxxi nota 8). La proposta coglie senz’altro affinità formali e cronologiche tra le opere, che spettano però a due mani diverse: la nostra tavoletta è legata effettivamente al catalogo del Maestro di San Vincenzo, tanto che la gloria angelica è quasi identica a quella della Natività di quell’artista nei depositi della Pinacoteca Nazionale di Bologna (inv. 620). Se la parte superiore è del tutto analoga ad altre prove di quel maestro, la parte inferiore è invece un po’ diversa: la resa pittorica è più morbida e la composizione – soprattutto nel gruppo centrale – è di una certa ricercatezza, tanto che potrebbe rifarsi a qualche modello non individuato [vedere Monducci-Pirondini, Pittura del Cinquecento a RE]. La Vergine e le due sante, che tra loro non paiono comunicare, sono davanti a un incannicciato che le separa da uno specchio lacustre e un paesaggio collinare del tutto analoghi a quelli consuetamente dipinti dal “Maestro di San Vincenzo”. Mantengo il dipinto nel vasto catalogo del pittore, pur ribadendo la presenza di elementi inconsueti, e suggerisco una cronologia verso il 1520-1525. Renato Berzaghi mi segnala (com. or.) una copia ottocentesca del dipinto, priva della gloria angelica, presso il Comune di Gabbiana
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0300151971
  • NUMERO D'INVENTARIO Gen. 11494
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Palazzo Ducale di Mantova
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le province di Mantova Brescia e Cremona
  • DATA DI COMPILAZIONE 2010
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2009
    2013
  • ISCRIZIONI sul filatterio soretto da due angeli - ET BEATA UBERA QUE LATA VERUNT CRISTUM DOMINUM NOSTRUM - lettere capitali -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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