area ad uso funerario (necropoli)

Montecilfone, Tardo Impero

In località Staffiglione/Casalvecchio, nel comune di Montecilfone (CB), a seguito di una serie di ricognizioni archeologiche di superficie mirate, condotte dalla Soprintendenza Archeologia del Molise, sono state identificate, tre emergenze archeologiche, ascrivibili a tre diverse cronologie. Maggiormente evidenti appaiono i resti di un insediamento, o almeno di una villa, di età romana, come testimoniato da frammenti di dolia, tegole, coppi, laterizi di vario genere, oltre che di ceramica fine da mensa, fra cui numerosi frammenti in siglillata italica. La struttura romana, così ben visibile in superficie, si colloca nella porzione N della particela 122, f. 3 Comune di Montecilfone e nelle particelle 141, 121 e 119. È possibile, inoltre, che gli avanzi di un vecchi fabbricato in disuso, esistenti nella particella 196, passano insistere su strutture di età romana. A questo complesso insediativo è da riferire un probabile piano pavimentale, in schegge lapidee, visibile sulla scarpata prospiciente l'asse stradale della Strada Provinciale Montecilfone Le Guardate, e, molto probabilmente, delle fosse granaie riempite con terra rossa, evidenziate nell'area scavata, nelle particelle 119 e 121. Nell'area oggetto di scavo, oltre a 10 fosse granaie, si rinvengono anche cinque tombe a fossa integre, riferibili, in base agli oggetti di corredo al IV d.C. Lo scavo è stato incentrato in quest'area in quanto, durante la ricognizione di superficie si erano viste, nel terreno arato, numerosi frammenti di ossa umane. Vi era il concreto rischio che l'intera necropoli fosse stata raggiunta e totalmente compromessa dalle arature, come documentato nel caso della tomba 1. In realtà, l'indagine archeologica ha permesso di verificare che solo le tombe più superficiali, che rientrano cioè entro i 50 cm di profondità, sono state totalmente asportate e distrutte dalle lavorazioni agricole. Mentre, le sepolture poste a quota maggiore, si sono, fortunosamente, conservate, rivelando dati archeologici di estremo interesse. La tomba 3 era appoggiata a una delle fosse granaie, testimoniando, quindi, in modo evidente, il rapporto stratigrafico esistente tra la struttura di età romana e il sepolcreto successivo. L'inumato, parzialmente sconvolto dai lavori di aratura recava come unico oggetto di corredo residuo, una moneta in bronzo riferibile all'imperatore Giuliano II l'Apostata (330 – 363 d.C.) che regnò tra il 361 e il 363 d.C. La moneta, un piccolo bronzo di gr. 2,30, reca sul dritto un busto di ademato con barba a destra, sul retro una figura centrale in piedi. La vicina tomba 2, invece, si presentava praticamente integra; unico elemento di disturbo postdeposizionale è costituito dalla copertura della fossa, realizzata in pietre e tegole, parzialmente raggiunta e disturbata dall'azione dell'aratro. La fossa, apparentemente coperta sola porzione inferiore, conteneva uno scheletro di un individuo adulto in perfetto stato di conservazione deposto in posizione supina con le braccia incrociate sul pube. Lo scheletro, attualmente in corso di analisi da parte di antropologi fisici, mostra una robusta costituzione che farebbe propendere per un attribuzione al sesso maschile. Il corredo funebre era costituito da un bacile/piatto in ceramica posto ai piedi, da numerose borchiette di ferro sempre nei pressi dei piedi, forse interpretabili come elementi di calzature. Vicino al cranio, invece, erano deposti due vasi di vetro, di ottima fattura, in particolare, un bicchiere, a sinistra del cranio, mentre sulla destra, un vaso anch'esso in vetro munito di ansa, forse una brocca o un'anforetta. Anche l'inumato di questa tomba doveva avere una moneta in bocca, coeva alla precedente. Il bicchiere di vetro è riferibile al “tipo Isings 106c”, elemento che conferma la datazione già offerta dalla moneta dell'imperatore Giuliano l'Apostata. Si tratta, quindi, di sepolture che esulano dal tradizionale costume funerario romano del tempo, facendo ipotizzare l'appartenenza degli individui sepolti a un ambiente in cui in convivio e i suoi strumenti fossero particolarmente importanti. È possibile, inoltre, che ci troviamo di fronte a seppellimenti di individui allogeni provenienti dal mondo centro europeo forse reclutati in Italia a scopo militare. L'ultima fase del sito è quella riferibile al Medioevo a cui sono riconducibili delle strutture scavate nella terra di forma circolare, poste a distanza regolare, riempite di terra nera, pietre, carboni, ossa animali e frammenti di ceramica del tipo protomaiolica. Queste fosse, almeno 6, di dimesioni di circa 1,50 m., risultano scavate nel banco sabbioso naturale per una profondità cospicua che raggiungeva quasi 2 m. Le fosse granaie di età romana non subiscono mai interferenze, almeno nell'area indagata, dalle strutture di età medievale pur essendo a esse contigue, mentre le tombe tardo imperiali, che si sovrappongono alle fosse granaie, sono intercettate e parzialmente intaccate da quelle medievali. All'età medievale, inoltre, potrebbero essere attribuite anche le scorie in ferro che si rinvengono in superficie sia nell'area nella necropoli che nella zona interessata dai resti attribuibili alla villa romana

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