RIPARO DI LORETO (giacimento in cavità naturale frequentazione antropica)

Triora, Eta' del rame

Il riparo è oggi compreso in una cava di pietra da calce e marmo nero situata nell Alta Valle Argentina, in una frazione del paese di Triora, da cui prende il nome. Il sito si trova a circa 650 m slm, alle pendici del Monte Trono, sul versante sinistro del torrente Argentina. La zona fu interessata in antico da un ingente frana, che coprì le pendici più basse del monte. Il riparo è rivolto verso sud, in direzione della valle; i materiali tuttavia sono stati recuperati al di sotto di esso, in giacitura secondaria, nello spazio compreso tra un grande masso (alto circa 8 m, oggi franato) e la parete della montagna. Nel 1962 lo speleologo A. Zucchetto comunicò al dott. Ricci, del Museo di Sanremo, che cospicui ritrovamenti di materiali archeologici avvenivano contestualmente ai lavori in corso nella cava di Loreto. Qualche tempo dopo egli consegnò al dott. Lamboglia un macinello e un pugnale in selce, originariamente lungo circa 20 cm, secondo quanto riportato dagli operai, ma in seguito da costoro spezzato alle estremità. Ceramica, ossa animali, macinelli e un frammento di ascia levigata furono recuperati successivamente durante alcune visite che lo stesso dott. Ricci fece alla cava. Nell estate del 1964 gli operai individuarono alla base di un masso di grandi dimensioni uno stretto passaggio: esso immetteva al di sotto del blocco, in uno spazio di circa 20 mq compreso tra questo e la parete rocciosa; l ambiente era interessato da un cono di detriti infiltratisi da una fessura nel punto di contatto tra il masso stesso ed il fianco della montagna; il reperimento di alcuni oggetti di interesse archeologico, e in special modo un frammento di vaso campaniforme, indussero l allora Ispettore della Soprintendenza alle Antichità della Liguria, prof. N. Lamboglia, ad iniziare uno scavo di emergenza, durato solo dieci giorni per le esigenze della cava e, soprattutto, per la precarietà del macigno (che franò qualche settimana dopo la fine delle indagini). I lavori furono affidati al Gruppo Ricerche della sezione di Sanremo, e ad essi parteciparono, fra gli altri, il dott. Ricci del museo di Sanremo, l'artefice delle prime scoperte geom. Zucchetto, ed il dott. C. Tozzi. Come già accennato, i materiali si trovavano in giacitura secondaria: buona parte di essi è filtrata al di sotto del grande masso attraverso la fessura superiore, e il riparo che si apre subito al di sopra del masso stesso ne costituisce il punto di provenienza più probabile. Altri reperti sono stati raccolti intorno al luogo menzionato, contestualmente all'attività di cava. In base all analisi tipologica degli oggetti, è possibile inferire che il riparo fu frequentato almeno a partire dal Neolitico Medio: a testimoniarlo restano due frammenti di vasi a fondo convesso, più specificatamente un olla ed un orciolo, rinvenuti presso l'ingresso sotto il masso, posti ad una certa profondità in mezzo ad una spessa lente carboniosa; di difficile datazione sono i numerosi strumenti in osso, quali punteruoli e scortecciatoi, rinvenuti nella stessa area. Collocazione cronologica più precisa, sullo scorcio dell'Eneolitico, si può attribuire ai frammenti di vaso campaniforme, cui si può affiancare il frammento di pugnale in selce. Per quanto riguarda il vaso campaniforme, esso presenta pareti fortemente concave, una bassa carena molto pronunciata, posta a circa un quarto dell'altezza complessiva, ventre leggermente convesso e molto inclinato, fondo concavo. Il vaso è alto 13,30 cm e ha un diametro alla bocca di 14,30 cm (ma l'orlo non è perfettamente regolare); l'impasto, semifine, contiene degrassanti in calcare e quarzo, mentre la superficie è di colore bruno, piuttosto scuro e reca tracce di lucidatura. La decorazione interessa tutto il vaso ed è costituita da 13 bande orizzontali, ciascuna delle quali è delimitata sopra e sotto da una linea continua a tremolo ; tali bande, intervallate da spazi inornati di uguale estensione, sono campite da tratti obliqui paralleli anch essi a tremolo. Il tipo di decorazione, ottenuta con un pettine o con una rotellina fatti scorrere sulla pasta ancora molle del vaso, sembra inserirsi nella seconda fase del Vaso Campaniforme, ovvero il cd. stile Internazionale o Marittimo; tuttavia, l'esasperazione dei tratti caratteristici del profilo a campana, quali la concavità e l'estensione della parte superiore del vaso e il marcato punto di interruzione, sono elementi innovativi, che spostano il reperto in direzione della terza fase, allorché alle connotazioni più tradizionali si affiancano o sovrappongono caratteri originali o mutuati da altre forme e culture. Il pugnale è realizzato in selce di colore colore bianco anche in sezione, visibile nei punti di frattura distale e prossimale: lo stato di alterazione rende difficile l identificazione più puntuale della materia prima, ma sembra probabile che si tratti di selce oligocenica. La lunghezza dello strumento integro raggiungeva i 20 cm; oggi, in seguito alle fratture, resta un frammento misiale lungo 10,20 cm e largo nel punto di massima espansione 2,60 cm; lo spessore raggiunge 1,20 cm. Il supporto presenta un evidente cresta longitudinale, ed è lavorato su entrambi i margini con ritocco diretto semplice profondo. Su una scheggia dello stesso tipo di selce è stato ricavato un raschiatoio molto irregolare, con ritocco laterale piatto. L'accettina in pietra levigata ha dimensioni piuttosto contenute, dato che in larghezza supera di poco i 2 cm ed è lunga circa 4,50 cm: essa presenta un importante frattura longitudinale e abrasioni evidenti sulla base. Il margine conservato, tuttavia, è lievemente convesso, e ciò induce a collocarla in epoca neolitica o a cavallo tra il Neolitico e l'Eneolitico. Sono forse presenti alcuni frammenti attribuibili all età del Bronzo, ma troppo rovinati o generici per una più sicura e precisa attribuzione. I reperti del Riparo di Loreto sono custoditi ed esposti presso il Museo Civico di Sanremo

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