paesaggio con rovine

decorazione pittorica, 1700-1799

Il salone a pianta rettangolare, si presenta interamente decorato. Ha due porte su ciascun lato lungo, una finestra sul lato corto a destra ed una porta su quello a sinistra. Esso presenta sulla parete d'ingresso un finto cornicione spezzato in due punti per mettere in luce a sinistra un loggiato con sfondo di cipressi, a destra un interno con scala.Sulla parete di fronte all'ingresso una lunga fila di archi - sono gli archi dell'acquedotto di Asciano - si apre al di là della prospettiva di colonne. La trabeazione con balaustra a colonnine e pilastrini quadrangolari è rotta qua e là si da mettere in luce le nubi e il cielo aperto su cui volano uccelli dalle razze diverse. Caratterizza la nostra decorazione l'inserimento, in strutture ovali, di specchi che - benchè piccoli - contribuiscono a moltiplicare illusoriamente lo spazio. I colori sono sulla gradazione dei gialli cromo, dei gialli cadmio, delle ocre, dei rossi, su un paesaggio anch'esso intonato ai toni caldi

  • OGGETTO decorazione pittorica
  • MATERIA E TECNICA intonaco/ pittura a fresco/ pittura a tempera
  • LOCALIZZAZIONE Pisa (PI)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il salone, dipinto con "Rovine", costituisce uno dei pochissimi esempi pisani di rappresentazioni prospettiche che mettono direttamente a contatto l'interno con l'esterno, sì da farci idealmente pensare ad un paesaggio reale visto al di là delle pareti, un lontano ricordo della stanza del Peruzzi alla Farnesina. La rappresentazione poi è strettamente legata all'ambiente locale dato che gli "Archi di Asciano" caratterizzano il paesaggio della campagna pisana. Tale rappresentazione è - insieme a quella che si trova in un corridoio della Certosa di Calci - l'unico esempio pisano di pittura di "Rovine". I colori, sui toni del giallo e le strutture architettoniche aperte danno un tono di ariosità e di leggerezza alla stanza, sì da renderla ben diversa dalle stanze quasi soffocate delle finte architetture (vedi ad esmpio Palazzo Silvatici) che caratterizzavano la decorazione quadraturistica pisana. A proposito di queste decorazioni vogliamo ricordare che la pittura di rovine è stata confusa, dagli antichi autori italiani, come il Lanzi, nel più largo campo della pittura prospettica dei quadraturisti ed infatti come sostiene l'Ozzola (L'Arte, 1913, parte seconda, p. 112) " la scuola italiana di rovine nel '600 fu in prevalenza una deviazione della scuola architettonica di prospettiva, allora detta dei quadraturisti. Gli autori di quadri di rovine erano anche decoratori a fresco o erano discepoli di questi". La pittura di rovine diventa nel '600 un vero e proprio genere: ricordiamo che per tutto il '600 vi è una grande ammirazione ed un continuo studio per i ruderi antichi. Il Poussin ( 1594-1665) usava introdurre nei suoi paesaggi le rovine, anche Claudio Lorenese faceva grande uso di questo elemento nei suoi paesaggi. Il '700, non solo (Ozzola, parte prima, cit. p.5) aumentò tutte queste forme di studio e ammirazione ma vide anche fiorire autori come il Pannini, Hubert Robert ed il Piranesi che dei disegni e delle pitture di rovine fecero uno dei loro maggiori interessi. Ma senza arrivare agli elevati esempi del Piranesi, per le nostre decorazioni del Palazzo Curini Galletti dobbiamo rifarci soprattutto alla scuola dei prospettici ed ai nomi come il Codagora fondatore della scuola napoletana di rovine. Un pò dovunque per tutta l'Italia si diffusero delle vere e proprie scuole, per tutto il sec. XVIII, di imitazione seicentesca. A Napoli (Ozzola, parte seconda, p. 123) sugli esempi del Codagora nacque l'opera del Greco, Cappelli, Cicalesi, Costa. Dall'esempio del Ghisolfi nacque una scuola romana di copiatori ed imitatori. Nel bolognese fu il quadraturista dentona a dar luogo a questo genere di decorazioni. In Toscana (Ozzola, 1913, parte seconda, p.126) non fiorì una vera e propria scuola del nostro genere; qualche pittore di architettura si è dato talvolta per eccezione a dipingere vedute di rovine, se non proprio romane, ad esse affini. è interessante quanto ci riporta l'Ozzola, il quale rintraccia tre soli esempi toscani di quadri di pittura di rovine: due di Giuseppe Milani ed uno di Giuseppe Maria Bibbiena Junior. Non sappiamo se si tratti di uno dei nostri fratelli Melani, dato che nelle fonti antiche sono anche chiamati Milani. Sarebbe interessante poter analizzare le opere qui citate. Il Malavasia (Felsina Pittrice, 1678, vol. II, p. 158) ci dice che i quadraturisti pittori di rovine si formarono su Girolamo Curti il Dentone. Più tardi quando Padre Andrea Pozzi, e questo vale anche per i niostri pittori e quadraturisti pisani, pubblicò la sua opera, essa divenne il testo più accreditato in materia (Ozzola, p. 112)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà privata
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0900143475
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Pisa e Livorno
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio, per il patrimonio storico artistico e demoetnoantropologico di Pisa, Livorno, Lucca e Massa Carrara
  • DATA DI COMPILAZIONE 1981
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2007
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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