Santa Francesca Romana

dipinto,

La Santa vestita secondo l'iconografia tradizionale è rappresentata a figura intera sopra un piano rialzato. Volge lo sguardo verso l'alto alla sua destra e con entrambe le mani regge un libro dov'è scritto 'TENUISTI MANUM DEXTERAM MEAM ET IN VOLUNTATE TUA DEDUXISTI ME ET CUM GLORIA SUSCEPISTI ME PSALMUS LXXII'. Alla sua sinistra è l'Angelo Custode in sembianze di fanciullo. Alla sua destra in basso è posta una cesta con dei pani, dietro di esso vi è un alto basamento con uno stemma e su di esso una colonna che si perde tra le nubi dalle quali si affacciano due angeli

  • OGGETTO dipinto
  • ATTRIBUZIONI Barbieri Giovanni Francesco Detto Guercino Scuola: pittore
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Sabauda
  • LOCALIZZAZIONE Palazzo Reale, Manica Nuova
  • INDIRIZZO Via XX Settembre, 86, Torino (TO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il dipinto é menzionato nel Libro dei Conti al 1656; il 12 gennaio di quell'anno infatti il padre olivetano Buonavoglia di San Michele in Bosco versò al Guercino l'acconto di 45 ducatoni per 'un quadro da farli di S. Fran.ca Romana, con Langelo' su un totale pattuito di 150 ducatoni (Ghelfi 1997). La commissione del quadro era dell'abate olivetano Pietro Marcellino Orafi il quale ne volle far dono nel 1657 a Madama Reale, personaggio che aveva già conosciuto nei tre mesi di prmanenza a Torino ed a cui aveva peraltro dedicato un panegirico in onore delle sue azioni eroiche, pubblicato a Genova nel 1655. All'invio dell'opera l'abate aggiunse una lettera d'accompagnamento datata 5 febbraio 1657, dove palesava il suo desiderio di veder collocato il quadro nell'aula dell'erigendo convento olivetano voluto da Cristina di Francia (Salerno 1988). La pala tuttavia non giunse mai al monastero olivetano poiché, molto apprezzata a corte, venne collocata nella Galleria Grande di Palazzo Ducale Vecchio dove risulta dall'inventario del 1682. Durante il riassetto della Galleria reale il dipinto fu menzionato tra quelli da 'adeguare' per essere esposti nella quadreria, pertanto nel 1665 venne privato della centina dal pittore Garolla (Di Macco 1989). È priva di fondamento la notizia ricordata dal Callery per la quale l'opera sarebbe stata commissionata da Carlo Emanuele II ed eseguita dal Guercino presso la Corte sabauda; rimane invece da approfondire l'accenno che l'erudito francese fa alla famiglia Ponzani, alla quale andrebbe riferito lo stemma di famiglia dipinto sulla base della colonna. Secondo il Voss l'impaginazione del dipinto sarebbe da mettere in relazione all'impianto della tela di medesimo soggetto realizzata dal Barbieri per la chiesa di S. Maria in Organo in Verona nel 1636; quest'ultima sarebbe pertanto il prototipo della pala torinese (Voss 1922). Nel Catalogo del 1971 Noemi Gabrielli ha aggiunto che nell'ideare la tela il Guercino si è certamente ispirato al dipinto di analogo soggetto eseguito dal Tiarini per la chiesa di san Michele in Bosco a Bologna, intorno il 1614 (Gabrielli 1971). Nella scheda dell'opera redatta dal Salerno, oltre la relazione con la tela di Verona, lo studioso indica una copia del dipinto presente nell'Abbazia di San Pietro a Villanova San Bonifacio sempre nel veronese. Ulteriori considerazioni sono state successivamente aggiunte da Michela Di Macco che ripercorrendo la storia del dipinto dalla sua esecuzione sino al ridimensionamento del 1665 e la conseguente collocazione nella quadreria di Palazzo Ducale Vecchio, ricorda anche che l'abate Orafi, nella sua lettera a Cristina di Francia, presentò entusiasta il dipinto precisando che era stato lodato dai pittori più noti a Roma come Pietro da Cortona e Andrea Sacchi (Di Macco 1989). A seguito delle spoliazioni napoleoniche in Piemonte la tela fu trasferita in Francia; insieme all'altro dipinto del Guercino ora in Sabauda raffigurante 'Il ritorno del figliol prodigo' e ad altri quadri provenienti da Palazzo Reale; la 'Santa Francesca romana' era stata trascritta infatti nell'elenco delle opere che entrarono a far parte della collezione del generale Jourdan, redatto il 16 marzo 1801. Grazie all'intervento dell'avvocato Ludovico Costa presso il maresciallo Jourdan il dipinto poté rientrare in Piemonte il 30 aprile 1816, insieme ad altre 39 opere. Il dipinto fu sottoposto in Francia ad un restauro preventivo promosso dal Costa il quale, anche in considerazione dello stato conservativo, temeva per il trasporto. Delle operazioni di restauro, eseguite dal pittore Dufrenne, si possiede ancora la documentazione di pagamento (Di Macco/ Failla 2005). Il dipinto torinese è informato da un linguaggio cadenzato che rende la composizione, austera e devota voluta appositamente per l'originaria destinazione ecclesiastica; divenne pertanto un modello della pittura religiosa in Piemonte dei decenni successivi. La scelta dei reggenti di trattenere il dipinto a Palazzo Ducale per abbellirne gli spazi è indicativa dei gusti di Madama reale circa il genere di pittura devozionale che più confaceva al suo ruolo; tale scelta palesa al contempo anche gli indirizzi di cui Cristina di Francia si faceva portatrice in tale campo, nella particolare congiuntura socio politica degli anni della sua reggenza
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100350830
  • NUMERO D'INVENTARIO 134
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
  • DATA DI COMPILAZIONE 2012
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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