Ritratto di Giovanna Battista di Savoia-Nemours
Il personaggio è rappresentato di lieve tre quarti, a mezzo busto, con taglio poco al di sotto della spalla. Lo sguardo è rivolto verso l’osservatore. Porta i capelli semiraccolti che ricadono con morbidi boccoli dietro alla schiena e con alcuni riccioli sulla fronte. Porta orecchini a goccia alle orecchie e un giro di perle al collo. Indossa un abito da corte con ampio scollo, parzialmente coperto da fascia panneggiata in differente tessuto fermata, in corrispondenza del centro del petto, da un gioiello di forma romboidale dal quale si dipartono fasci di perle. Sulle spalle poggia un mantello bordato di ermellino. Una mano, in primo piano, mostra un anello al dito. Sfondo neutro di colore bruno. La tela è posta entro una cornice di profilo e luce rettangolare in legno intagliato e dorato. Tipologia a gola. Battuta liscia. Fascia modanata
- OGGETTO dipinto
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MISURE
Altezza: 56.5 cm
Larghezza: 42.5 cm
- AMBITO CULTURALE Ambito Piemontese
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Castello Reale
- INDIRIZZO Via Francesco Morosini, 3, Racconigi (CN)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE La tela raffigura in età giovanile Giovanna Battista di Savoia-Nemours (Parigi, 1644-Torino, 1724), l’esibizione del manto di ermellino e dell’anello all’anulare, alludono, molto probabilmente, alle nozze con il duca Carlo Emanuele II, celebrate nel 1665. I tratti piuttosto irrigiditi inducono a ipotizzare che si tratti di una replica da un prototipo elaborato dai ritrattisti di corte tra gli anni Sessanta e Settanta del Seicento, come i Dufour o Carlo Metrano. Le indicazioni inventariali relative solamente alle ricognizioni effettuate nel castello di Racconigi nella prima metà del Novecento, lasciano ipotizzare che l’opera possa provenire anche da una quadreria dell’aristocrazia sabauda e sia stata acquisita dal principe Umberto di Savoia per incrementare la propria quadreria dinastica. Giovanna Battista di Savoia fu l’ultima discendente del ramo collaterale originato da Filippo di Savoia, fratello di Carlo II, che aveva avuto in appannaggio il ducato del Genevese e le baronie di Faucigny e di Beaufort, ricondotte così sotto la corona ducale. La madre era Elisabetta di Borbone-Vendome; la sorella divenne regina di Portogallo. Il 12 giugno 1675, moriva il duca. Tre giorni dopo la seconda Madama Reale assunse il potere e la tutela dell’unico figlio minorenne, Vittorio Amedeo, in una condizione di estrema incertezza sia per l’amministrazione, che per l’economia e i rapporti politici all’interno dello Stato, considerando le pretese dinastiche del ramo cadetto dei Savoia-Carignano, sia nei rapporti internazionali nei confronti della prevaricante posizione della Francia e, attraverso lo Stato di Milano, della confinante Spagna. Benché nel 1680 avesse raggiunto la maggiore età, il principe sabaudo decise di non governare ancora, considerando la rete di alleanze favorevoli intorno alla reggente, grazie al forte sostegno francese. Solamente nel marzo del 1684 egli assunse definitivamente il potere, allontanando la madre con la quale da tempo i rapporti si erano profondamente deteriorati. Solo recentemente sono stati fatti tentativi per rilevare con coerenza il peso della reggenza della duchessa, durante la quale spesso furono portati a termine progetti e riforme avviate dal consorte. In tale ambito si inserisce una nuova attenzione verso la politica culturale: dal completamento della cappella della Sindone, all’impresa della pubblicazione del Theatrum Sabaudiae, che uscì una prima volta nel 1682. Precisa fu la volontà di presentare a livello internazionale un’immagine di donna colta e raffinata, sostenitrice delle arti e lettere, certamente non indifferente all’emblematico modello di Cristina di Svezia. Tra il 1675 circa e il 1678 ben tre accademie sorsero in Torino per iniziativa ducale, sul modello di quanto avveniva a livello europeo: una cavalleresca, l’Accademia Reale, una letteraria, bilingue, nominata Accademia francese e italiana, senza dubbio la più sfuggente tra le istituzioni qui menzionate, e una di Pittura, Scultura e Architettura, immediatamente aggregata, nel 1675, a quella romana di San Luca. La tela è allestita all’interno di una ampia serie iconografica sabauda che include principalmente opere risalenti al XVII secolo, benché esse rappresentino esponenti del casato a partire dall’età medievale. La maggior parte dei dipinti pervennero in questa sede a seguito del dono del castello di Racconigi al principe di Piemonte Umberto di Savoia da parte di suo padre, Vittorio Emanuele III, nel 1929. Il primo volle collocare in questa residenza, analogamente a quanto dispose per i suoi appartamenti in Palazzo Reale a Torino, le sue raccolte di iconografia sabauda e dinastica, con attenzione anche alle famiglie regnanti che, nei secoli, avevano stretto alleanza con Casa Savoia. Queste opere, collezionate a partire almeno dal 1919, pervennero a Racconigi per selezione dall’arredo di altre residenze sabaude dei territori ereditari o acquisite dopo l’unità d’Italia, oppure furono donate o ancora acquistate sul mercato antiquario, o da famiglie dell’aristocrazia piemontese e del territorio nazionale. L’allestimento della Galleria cosiddetta dei ritratti, collocata nel padiglione di levante con prosecuzione nell’attigua galleria dei cardinali, è attestato nell’inventario stilato da Noemi Gabrielli all’inizio del sesto decennio del Novecento
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Stato
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100399606
- NUMERO D'INVENTARIO R 5557
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Castello di Racconigi
- ENTE SCHEDATORE Castello di Racconigi
- DATA DI COMPILAZIONE 2016
- ISCRIZIONI verso, tela, in basso, a destra - R 5557 (giallo) - maiuscolo/ numeri arabi - a matita - italiano
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0