console - rettangolare, opera isolata - manifattura torinese (secondo quarto sec. XIX)

console rettangolare, post 1835 - ante 1850

Piano in marmo di forma rettangolare. E’ appoggiato a una struttura di sostegno in legno intagliato, scolpito e impiallacciato in mogano. Fascia liscia con angoli smussati sorretta da un piano di fondo unito, delimitato posteriormente da due elementi a parasta. Frontalmente due sostegni ad andamento curvilineo, terminanti, superiormente e inferiormente, con voluta ed elemento fogliaceo stilizzato. Nella parte inferiore, di maggiori dimensioni, si aggiungono al decoro elementi fogliacei stilizzati. Piano inferiore di forma mistilinea, concavo anteriormente, poggiante su quattro piedi a balaustro

  • OGGETTO console rettangolare
  • MISURE Profondità: 60 cm
    Altezza: 96.5 cm
    Larghezza: 127.5 cm
  • AMBITO CULTURALE Manifattura Torinese
  • ALTRE ATTRIBUZIONI manifattura francese
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Museo di Palazzo Reale
  • LOCALIZZAZIONE Palazzo Reale
  • INDIRIZZO piazzetta Reale, 1, Torino (TO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Contenitore di forma parallelepipeda, con angoli sagomati e lieve riduzione della dimensione della base rispetto al coperchio. Poggia su quattro sostegni a sezione circolare. Le superfici esterne sono impiallacciate in varie essenze lignee su fondo in legno di acero sulle fiancate e motivi decorativi a girali vegetali che si dipartono da una infiorescenza centrale in essenza lignea di tono più scuro. Lo stesso motivo, in forme semplificate, è utilizzato per lo spessore del coperchio. In corrispondenza del decoro centrale è posta la serratura metallica munita di chiave. Nella parte inferiore motivo a triangoli di due diverse essenze lignee.Il coperchio è decorato con una fascia esterna, compartita a rettangoli sui lati e quadrati agli angoli, alternativamente chiari e scuri, con infiorescenze e motivi a losanghe, mentre la porzione centrale, a fondo scuro, è ornata da due ottagoni figurati in legno chiaro, separati da ornato floreale. Nel primo è rappresentata la figura di un prelato con zucchetto, mozzetta e veste talari. Il viso è di tre quarti con lo sguardo rivolto a destra e le braccia sono incrociate al petto. Nel secondo è raffigurata una figura femminile, di tre quarti, intenta a leggere. Porta i capelli raccolti sotto un velo e la corona sul capo. Indossa una tunica girocollo dalle ampie maniche. Lo sfondo di entrambe le scene è chiuso da un tendaggio. Gabinetto inserito tra gli spazi dell’Appartamento d’Inverno, allestito a partire dal 1733 per la seconda consorte di Carlo Emanuele III, Polissena d’Assia, l’ambiente fu soggetto ai lavori di rifunzionalizzazione che interessarono le sale sei-settecentesche del piano nobile di Palazzo Reale per volontà di Carlo Alberto. Gli interventi impegnarono vari professionisti per circa un decennio, tra il 1837 e il 1848, sotto la direzione del poliedrico Pelagio Palagi, progettista di interni, architetto, collezionista, dal 1833 nominato, per volontà di re Carlo Alberto, “pittore preposto alla decorazione dei Reali Palazzi”. Non sono stati pubblicati dalla storiografia documenti significativi in merito alla trasformazione di questa stanza. La prima guida del Palazzo che descrive l’assetto voluto dal sovrano, compilata da Clemente Rovere, evidenziò la semplicità del mobilio, limitandosi a menzionare come opera degna di nota in questa sala la tavola cinquecentesca della Madonna con Bambino, santi e donatore, e ricordando l’esistenza di “memorie di famiglia del compianto Sovrano: entro alcuni scaffali si veggono le divise de’ suoi ordini equestri”. Gli inventari patrimoniali redatti tra gli anni Ottanta dell’Ottocento e il primo Novecento restituiscono una serie di elementi d’arredo impiallacciati in mogano, forse in parte originariamente eseguiti da Gabriele Capello detto il Moncalvo, su disegno del Bolognese, per l’appartamento di Maria Adelaide d’Asburgo-Lorena, allestito in occasione delle nozze con Vittorio Emanuele II, celebrate nel 1842. La presenza della tavola, probabilmente già con la sua cornice, sebbene non esplicitamente ricordata, è enfatizzata nella descrizione del Palazzo Reale del Rovere: “L’amatore di belle arti trova però ad appagare anche i suoi sguardi sovra un quadro prezioso e per la dipintura e per la santa mano che lo regalò a Carlo Alberto: questi fu il canonico Cottolengo”. Qui l’opera veniva, erroneamente, attribuita a Macrino d’Alba e successivamente la tavola fu riferita, negli