motivo decorativo fitomorfo

decorazione pittorica, 1500 - 1510

I sottarchi del chiostro sono decorati con due motivi che si susseguono su arcate alterne: il primo è costituito da un decoro vegetale di tralci e fiori campiti in nero, grigio e color mattone cotto su di un fondo giallo-arancio chiaro; il secondo consta di una successione di finti cassettoni (con piccole pastiglie angolari) in giallo-arancio chiaro, bianco, grigio e color mattone cotto, su cui è campita una grossa rosetta monocroma dai bordi frastagliati. Chiaramente visibili sono le tracce, graffite, del motivo geometrico dei cassettoni, delle circonferenze in cui sono inscritte le rosette e della linea longitudinale mediana dei sottarchi. Sul fronte del chiostro corre un fregio in terracotta che segue l'andamento delle arcatelle a tutto sesto; la parte di intonaco compresa tra questa e lo spigolo delle arcate stesse è ornata con lunghe fasce curvilinee campite in giallo arancio chiaro, separate alla sommità da una pastiglia grigia. In alto, tra due cornicioni in cotto parallelo, a membrature degradanti, corre un fregio dipinto in giallo su nero con eleganti motivi ornamentali: girali d'acanto e grandi vasi di foggia classica. Continua al campo 'OSSERVAZIONI'

  • OGGETTO decorazione pittorica
  • MATERIA E TECNICA intonaco/ pittura a fresco
  • AMBITO CULTURALE Ambito Lombardo-piemontese
  • LOCALIZZAZIONE Vercelli (VC)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE L'originario chiostrino duecentesco adiacente alla chiesa, circondato dagli edifici monastici, appare oggi notevolmente modificato dall'intervento intrapreso nel corso del XVI secolo. La "Serie Abbatum" ascrive la paternità di queste modifiche all'abate Gaspare Pettenati che guidò l'abbazia vercellese dal 1511 al 1514, dal 1519 al 1521 e infine nel 1523 (Biblioteca del Capitolo Eusebiano di Vercelli). In rapporti personali con il Vescovo di Vercelli, Giuliano della Rovere (poi papa Giulio II), da cui fu inviato in missione presso i Vittorini di Parigi nel 1502-1503, il Pettenati fu più volte eletto Visitatore dei Lateranensi e, nel 1514, con rescritto papale Conservatore dei beni del Capitolo di S. Eusebio a Vercelli (M. Capellino, "Il coro di S. Andrea", Vercelli 1984). La "Series", che ascrive al primo triennio del suo governo i lavori promossi all'interno della chiesa, precisa che fu tra il 1519 e il 1521 che egli "claustrum maius aptavit et ad formam pristinam reduxit" ("Series Abbatum"). Questa indicazione cronologica trova conferma nella presenza dell'iscrizione funeraria visibile sulla parete sud, che recava la data 1517, unica preservata allorchè l'abate "sostituì all'antica falda di tetto a un solo spiovente le odierne volte, e per sostenere gli archi fu obbligato ad allineare a filo degli speroni dlla chiesa dei muri di sostegno" (G. C. Faccio, "Catalogo del Museo Lapidario Bruzza di Vercelli", Vercelli 1924). Nel valutare la portata dei lavori cinquecenteschi Carlo Emanuele Arborio Mella ritenne di dover ascrivere al Pettenati l'ampiamento e la ricostruzione dell'antico chiostro del monastero ("Cenni storici sulla Chiesa ed Abbazia di S. Andrea in Vercelli", Torino 1856), opinione parzialemnte corretta dal Pareto ("Memorie originali. Chiesa di S. Andrea in Vercelli", in "Giornale dell'Ingegnere, Architetto ed Agronomo", n° X, 1862), quindi definitivamente da Federico Mella (F. Mella, "L'abbazia di S. Andrea di Vercelli", Vercelli 1907), che limitò l'intervento dell'abate all'adattamento del chiostro "alle esigenze della modernità de tempi suoi" con la costruzione delle volte e delle cornici in cotto, ripreso in questo anche dalla critica più recente (G. C. Faccio, op. cit.; A. Brizio, "Catalogo delle cose d'arte in Vercelli", Roma 1935; P. Verzone, "L'abbazia di S. Andrea sacrario dell'eroismo vercellese", Vercelli, s.d. ma 1939; U. Chierici, "L'abbazia di S. Andrea in Vercelli", Vercelli 1968). Modifiche dovettero a quest'epoca essere apportate anche agli edifici monastici, ne è evidente testimonianza il raffinato finestrone cinquecentesco che si apre sul lato Est, al di sopra dello spiovente del tetto (G. C. Faccio, op. cit.), agli accessi aperti sul chiostro e ai collegamenti tra il chiostro e la chiesa. Furono in quell'occasione, con singolare rispetto della struttura originaria duecentesca del complesso, risparmiate le colonnine antiche del porticato, reimpiegate a sostegno delle nuove volte. Nel medesimo piano di ampliamento dovette rientrare la costruzione di un nuovo chiostrino in cotto "situato a circa 20 metri a levante dei principali edifici del cenobio" (E. Arborio Mella, "Opere edilizie in Vercelli", in "L'arte in Italia", n° VIII, agosto 1875) demolito nel 1873 in occasione dei lavori di spianamento dell'area circostante l'abbazia. Ce ne ha preservato il ricordo e la fisionomia un disegno di Edoardo Mella (I.B.A.V., n° 868), realizzato nei tempi immediatamente precedenti la demolizione che lo raffigura quale doveva apparire allora, pesantemente danneggiato dagli eventi bellici di primo Seicento (come viene precisato nella didascalia che accompagna il disegno stesso, pubblicato da Pastè-Mella). Mella riteneva che la costruzione del chiostro fosse da ascrivere ai tempi dell'abate del Verme o, ancora meglio, alla fase dei "riattamenti dell'Abbazia impressi dal duca Ludovico di SAvoia circa il 1455 al 1460" (I.B.A.V., n° 868). Fu Federico Mella, nel 1907, a suggerire una cronologia coincidente con l'intervento promosso dall'abate Pettenati, opinione poi ripresa dalla Brizio (R. Pastè-F. Mella, op. cit.; A. Brizio, "Catalogo delle cose d'arte in Vercelli", Roma 1935). Quanto al chiostrino oggetto di questa scheda, la sobria classicità delle sue linee architettoniche trova riscontro nelle esperienze bramantesche maturate in ambito lombardo sullo scorcio del Quattrocento (penso in particolare al progetto per il chiostrino dorico del S. Ambrogio a Milano). Allo stesso clima di raffinata classicità va peraltro connesso il disegno del porticato oggi scomparso articolato su due piani con pilastri, lesene, arcate (con una corrispondenza di uno a due fra le arcate del piano inferiore e quelle del piano superiore) e un fregio dipinto delimitato da cornici a mambrature degradanti a scandire i due ordini; di nuovo i riscontri più immediati conducono in ambito bramantesco, in un momento prossimo alle prime esperienze romane dell'architetto urbinate. Continua al campo 'OSERVAZIONI'
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Ente religioso cattolico
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100034282-0
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Biella, Novara, Verbano-Cusio-Ossola e Vercelli
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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