adorazione del Bambino con san Girolamo e san Francesco

dipinto, ca 1524 - ante 1527

Cornice dorata con intaglio a giorno. Telaio a incastro angolare a 90° con taglio orizzontale e bordatura perimetrale

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tela/ pittura a olio
  • MISURE Altezza: 94 cm
    Larghezza: 140 cm
  • ATTRIBUZIONI Savoldo Giovanni Gerolamo (1480-1485/ Post 1548)
  • ALTRE ATTRIBUZIONI De' Sacchis Antonio Detto Il Pordenone
    Tiziano Vecellio
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Sabauda
  • LOCALIZZAZIONE Manica Nuova
  • INDIRIZZO via XX Settembre, 86, Torino (TO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il dipinto proviene dalle collezioni di Carlo Felice. É per certo riconoscibile tra le voci di una coppia d’inventari redatti in occasione del progetto di riordinamento della quadreria reale nel 1822, sebbene l’anonimo estensore lo citi incongruamente sotto l’aspetto iconografico - cioè come “la Vergine che scopre il Bambino Gesù che sveglio, alza le mani, San Giuseppe sta a contemplare i movimenti del Bimbo unitamente a San Francesco” - e con l’erronea attribuzione al Pordenone (Levi Momigliano, 1982; Tardito, 1985). Pare pertanto oggi del tutto superata la tesi che sosteneva la provenienza del dipinto dal Palazzo Durazzo di Genova, a seguito dell’acquisto da parte del re sabaudo dell’immobile con gli annessi arredi e le collezioni artistiche nel 1824 (cfr. Tardito, 1985 e Leoncini, 2004 con bibliografia precedente) e dalle quali invece proviene sicuramente l’Adorazione dei Pastori di Savoldo (inv. 457), con tutta probabilità acquisita a Venezia da Girolamo Ignazio Durazzo (1676-1745) (Leoncini, 2004 ma anche Astrua, 2004). Gli inventari della Reale Galleria (1851; 1853; 1866), il Benna (1857) e il Callery (1859) lo citano ancora come opera del Pordenone. La corretta attribuzione a Giovanni Gerolamo Savoldo fu conferita per la prima volta da Mündler nella sua edizione del Cicerone di Jacob Burckhardt (1869), sostenuta da Jacobsen (1897), che nella posa del Bambino con la gamba sollevata riscontrava una reminescenza dell’Adorazione della Pinacoteca Tosio Martinengo e la associava alla sua produzione più matura, e confermata dalla critica successiva a partire da Cavalcaselle (1912). Roberto Longhi (1917) rilevava nello scorcio delle mani di san Francesco il primo pensiero di quelle del San Paolo del Kunsthistorisches Museum di Vienna e Adolfo Venturi (1928) riconosceva alla stessa figura una solennità degna delle opere di Francisco de Zurbaran. Alessandro Ballarin (1966/2006) sottolineava l’influenza ricevuta dal soggiorno veneziano di Lorenzo Lotto tra il 1526 e il 1529 e cronologicamente lo inseriva tra le opere “più mature e originali (…) lucide ed obbiettive, laiche e moderne”, preludio al primo Caravaggio e all’arte olandese del Seicento. Più contraddittorie le opinioni riguardo alla datazione del dipinto, orientata verso il 1512-1516 per Gilbert (1955; 1986) sulla base del confronto con la successiva Adorazione di Hampton Court - a sua volta storicamente attribuita al De’ Sacchis - che non travalica il 1527 e sviluppa l’invenzione iconografica del dipinto torinese sostituendo alla figura di San Girolamo il ritratto di un anonimo donatore nell’atto di scoprire il Bambino. Più a ridosso dell’Adorazione inglese e tra le opere mature lo collocava invece Boschetto (1963), ritenendolo sicuramente posteriore alla pala di Brera commissionata a Pesaro nell’ottobre del 1526, da cui sarebbero riprese tanto la figura della Vergine che dell’anziano Padre della Chiesa. La Stradiotti (1990) propende invece per i primi anni venti, vale a dire per un periodo che anticipa l’apertura degli sfondi su ambientazioni via via più vaste. La studiosa rilevava infatti nella figura di San Gerolamo la vicinanza con il realismo lombardo del Foppa bresciano e di Agostino da Lodi, individuava consonanze con la pala di Treviso nei tratti fisiognomici della Madonna ingentilita dalle dolci ombreggiature della tradizione giorgionesco-belliniana e sottolineava certe suggestioni leonardesche nelle lontananze azzurrognole del paesaggio, ove a suo giudizio si colgono precisi rimandi a quelli di Andrea Solario. Panazza (1990) lo conferma a una data contestuale al 1527 e Frangi (1992) lo ancora inizialmente al 1525 circa per le indubbie consonanze con la Pala di Brera, sospingendolo poi sino alla fine della decade per confronto con l’impaginazione a mezze figure dell’Adorazione di Hampton Court e della National Gallery di Washington, la quale si scosta però dal gruppo per l’ambientazione notturna e il realistico effetto di luce interna (Frangi, 1999)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100350735
  • NUMERO D'INVENTARIO 453
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Musei Reali-Galleria Sabauda
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
  • DATA DI COMPILAZIONE 2012
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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