San Girolamo, un santo vescovo e due accoliti

dipinto, ca 1515 - ca 1515

Affresco strappato e applicato su pannello

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA intonaco/ pittura a fresco
  • ATTRIBUZIONI Bonsignori Girolamo (1472 Ca./ 1529)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Palazzo Ducale
  • INDIRIZZO Piazza Sordello, 40, Mantova (MN)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE L’affresco proviene dalla chiesa di San Barnaba, come già avverte d’Arco nel 1856; un documento settecentesco dà ben precisi ragguagli in merito, asserendo che il 20 aprile 1716 “Prima di dar principio alla demolizione sudetta [della “chiesa vecchia dalla parte del coro”], si è trasportata dalla chiesa in sagrestia l’imagine della Santissima Vergine con il Bambino in braccio dipinta sopra il muro da Raffaele d’Urbino, la quale prima fosse posta in chiesa era in una piccola capellina nel chiostro sotto le famose teste delli quattro Dottori di Santa Chiesa dipinte dentro la porta del convento” (ASMn, Corporazioni Religiose Soppresse, b. 240, n. 6092). La Madonna col Bambino, posta allora in una cornice intagliata da Francesco Castello e collocata sull’altare della cappella invernale, attribuita da Cadioli (1763, p. 84) a Girolamo Bonsignori, è stata di recente assegnata – e forse a ragione – al Leonbruno (Conti 1995, p. 43; Ventura 1995, pp. 180-182 n. 15). La nostra lunetta è con ogni probabilità da identificare con “le famose teste” di cui riferisce il documento citato. Sul dipinto ci ragguaglia il conte d’Arco nel 1856: proveniente appunto da San Barnaba, è poi posseduto (ma non si sa da quando) dall’Ospedale di Mantova e offerto quindi al Museo Civico nel 1855; il d’Arco ritiene che vi siano rappresentati personaggi legati alla storia della chiesa di San Barnaba e all’ordine dei Serviti: vi riconosce il vescovo Martino e un fra Apollonio. Ricorda, infine, che l’opera reca un’attribuzione a Tiziano Vecellio, che non si dà pena di confutare. Nel 1866 la Fabbriceria di San Barnaba offre anche la citata Madonna col Bambino al Museo Civico ma la transazione rimane sulla carta (ASMn, Archivio Portioli, b. 26; ASCMn, titolo X-3-4, fasc. 1863-1866). Nel 1915 il dipinto è depositato presso il Palazzo Ducale (Tamassia 1996, p. 58); qui viene inventariato nel 1937 come affresco “tizianesco” e quindi descritto da Ozzola (1949, n. 315) come “Quattro Santi fra cui un Vescovo e S. Girolamo”. Di recente l’iconografia è stata interpretata come rappresentazione dei quattro Dottori della Chiesa, ovvero i santi Ambrogio, Agostino, Girolamo e Gregorio Magno (Pinfari, Signorini 2005, p. 23). In verità solo le due figure in primo piano possono essere identificate come Dottori, sulla scorta della relazione del 1716: a sinistra è san Girolamo, che ostenta la Vulgata, a destra è un santo in abiti vescovili, non meglio caratterizzato. Le due figure in secondo piano sono invece, come nota Andrea De Marchi (com. or.), più probabilmente due accoliti. Lasciata cadere l’ipotesi che l’affresco sia opera del Vecellio, Ozzola (1949, n. 315; 1953, n. 315) lo cataloga come opera di scuola mantovana del XV secolo; recente è la proposta – da me suggerita – che vada accostato a Girolamo Bonsignori (cfr. Pinfari, Signorini 2005, p. 130), quale possibile autore della Madonna col Bambino che si trovava adiacente all’11508. Il compromesso stato di conservazione non permette un sereno giudizio attributivo. Sembrano confermabili affinità di stile con l’Allegoria della Fede della chiesa abbaziale di San Benedetto Po, ascritta al frate domenicano, mentre è più lungo il passo tra il nostro affresco e il Cenacolo di Badia Polesine e altre opere dell’artista a esso omogenee come l’Annunciazione al Museo Cavalcaselle di Verona, il Cristo portacroce di Olomouc o la Sacra Famiglia già sul mercato antiquario (Sotheby’s, New York, 16 maggio 1996: Romano 1998, p. 38 nota 19), che a ogni modo spetterebbero a una sua fase più matura, caratterizzata da maggior turgore nei volumi. Un possibile trait d’union tra questi due momenti si potrebbe cogliere in una una Madonna del latte e santi su tavola passata sul mercato con un’attribuzione erronea a Gian Francesco Tura (Finarte, Milano, 18 ottobre 1995, lotto 377), ma meglio riferibile al misterioso frate domenicano. Non sono da sottovalutare le affinità con la pittura del Leonbruno anche se il profilo di questo artista rimane abbastanza incerto. La datazione che suggerisco per questo affresco è al 1510-1515 circa, non potendo accogliere quella proposta da Ozzola; ; il raggruppamento delle quattro teste e su due piani, a creare un imbuto prospettico verso il vuoto centrale, è un espediente compositivo tipico del primo Cinquecento
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente pubblico territoriale
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0300151968
  • NUMERO D'INVENTARIO Gen. 11508
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Palazzo Ducale di Mantova
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le province di Mantova Brescia e Cremona
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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