San Chirico Nuovo- loc. Pila (strutture per il culto santuario)

San Chirico Nuovo, V a.C.-III a.C

A S. Chirico Nuovo, in loc. Pila, è stato rinvenuto un santuario indigeno, dedicato ad Artemis Bendis, che si articola in due fasi: la prima fase, riferibile alla fine del V-inizi del IV sec. a.C. appare caratterizzata dalla costruzione di un piccolo sacello quadrangolare orientato SO-NE, obliterato per la realizzazione di un ambiente porticato con andamento N-S, all'interno del quale erano numerosi depositi votivi con vasi miniaturistici, thymiatheria plastici, statuette femminili panneggiate, mentre è documentato un solo esempio di statuetta maschile nuda. Nella seconda fase, collocabile nell'ambito del pieno IV sec. a.C., con un abbandono verosimilmente agli inizi del III sec. a.C., viene costruito un vano a pianta rettangolare, coperto da tetto sorretto da pilastri lignei centrali e servito da alcuni canali di scolo per le acque, con vestibolo antistante ipetrale e più a monte del primo, un secondo sacello quadrangolare di ca. 6 m di lato, circondato da un massiccio recinto in lastre sbozzate di calcare. All'interno di questo sacello, che subisce una ristrutturazione a breve distanza di tempo forse a causa del progressivo innalzamento delle acque sorgive, sono stati rinvenuti, oltre a numerosi oggetti votivi in terracotta di tipologie già presenti nel santuario, due elementi (probabili ornamenti) di forma conica in oro, un tesoretto di monete d'argento e soprattutto un piccolo ed eccezionale gruppo in terracotta raffigurante una hierogamia. Nel temenos, al di sotto del crollo, sono emersi statuette femminili, vasi miniaturistici, ceramica a vernice nera, ceramica sovraddipinta, un louterion con volto femminile e un kalathos con complessa decorazione geometrica. Le offerte erano sospese lungo le pareti oppure poggiate su ripiani lignei. Si è inoltre notato che alcuni spazi del vasto santuario erano destinati a contenere solo ed esclusivamente alcuni tipi di ex-voto, per cui un'area ha restituito statuette, un'altra piccole coppe in terracotta, un'altra ancora le cosiddette uova fittili. Tra i reperti in metallo si segnalano uno specchio in bronzo (che conferma la frequentazione femminile del santuario) ed elementi di cinturoni in bronzo e di armi, anche miniaturistiche (punte di lancia) che documentano la partecipazione alle pratiche cultuali da parte di guerrieri e rimandano a forme di religiosità diffuse in ambito italico. Il santuario, frequentato sino alla prima metà del III sec. a.C., era dedicato ad Artemide, vista sia come dea della caccia, sia come colei che salva, che guarisce i malati con l'acqua, che protegge le future spose e - come dimostra la presenza di ceppi in ferro da schiavo -, che libera i servi. Una terracotta di piccole dimensioni raffigurante un bovino richiama l'importanza dell'allevamento quale elemento significativo dell'organizzazione economica delle comunità anelleniche della Basilicata

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