Acquedotto romano (resti) di Aquae Statiellae (acquedotto, infrastruttura idrica)

Acqui Terme, ca inizi I sec - II sec. d.C

L’acquedotto romano di Aquae Statiellae rappresenta il monumento di questo genere meglio conservato in Piemonte ed è una delle più notevoli opere di ingegneria idraulica romana dell’intera Italia settentrionale. Risale alla prima età imperiale (inizio I sec. d.C.). Il suo tracciato è stato ricostruito per circa km. 12 e si sviluppa attraverso il territorio di tre diversi comuni della Provincia di Alessandria: Cartosio, Melazzo e Acqui Terme, con un salto di quota di circa m. 50, ma con pendenza costante. Il bacino di captazione è stato localizzato presso Cartosio (località Lagoscuro), in corrispondenza della prima strettoia di risalita del torrente Erro, dove il corso del torrente rallenta e viene a formarsi un piccolo bacino simile ad un laghetto (cat. F 13;I.G.M.F. Bistagno 81 NE – 32 TMQ53673770). L’acquedotto, prevalentemente in condotto sotterraneo visibile solo nei punti di imbocco, si rintraccia nel greto del torrente Erro, in regione Colombara, alla confluenza del rio San Martino (Cat. F 7 di Cartosio). La struttura, prosegue lungo la sponda orografica destra dell’Erro nel territorio comunale di Melazzo, dove è stato identificato in località Giardini (Cat. 12; I.G.M.F. Bistagno 81 I NE – 32TMQ54354372) e sulla sponda sinistra del rio Caliogna; raggiunge, a mezza costa in una valletta percorsa da un rio tributario del torrente Bormida, il territorio di Acqui Terme in regione Marchiolli, località la Maddalena (cat. F. 33, part. 85; I.G.M.F. Ponzone 82 IV, NO – 32TMQ5666834594, terreno di proprietà privata), fino al greto del torrente Bormida dove sono presenti – e ancora visibili - quindici piloni pertinenti alla porzione di elevato su ponte-canale. Nel punto terminale del condotto sotterraneo, sulla sponda del torrente Erro, un saggio di scavo ha permesso di individuare un secondo condotto che si innesta ortogonalmente al principale, che molto probabilmente riforniva un insediamento rurale individuato nel comune di Melazzo (F. 11 di Melazzo, mapp. 117), già segnalato come necropoli di età romana imperiale alla fine dell’Ottocento: nel corso di ricognizioni effettuate nel 1991 sono stati raccolti molti frammenti ceramici di età tardoromana, laterizi e materiali da costruzione romani. Il condotto sotterraneo dell’acquedotto, a sezione rettangolare, è realizzato in opera cementizia; i piedritti, in blocchetti di arenaria e ciottoli legati da malta biancastra, sono larghi m. 0,40, e sostengono una volta a botte realizzata in conci radiali o lastre di arenaria sovrapposte di piatto o disposte a doppio spiovente. Risulta intonacato o rivestito di cocciopesto al proprio interno. Il fondo del condotto è realizzato in sottili lastre di arenaria disposte di piatto. Esternamente il condotto misura m. 1,60 di altezza e m. 1,20 di larghezza; lo specus m. 1,20 di altezza e m. 0,42 di larghezza. La parte terminale dell’acquedotto, nei pressi della città di Acqui, è costituita da un ponte-canale con orientamento NE/SW, funzionale all’attraversamento del Bormida, su piloni collegati da archi su cui correva il condotto, in parte ancora visibili lungo la riva destra del fiume. In origine i piloni dovevano essere almeno una quarantina per garantire l’attraversamento del Bormida e l’ingresso nella città di Aquae Statiellae. Attualmente rimangono 15 piloni – conservati per due tratti rispettivamente di 7 e 8 piloni - in opera concreta, a base quadrangolare, che rastremano progressivamente verso l’alto mediante una serie di riseghe regolari; essi risultano alti m. 15 ca, con uno zoccolo di fondazione alto m. 2,55. L’interasse tra i piloni è di m. 8,00. I piloni reggono arcate a sesto ribassato (se ne conservano quattro) di m. 7 ca di diametro. Un ulteriore pilone è stato messo in luce in fondazione nel corso di una campagna di scavi nel 1991(regione Marchiolli ad Acqui Terme; Cat. F 34, part. 13; E.G.M.F. Ponzone 82 IV NO 32TMQ57584595): in opera a sacco con abbondante malta e ghiaia, conservato per tre corsi di lastre di arenaria, presenta una forma quadrangolare di m. 2,30 di lato e 0,60 d’altezza. A monte di questo pilone si è messo in luce un tratto, conservato per almeno m. 12, ma che prosegue al di sotto della strada provinciale per Sassello, che va ad inserirsi, mediante condotto sotterraneo, nel pendio a monte e si collega con il tratto sotterraneo già evidenziato in regione Marchiolli località La Maddalena. Il raccordo tra il condotto sotterraneo e l’elevato su piloni doveva essere stato risolto su muratura piena sui piedritti, con un restringimento di ca m. 0,50, lasciando invariate le dimensioni dello specus. In questo ultimo tratto di condotto sotterraneo il fondo del piano di scorrimento è realizzato in ciottoli legati con malta, mentre nel tratto a vista il condotto presenta un fondo in lastre di arenaria, il cui numero dei corsi aumenta progressivamente verso valle. Qui è presente anche un rivestimento in opus signinum posato su uno strato di ghiaia funzionale a regolarizzare la pendenza. In questo tratto la larghezza interna del condotto è maggiore rispetto a quella del condotto sotterraneo (m. 0,58), forse per poter sostenere un maggior apporto di acqua dalla vicina sorgente di Roccasorda

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