Guardia Perticara- loc. San Vito (area ad uso funerario necropoli)

Guardia Perticara, XIV a.C - V a.C

Il centro moderno di Guardia Perticara sorge su un’acropoli naturale fiancheggiata da versanti scoscesi e profonde incisioni, dominante da oltre 700 mt. di altitudine un ampio tratto del bacino del Sauro e del territorio circostante. Il pianoro sommitale deve essere stato occupato più o meno stabilmente dal bronzo medio (XIV secolo a. C.) ed in particolare nel corso dell’età del ferro. Sulle prime pendici meridionali dell’alta collina si estendono piccoli pianori in pendio, raccordati tra loro, che costituiscono, ieri come oggi, il percorso di accesso più agevole alla sommità dell’acropoli. Tale pendio era solcato in antico da un largo e profondo fosso di erosione colmato prima del IX secolo a. C. da materiali colluviali provenienti dal pianoro soprastante e contenenti ceramiche ad impasto e resti faunistici ascrivibili a momenti diversi dell’età del bronzo. Dal IX secolo a. C. circa il medesimo pendio, compreso l’alveo del fosso ormai colmato, e i piccoli pianori adiacenti sono occupati dalla necropoli enotria inquadrabile in un arco cronologico compreso tra la fine del IX- inizi dell’VIII e la prima metà del V secolo a.C. Le prime sepolture sono state individuate nella parte superiore del pendio durante i lavori di movimento terra per la realizzazione di alloggi popolari realizzati nelle consuete, discutibili ed anonime tipologie ATER, lontane dalla dignitosa, e talora colta, tradizione edilizia del centro storico adiacente. L’immediato fermo dei lavori e l’avvio delle ricerche hanno consentito nel tempo di recuperare una delle più importanti realtà funerarie italiche dell’Italia meridionale. Lo spazio indagato, pari ad un’estensione di circa mq. 3.800, ha rivelato una fittissima densità di sepolture. Le deposizioni sono situate a differenti profondità e in molti casi l’escavazione delle fosse più recenti, come quelle del V secolo a. C., ha determinato il taglio o la distruzione delle sepolture più antiche, di cui si era ormai perso il ricordo. Successivamente, nei pianori adiacenti, lo spostamento di alcuni containers utilizzati all’indomani del sisma del 1980 e i lavori di contenimento di alcune scarpate hanno determinato lo scavo di altri 2.000 mq. di superficie evidenziando un’estensione della necropoli, i cui limiti orientale e meridionale non sono ancora noti. In totale lo scavo della necropoli di contr. San Vito ha consentito il recupero di n. 632 sepolture, in gran parte accompagnate dal relativo corredo funebre. Come in gran parte del bacino interno dell’Agri-Sinni le strutture funebri consistono in fosse scavate nel terreno, in alcuni casi delimitate o coperte da ciottoli o da lastre di puddinga o arenaria locale. Nel corso del primo ferro alcune sepolture sono state ricoperte con tumuli di pietrame e ciottoli o con terreno misto a pietrame. In pochi casi, in età arcaica, come elementi di copertura della fossa sono stati utilizzati frammenti di contenitori di grandi dimensioni (pithoi). In planimetria generale le deposizioni sembrano essere dislocate per nuclei parentelari e familiari, come indicano le sepolture di coppia o quelle infantili deposte in corrispondenza di individui femminili adulti. Le sepolture infantili, anche di bambini molto piccoli ed in genere con corredo di accompagno, sono deposte nei livelli superficiali e rivelano una perfetta integrazione nello spazio degli adulti, secondo quanto attestato nelle restanti necropoli del bacino agrino-sinnico. Il rituale funerario, come nel resto dell’Enotria interna, è quello dell’inumazione supina di influenza tirrenica, mentre i corredi di accompagno evidenziano lo status e il ruolo sociale degli inumati, talora connotati come individui al vertice della gerarchia sociale

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