Necropoli punica di Sant'Antioco (area ad uso funerario necropoli)

Sant'Antioco, ca fine VI a.C - ca VI d.C

La necropoli si estende lungo il versante orientale del colle di Is Pirixeddus, inserita tra l’altura del Castello e il centro abitato, tuttavia il suo sviluppo complessivo è ben più vasto poiché si estende sui restanti versanti collinari, tagliati dalle attuali abitazioni e dalla rete stradale, ramificandosi sotto la piazza della cattedrale. L’estensione originaria dell’area funeraria era infatti di oltre sei ettari. L’impianto della necropoli inizia in età punica alla fine del VI sec. a. C. e il suo utilizzo prosegue fino al III sec. d. C. con sporadiche attestazioni di periodo romano repubblicano (II-I sec. a.C.) e una più consistente ripresa, solo in limitati settori, in età tardo antica e paleocristiana (III-VI sec. d.C.). La necropoli è costituita prevalentemente da tombe scavate nel banco di tufo e disposte su livelli differenti. Il tipo più semplice è rappresentato da una fossa rettangolare scavata nel tufo (profondità inferiore a un metro) con due nicchie ricavate sul pavimento destinate ad accogliere il defunto e il relativo corredo funerario. La seconda tipologia, più numerosa e a carattere monumentale, è costituita da tombe a camera sotterranea con corridoio d’accesso, formato da una serie di gradini, e un disimpegno aperto sulla camera sepolcrale. Il corridoio, che partiva dal piano di campagna, raggiunge nella maggior parte dei casi una lunghezza di m 5 mentre la larghezza aumenta in corrispondenza del portello di accesso alla camera. Tale portello dopo la deposizione del defunto veniva chiuso dall’esterno con una lastra litica e sigillato con pietrame, mattoni o argilla fluida. Le camere funerarie presentano una pianta quadrangolare, solo in alcuni casi appena rettangolare, unica (nelle le tombe più antiche comprese tra il 500 e il 400 sec. a.C.) o scompartita da un pilastro centrale, risparmiato nel tufo, che sostiene il soffitto (nelle tombe comprese tra il 450 e il 250 a.C.). In due tombe sulla testata del pilastro sono state rinvenute, scolpite ad altorilievo, le figure di due personaggi maschili, di tipo egittizzante, caratterizzati da barba, corto gonnellino e capo coperto da fazzoletto (klaft). Entrambe le figure, rappresentate stanti e interpretate come il dio Baal Addir signore dei defunti, hanno il braccio sinistro disteso lungo il corpo e quello destro flesso che con la mano regge un rotolo; i dettagli sono invece sottolineati da pittura rossa (fazzoletto e gonnellino) e nera (barba). In alcuni casi le camere sono arricchite da vani laterali e presentano lungo le pareti nicchie rettangolari per la deposizione di alcuni oggetti del corredo funebre. Sono attestati anche esempi di decorazioni parietali in ocra rossa, costituite da semplici bande o, in misura minore, da motivi geometrici. Le tombe, interpretabili come veri e propri mausolei, erano destinate a ospitare più inumati (si fa infatti riferimento a gruppi familiari), fino a trenta deposizioni sistemate entro feretri o letti lignei. Tra le 40 tombe scavate i corredi funerari hanno restituito numerosi oggetti sia di tipo personale, quali gioielli in oro e argento, pietre dure e pasta vitrea, amuleti e scarabei, sia d’accompagno, quale vasellame atto a garantire la sopravvivenza nell’aldilà, sia funzionale allo svolgimento del rituale funerario, quali contenitori fittili per oli e unguenti. La fase di utilizzo della necropoli in età romana è testimoniata da varie tipologie di tombe sia a incinerazione che a inumazione. Si tratta di deposizioni di cremati entro urne fittili, litiche o in piombo che riutilizzano alcune delle camere sotterranee, o di inumazioni entro fossa terragna sistemate nei corridoi di accesso alle camere. Le restanti tipologie tombali, alla cappuccina o entro anfora, occupano gli spazi liberi o quelli di risulta tra le precedenti sepolture puniche. Gli oggetti di corredo ci testimoniano una forte componente africana della cultura materiale esemplificata dalla presenza di lucerne, vasellame in sigillata chiara e anfore di produzione nord africana. Nella prima età cristiana alcune camere ipogee vennero trasformate in catacombe con l’apertura sulle pareti di loculi rettangolari o di arcosoli monosomi o bisomi, tra cui uno interamente decorato con pitture parietali

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