Costume di Gepin (di carnevale, bene complesso/ parte componente)

ante 1909/07/00 - 0000

Gilè a doppio petto, realizzato in panno di lana color rosso aranciato. Nella parte anteriore sono presenti due tasche con fodera in cotone a righe policrome, quattro file doppie di bottoni, più altri due che fermano la parte inferiore del colletto. La parte posteriore del gilè è in saia di cotone grigia a righe bianche. In vita sul retro c’è un cinturino dello stesso tessuto, fermato da una piccola fibbia metallica. Sempre sul retro, in fondo, ha una forma a due punte sagomate. I bottoni sono in metallo dorato probabilmente in ottone bombati con zigrinature che movimentano la superficie. La fodera interna nella parte anteriore è in saia di cotone a righe grigie e bianche

  • OGGETTO costume di gepin di carnevale
  • MATERIA E TECNICA fibra animale/ lana
    fibra vegetale/ cotone
    cucitura a macchina
    tessitura a telaio industriale
  • MISURE Larghezza: 37.5 cm
  • CLASSIFICAZIONE RITUALITÀ/ ABITI MAGICO-RITUALI-CERIMONIALI
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Museo delle Civiltà - Museo delle Arti e Tradizioni Popolari
  • LOCALIZZAZIONE Palazzo delle Tradizioni Popolari
  • INDIRIZZO Piazza Guglielmo Marconi, 8/10, Roma (RM)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE ll costume di Gepin fa parte della raccolta di maschere della commedia dell’arte curata da Alessandro Roccavilla su incarico di Lamberto Loria, per l’Esposizione Internazionale di Roma del 1911. Il personaggio del Gepin rappresenta un vecchio montanaro cui si accompagna, nel corso del carnevale Biellese, la Vecia, sua moglie. La loro comparsa in città segna l’avvio dei festeggiamenti, caratterizzando il tempo festivo fino al suo termine (PARALAVORIO 1979). Nel luglio del 1909 Roccavilla, avvia la raccolta sistematica di maschere popolari proprio a partire dal Gepin e dalla Vecia, originarie di Camadona (FNTI: ICDe_Bibl_0002) e attraverso alcune lettere ne comunica l’acquisto. (FNTI: ICDe_AS_CarteggioLR_b). Il Gepin viene descritto nelle caratteristiche principali: il vestito di panno grossolano, color mattone; le scarpe speciali (#scafarotti#) e il canestro (#cavágn#), (SCHEUERMEIER 1980), questi ultimi non più utilizzati e fatti realizzare dallo stesso Roccavilla secondo le forme tradizionali del passato. L’invio della maschera per la Mostra del 1911 viene corredato da un’incisione e persino da una fotografia scattata dallo stesso Roccavilla, che ritrae un gruppo di sei Gepin, con il fine di offrire indicazioni utili all’allestimento dei manichini (FNTI: ICDe_AS_CarteggioLR_b). Anche attraverso l’osservazione diretta, Roccavilla ha modo di raccogliere numerose informazioni circa il carattere e i comportamenti della maschera. Il Gepin ci viene descritto come un personaggio montanino dal temperamento tenace, dall’ingegno sottile, rappresentazione di chi conosce bene la fatica del lavoro. Ha le fattezze di un vecchietto vegeto e robusto, “sulle cui labbra scoppiano motti arguti e pungenti” rivolti al malcapitato “ricco poltrone” che incontra in città. Era solito porgere una castagna bianca disseccata (#’na grella#) o un pizzico di tabacco ai suoi interlocutori ai quali dispensava proverbi nel dialetto biellese della montagna. Nei giorni del carnevale scende dai declivi montuosi insieme all’inseparabile compagna, la Vecia, descritta come una vecchia pettegola curiosa e molto furba. (BIBR: ROCCAVILLA 1911). La maschera del Gepin viene esposta nel 1911 nel Palazzo delle Maschere e dei costumi all’interno del gruppo V dedicato, secondo le intenzioni di Loria, alle “maschere del carnevale e a quei personaggi tipici propri di determinati luoghi d’Italia, che compendiavano i caratteri delle popolazioni o le particolarità e i difetti di una data classe sociale” (BIBR: CATALOGO MOSTRA 1911). Riferimenti al personaggio del Gepin ricorrono anche all’interno di rappresentazioni teatrali di carattere ironico e satirico, sempre connesse al tempo del carnevale. Risale al 1926 la prima testimonianza del “processo del Babi”, spettacolo teatrale, in cui viene messo in scena un vero e proprio tribunale. Tra giudici, avvocati e testimoni, il Gepin accusatore si oppone al personaggio del Babi, rospo originario delle zone paludose della bassa vercellese, spacciatosi per l’uccello più bello di Biella alla presenza della Vecia, conosciuta anche con il nome di Catlin-a. La condanna e la morte sul rogo del Babi coincide con la fine dei festeggiamenti carnevaleschi . La figura del Gepin esprime così il senso di un’eredità culturale che segna il legame della comunità biellese con il proprio territorio di montagna e al tempo stesso ne sottolinea lo storico confronto-scontro con la comunità della pianura vercellese
  • TIPOLOGIA SCHEDA Beni demoetnoantropologici materiali
  • FUNZIONE E MODALITÀ D'USO mascheramento carnevalesco
  • CRONOLOGIA D'USO XX inizio
  • LUOGO DI RILEVAMENTO Biella (BI) - Piemonte , ITALIA
  • AUTORE DELLA FOTOGRAFIA Magnani, Fabrizio
    Fabrizio Magnani
    Naccari, Fabio
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1201254201-4
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale
  • ENTE SCHEDATORE Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale
  • DATA DI COMPILAZIONE 2017
  • DOCUMENTAZIONE ALLEGATA Catalogo (1)
    Catalogo (2)
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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