Martirio di san Bartolomeo
dipinto,
Bianchi Isidoro (cerchia)
1581/ 1662
L'apostolo è rappresentato a figura intera, nudo con un drappeggio a coprire l'inguine è legato ad una colonna marmorea. Sulla sinistra uno sgherro in posa plastica inizia il crudele martirio, mentre sulla destra emerge dalla penombra il volto di un altro aguzzino che serra i nodi delle corde. Il santo volge lo sguardo verso un cielo popolato di nubi, da cui scende un angioletto alato che reca la palma del martirio. La cornice in legno dorato presenta due modanature delle quali quella interna è decorata a motivi vegetali
- OGGETTO dipinto
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ATTRIBUZIONI
Bianchi Isidoro (cerchia): pittore
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ALTRE ATTRIBUZIONI
Mazzucchelli Pier Francesco detto Morazzone
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Sabauda
- LOCALIZZAZIONE Palazzo Reale, Manica Nuova
- INDIRIZZO Via XX Settembre, 86, Torino (TO)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Un dipinto con "S. Bart.o scorticato alla colonna, co'un Angiolo, che gli porta la palma/ Del Morazzone/ De'mig.ri/ p. 4/ p. 2 1/2" è elencato al n. 375 (camera vecchia di S.A.R., ordine di mezzo) dell'inventario de'Quadri di pittura compilato dal Della Cornia nel 1635. Nel 1682, al numero 97 dell'Inventario mobili dei palazzi ducali di Torino, scopriamo che collocato in un intercolumnio della Galleria, vicino all'entrata, "viè un quadro grande Sopra la tella, alto piedi Quattro, ed oncie otto, e largo piedi due, ed oncie quattro rapp.te S. Bartolomeo legato ad una colonna con Carnefice, che gli Scortica il ginochio, ed un Angelo nell'aere, che gli porta la palma del Martirio". Romano nel 1995 (p. 33, nota 69) riteneva che la stessa opera fosse giaà identificabile in quella che nel 1631 era registrata nell'"Anticamera nova in testa del sallone" del Castello e genericamente descritta come "Quadro di S. Bartolomeo figure grandi, cornice grande intagliata e dorata, maniera come del Serrano, larg.a p.di 3, alt.a 4" (Bava 1995, p. 55). J.M. Callery, nel 1859 assegnava il dipinto "très vigoureux de dessin et de coloris" ad Andrea Carlone (p. 147, n. 99). Baudi di Vesme nel 1899 lo assegnava invece a pittore ignoto, così come troviamo riportato anche nel catalogo manoscritto della Galleria del 1952 redatto dalla Gabrielli. Nel frattempo l'opera venne concessa in deposito esterno al palazzo della Prefettura torinese che lo restituì nel 1960. La Gabrielli nel 1971 modificò la sua precedente ipotesi, riprendendo la segnalazione del Della Cornia del 1635 e proponendo di assegnare l'opera al Morazzone. Nel 1973, in occasione della mostra sul Seicento lombardo, Mina Gregori riferiva invece la tela a Luigi Miradori detto il Genovesino (p. 67), per poi ritornare sulla questione più tardi, proponendo un autore morazzonesco con intenti affini ai Danedi (1990, p. 73). L'attribuzione al Morazzone è stata ripresa, pur dubitativamente, nella Guida breve del primo settore dinastico pubblicata nel 1991 (p. 47), ma di lì a poco Giovanni Romano - in occasione di un convegno du Andrea Pozzo tenutosi a Trento nel 1992 - ha proposto di affiancare all'opera in questione l'Apollo e Marsia della Pinacoteca del Castello Sforzesco di Milano, assegnandoli entrambi a una "raffinata personalità lombardo-luganese precocemente coinvolta in fatti romani" da collegare al filone pittorico Bianchi, Recchi, Casella, interessante per la formazione di padre Pozzo (1996, p. 299). Lo studioso è ritornato in maniera più precisa sulla questione attributiva nel 1995 nel suo contributo sulla fortuna dei pittori lombardi alla corte torinese (p. 32) e ha ritenuto di assegnare l'opera ad una "notevole personalità" della cerchia di Isidoro Bianchi, capace di guardare anche al le novità caravaggesche francesi (Vouet). Il dipinto di Milano - per dirla con Romano - è stato sempre recalcitrante ad ogni tentativo di attribuzione e nel 1993 è stato con difficoltà schedato da Laura Laureati che ha riconosciuto nella resa degli strumenti musicali in primo piano "una diretta adesione al reale [...] di matrice caravaggesca", pur non trovando agganci diretti a nessuno dei maestri noti del caravaggismo romano. Per questo motivo la studiosa sceglieva di assegnare l'opera ad un anonimo autore della prima metà del XVII secolo. Tanzi, alla luce delle considerazioni di Romano, è tornato sulla questione proponendo per la tela un autore lombardo degli anni 1625-1630 "che si pone senza cedi menti sullo stesso piano dei maggiori pittori attivi nella Milano di quegli anni" e indicando il suo "ristretto quanto sceltissimo corpus [...] fra i prodotti più interessanti della pittura lombarda negli anni cupi che precipitano verso la peste manzoniana del 1630" (1999, p. 322). Secondo Chiara Lanzi, redattorice della scheda OA del dipinto per la Soprintendenza BSAE di Torino, nel profilo di Apollo è possibile scorgere una certa somiglianza con le tipologie dei volti che ricorreranno nei dipinti di Charles Dauphin, influenzati dal maestro Simon Vouet, al quale peraltro Romano (1995, p. 32) ha ricollegato il volto dell'angioletto in alto nel martirio di S. Bartolomeo torinese. Questo stesso angioletto sembrerebbe accostabile al putto reggicartiglio del dipinto con 'l'Adorazione dei pastori con i santi Caterina, Carlo Borromeo, Benedetto e il beato Luigi Gonzaga' conservato a Lugano nella chiesa di S. Caterina e dell'Immacolata, eseguito da Isidoro Bianchi dopo il 1634 (F. Bianchi 2003, pp. 102-105), pur con una resa pittorica più materica e pastosa. L'attribuzione alla cerchia di Isidoro è stata ulteriormente confermata dalla Di Macco (2003, p. 42) che ha sottolineato l'importanza della proposta anche per l'identificazione di nuovi "artisti lombardi e luganesi al seguito del Bianchi, diversi dai più noti Recchi e Casella", da Clelia Arnaldi di Balme (2003, pp. 72-73) in occasione della mostra sui maestri lombardi in Piemonte e da A.M. Bava nell'ambito della giornata di (continua in OSS)
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100350889
- NUMERO D'INVENTARIO 882
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
- DATA DI COMPILAZIONE 2012
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0