Costume di Gepin (di carnevale, bene complesso/ parte componente)
Cappotto a doppio petto, realizzato in panno di lana rossa. Ha un taglio molto accurato e sagomato a forma di rombo sulle spalle che rende l’indumento molto aderente al corpo. Sulla parte anteriore, in basso, l’indumento lascia a vista la parte centrale dei pantaloni. Il cappotto presenta tre file di doppi bottoni, due finte tasche suggerite da due pattine e un grande collo doppio. È interamente orlato da un bordo di cotone con trame verdi e orditi gialli, assumendo così un effetto cangiante. Anche le finte tasche sono orlate dal medesimo bordo. La parte posteriore presenta un’apertura centrale e due pieghe laterali a questa che terminano in un bottone ciascuna. I bottoni sono in metallo dorato probabilmente in ottone bombati con zigrinature che movimentano la superficie. La fodera è di due tipi, la parte superiore è in tela di cotone a righe grigie e bianche, quella inferiore in tela di cotone rossa
- OGGETTO costume di gepin di carnevale
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MATERIA E TECNICA
fibra animale/ lana
cucitura a macchina
tessitura a telaio industriale
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MISURE
Larghezza: 39 cm
: 96 cm
: 65 cm
: 23 cm
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CLASSIFICAZIONE
RITUALITÀ/ ABITI MAGICO-RITUALI-CERIMONIALI
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Museo delle Civiltà - Museo delle Arti e Tradizioni Popolari
- LOCALIZZAZIONE Palazzo delle Tradizioni Popolari
- INDIRIZZO Piazza Guglielmo Marconi, 8/10, Roma (RM)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE ll costume di Gepin fa parte della raccolta di maschere della commedia dell’arte curata da Alessandro Roccavilla su incarico di Lamberto Loria, per l’Esposizione Internazionale di Roma del 1911. Il personaggio del Gepin rappresenta un vecchio montanaro cui si accompagna, nel corso del carnevale Biellese, la Vecia, sua moglie. La loro comparsa in città segna l’avvio dei festeggiamenti, caratterizzando il tempo festivo fino al suo termine (PARALAVORIO 1979). Nel luglio del 1909 Roccavilla, avvia la raccolta sistematica di maschere popolari proprio a partire dal Gepin e dalla Vecia, originarie di Camadona (FNTI: ICDe_Bibl_0002) e attraverso alcune lettere ne comunica l’acquisto. (FNTI: ICDe_AS_CarteggioLR_b). Il Gepin viene descritto nelle caratteristiche principali: il vestito di panno grossolano, color mattone; le scarpe speciali (#scafarotti#) e il canestro (#cavágn#), (SCHEUERMEIER 1980), questi ultimi non più utilizzati e fatti realizzare dallo stesso Roccavilla secondo le forme tradizionali del passato. L’invio della maschera per la Mostra del 1911 viene corredato da un’incisione e persino da una fotografia scattata dallo stesso Roccavilla, che ritrae un gruppo di sei Gepin, con il fine di offrire indicazioni utili all’allestimento dei manichini (FNTI: ICDe_AS_CarteggioLR_b). Anche attraverso l’osservazione diretta, Roccavilla ha modo di raccogliere numerose informazioni circa il carattere e i comportamenti della maschera. Il Gepin ci viene descritto come un personaggio montanino dal temperamento tenace, dall’ingegno sottile, rappresentazione di chi conosce bene la fatica del lavoro. Ha le fattezze di un vecchietto vegeto e robusto, “sulle cui labbra scoppiano motti arguti e pungenti” rivolti al malcapitato “ricco poltrone” che incontra in città. Era solito porgere una castagna bianca disseccata (#’na grella#) o un pizzico di tabacco ai suoi interlocutori ai quali dispensava proverbi nel dialetto biellese della montagna. Nei giorni del carnevale scende dai declivi montuosi insieme all’inseparabile compagna, la Vecia, descritta come una vecchia pettegola curiosa e molto furba. (BIBR: ROCCAVILLA 1911). La maschera del Gepin viene esposta nel 1911 nel Palazzo delle Maschere e dei costumi all’interno del gruppo V dedicato, secondo le intenzioni di Loria, alle “maschere del carnevale e a quei personaggi tipici propri di determinati luoghi d’Italia, che compendiavano i caratteri delle popolazioni o le particolarità e i difetti di una data classe sociale” (BIBR: CATALOGO MOSTRA 1911). Riferimenti al personaggio del Gepin ricorrono anche all’interno di rappresentazioni teatrali di carattere ironico e satirico, sempre connesse al tempo del carnevale. Risale al 1926 la prima testimonianza del “processo del Babi”, spettacolo teatrale, in cui viene messo in scena un vero e proprio tribunale. Tra giudici, avvocati e testimoni, il Gepin accusatore si oppone al personaggio del Babi, rospo originario delle zone paludose della bassa vercellese, spacciatosi per l’uccello più bello di Biella alla presenza della Vecia, conosciuta anche con il nome di Catlin-a. La condanna e la morte sul rogo del Babi coincide con la fine dei festeggiamenti carnevaleschi . La figura del Gepin esprime così il senso di un’eredità culturale che segna il legame della comunità biellese con il proprio territorio di montagna e al tempo stesso ne sottolinea lo storico confronto-scontro con la comunità della pianura vercellese
- TIPOLOGIA SCHEDA Beni demoetnoantropologici materiali
- FUNZIONE E MODALITÀ D'USO mascheramento carnevalesco
- CRONOLOGIA D'USO XX inizio
- LUOGO DI RILEVAMENTO Biella (BI) - Piemonte , ITALIA
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AUTORE DELLA FOTOGRAFIA
Naccari, Fabio
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Stato
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1201254201-3
- ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale
- ENTE SCHEDATORE Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale
- DATA DI COMPILAZIONE 2017
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DOCUMENTAZIONE ALLEGATA
Catalogo (1)
Catalogo (2)
Catalogo (3)
- LICENZA METADATI CC-BY 4.0