Villa romana di Bocca di Magra (villa)

Ameglia, ca I sec. a.C - ca IV sec. d.C

Resti di villa di età romana imperiale (vincolo diretto) e terreni circostanti che fanno parte dell'ambiente archeologico del compendio (vincolo indiretto). Lungo il pendio del Caprione, sulla riva destra del Magra dove il fiume si confonde con il mare, sono conservati i resti di una villa marittima che si affacciava sull’antico portus Lunae, godendo dell’amenità del luogo. I poeti latini Stazio e Persio cantano il loro amore e la loro nostalgia per questi luoghi della costa ligure, lontani dal clamore e dalla folla, adagiati nella mitezza degli inverni, immersi nell’ombrosità della macchia mediterranea e riscaldati dalla vasta solarità marina. Numerose le dimore signorili diffuse lungo le coste della penisola e che caratterizzano il litorale tirrenico. La villa si sviluppa come un complesso architettonicamente mosso, con ambienti disposti su terrazze digradanti verso il mare, che si adeguano variamente alla natura rocciosa del pendio e della sottostante scogliera, oggi interrata. Le fasi edilizie si collocano in un arco cronologicamente esteso che, a partire dalla metà del I secolo a.C., arriva fino al IV secolo d.C. Il nucleo meglio conservato è relativo a un impianto termale dislocato nell’ala orientale della villa collegato con altri vani di incerta identificazione, soprattutto per quelli posti sulla terrazza superiore. Sono riconoscibili diverse ristrutturazioni degli ambienti, testimoniate da ingressi murati, sovrapposizioni pavimentali e strutture murarie eseguite con materiali e tecniche costruttive differenti. Le murature più antiche sono realizzate in pietra scistosa, posta in opera a corsi più o meno regolari, mentre i rifacimenti più tardi sono attestati dall’uso di una tecnica muraria che impiega materiale di recupero, frammenti laterizi e marmorei, legato da una malta povera di calce. Nel nucleo sottostante la terrazza superiore si riconoscono due ambienti quadrangolari, con ingressi simmetrici aperti su un porticato, che si affaccia sul mare. Nella terrazza mediana si riconoscono tre sale contigue delle quali una absidata, è pavimentata in cocciopesto, forse adibita a uso termale. I mattoni con bollo circolare di C. Iulius Antimachus, impiegati per la posa in opera del pavimento sospeso del caldarium, sala per il bagno caldo, datano la costruzione della vasca o il suo restauro, alla fine del I secolo d.C., sotto il regno dell’imperatore Domiziano. Un corridoio collega gli ambienti della terrazza mediana con quella superiore e con una grande vasca rettangolare, forse una piscina per la natatio, o una cisterna per la conserva dell’acqua. Dell’impianto termale risulta oggi ben leggibile il solo caldarium del quale si riconosce il sistema di riscaldamento. Un forno a legna (hypocausis), posto al disotto del pavimento della vasca (alveus) poggiante su pilastrini di mattoni (pilae) e alimentato attraverso un condotto (praefurnium) agibile dal pianerottolo della scala di servizio, consentiva il passaggio in questa intercapedine dell’aria calda che, cedendo calore al pavimento della vasca, ne riscaldava l’acqua. La stessa aria calda, procedendo lungo le pareti in analoga intercapedine e incanalata in condotti agli angoli della sala, garantiva anche il riscaldamento dell’intero locale. Frammenti di rivestimenti parietali in marmi policromi, di intonaci dipinti, di decorazione architettonica, nonché due capitelli riferibili agli spazi aperti porticati, unitamente alla particolarità strutturale di tutto il complesso, denotano la ricerca del lusso e la raffinatezza di costumi degli antichi proprietari, secondo quei criteri dell’abitare dei ceti abbienti e dell’aristocrazia romana

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