inventari patrimoniali compilati a inizio del nono decennio dell’Ottocento, a Nicolò Rondinelli, pittore ravvenate, ricordato da Giorgio Vasari come uno dei migliori allievi di Giovanni Bellini, nella cui bottega lavorò tra il 1485 e il 1495. Rilevata sul dipinto la data del 1523, spettò ad Alessandro Baudi di Vesme riferirlo correttamente a Defendente Ferrari, ripreso poi da tutta la critica sino ad anni recenti. Nel 1842 il restauratore e pittore attivo per la Regia Galleria Antonio Vianelli intervenne a restaurare la tavola in oggetto, già a quelle date in possesso del sovrano. Poiché il canonico, oggi santo, Giuseppe Benedetto Cottolengo - secondo le parole di Rovere donatore dell’opera, presumibilmente in ringraziamento del sostegno fornito da Carlo Alberto alla sua attività assistenziale - morì in quello stesso anno, è plausibile ipotizzare che la tavola potesse essere pervenuta al re di Sardegna per lascito testamentario dello stesso o comunque poco tempo prima e che, dunque, per essere allestita nelle stanze dell’appartamento regio venisse opportunamente restaurata e dotata di una cornice adeguata alla nuova sistemazione. I caratteri di stile dell’oggetto, di sapore classicista nell’insieme, e del decoro, contraddistinto dalla caratteristica palmetta palagiana, non solo confermano l’ipotesi di una cronologia dell’oggetto all’inizio del quinto decennio dell’Ottocento, ma anche la possibile esecuzione da parte di ebanisti attivi per la corte sabauda su disegno di Palagi, spesso richiesto anche per fornire progetti per elementi d’arredo.++Gabinetto inserito tra gli spazi dell’Appartamento d’Inverno, allestito a partire dal 1733 per la seconda consorte di Carlo Emanuele III, Polissena d’Assia, l’ambiente fu soggetto ai lavori di rifunzionalizzazione che interessarono le sale sei-settecentesche del piano nobile di Palazzo Reale per volontà di Carlo Alberto. Gli interventi impegnarono vari professionisti per circa un decennio, tra il 1837 e il 1848, sotto la direzione del poliedrico Pelagio Palagi, progettista di interni, architetto, collezionista, dal 1833 nominato, per volontà di re Carlo Alberto, “pittore preposto alla decorazione dei Reali Palazzi”. Non sono stati pubblicati dalla storiografia documenti significativi in merito alla trasformazione di questa stanza. La prima guida del Palazzo che descrive l’assetto voluto dal sovrano, compilata da Clemente Rovere, evidenziò la semplicità del mobilio, limitandosi a menzionare come opera degna di nota in questa sala la tavola cinquecentesca della Madonna con Bambino, santi e donatore, qui erroneamente riferita a Macrino d’Alba, e ricordando l’esistenza di “memorie di famiglia del compianto Sovrano: entro alcuni scaffali si veggono le divise de’ suoi ordini equestri”. Gli inventari patrimoniali redatti tra gli anni Ottanta dell’Ottocento e il primo Novecento restituiscono una serie di elementi d’arredo impiallacciati in mogano, forse in parte originariamente eseguiti da Gabriele Capello detto il Moncalvo, su disegno del Bolognese, per l’appartamento di Maria Adelaide d’Asburgo-Lorena, allestito in occasione delle nozze con Vittorio Emanuele II, celebrate nel 1842. Il mobile è documentato nella sala solamente nella ricognizione inventariale del 1966, trovandosi precedentemente in ambienti di palazzo destinati a funzionari e membri della corte. Il materiale con cui è impiallacciato e i caratteri formali del decoro, caratterizzato nei due montanti anteriori dalla cosiddetta “palmetta”, lo riconducono alla fase di interventi di riarredo delle residenze sabaude eseguiti dall’équipe di Capello sotto la direzione di Palagi. Pertanto, è possibile ipotizzare una cronologia dell’arredo tra la seconda metà del quarto e tutto il quinto decennio del XIX secolo. Non è stato possibile completare la catena inventariale con la descrizione dell’oggetto nel 1880, dal momento che, per numero di inventario, il mobile è elencato nel volume VI, mancante nella serie di volumi d’inventario conservata presso l’Archivio di Stato di Torino, Sezioni Riunite, di norma consultata durante questa campagna di schedatura
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100401366
  • NUMERO D'INVENTARIO 53
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Musei Reali - Palazzo Reale
  • ENTE SCHEDATORE Musei Reali - Palazzo Reale
  • DATA DI COMPILAZIONE 2018
  • ISCRIZIONI sotto il piano - DC 6024 (verde) - numeri arabi - a pennello -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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