Piana di San Martino saggio 4 (edificio di culto ed annessi, STRUTTURE PER IL CULTO)

Pianello Val Tidone,

La base del deposito in S4 è costituita da roccia naturale (21060) e da livelli presterili (21110, 21155), a cui si accosta il taglio della vasca 21147 (=US 85), ovale e orientato NO\SE, che incide la roccia presso l’angolo E del saggio. La prima fase costruttiva (fase II) presenta alcune strutture in pietrame legato da malta biancastra che delineano, con funzione perimetrale, l’ingombro originario dell’area. Si tratta di 21114 – orientata NO\SE – e di 21141 – orientata NE\SO – la quale alla sua estremità O sembra impostare una curva regolare verso S. A questa fase pertiene inoltre un rivestimento in cocciopesto (21146) che si conserva sul fondo di 21147, testimoniandone il riutilizzo. Nella successiva fase (III), lo spazio delimitato a NE da 21114 viene chiuso a SO con il muro 21035. Esso presenta un tratto rettilineo parallelo a 21114 e un secondo segmento dal profilo curvo, che prosegue verso NE. La stessa 21114 viene raddoppiata verso l’interno con la costruzione di 21115. Questa termina con una testata regolare all’altezza della quale il prospetto SO di 21114 viene rimodellato tramite l’asportazione (21117) del paramento originario e la sua sostituzione con uno nuovo, curvilineo (21118). Viene definita una nicchia che, confrontata con 21035, mostra analogie nell’impostazione delle curvature e corrispondenze planimetriche nel delineare i lati di un ambiente a pianta quadrangolare con un’abside a NO. Il lato NE del vano è completato da 21145 che prolunga verso SE l’allineamento di 21115 fino a 21148, che costituisce la chiusura a SE. Lo spazio absidato (5,80x7,30m) presenta alcune articolazioni interne (21149, 21150 e 21119). La fase IV.1 si impernia sul pavimento 21061, esteso su una superficie quadrangolare di 3,40x2,15m e costituito da una stesura di cocciopesto grossolano di colore bianco-rosato. L’ambiente quadrangolare è delimitato a N da una struttura muraria in fondazione, orientata OSO\ENE (21136) e a E dal taglio di fondazione 21132, al cui interno si possono notare residui del muro orientale del vano (21131). Una traccia del lato S si può riconoscere nel taglio di asportazione 21154. Sul prolungamento E di tale tracciato, si trova infine la struttura 21156, che estende a E il modulo impostato dall’ambiente centrale. A questo sono probabilmente da annettere alcune strutture realizzate a N e a NO. 21140 viene costruita in addosso alla precedente 21141, è parallela a 21136 e sembra delimitare con essa uno spazio dell’ampiezza di 2,30 m ca. a N. Più a O, si colloca invece la struttura 21104, la quale è composta da due tratti distinti: il primo è orientato OSO\ENE e sembra prolungare a O l’allineamento di 21140; il secondo prosegue ad angolo retto verso SSE fin quasi in coincidenza con il prolungamento ideale di 21037. È possibile che 21104 delimitasse a O l’ambiente più a N e prolungasse verso O il reticolo planimetrico formato dai primi due vani descritti, delineando così lo sviluppo di un edificio dalla pianta regolare. Nella fase IV.2, oltre alla già citata asportazione 21154, si colloca un’unica struttura (21134) costituita da due corsi di pietrame legati da malta grossolana biancastra, posizionata all’angolo SO del precedente pavimento 21061, asportandolo per un’area di 1,60x1,05 m. In un periodo successivo, al di sopra di alcuni strati di livellamento (21081, 21135, 21153, fase V.1), nell’area viene realizzato un piccolo edificio a pianta quadrata, con ingresso a O (fase V.2). Esso è definito da quattro muri perimetrali (21009, 21017, 21113, 21019), dello spessore di 1,50 m ca. e legati tra loro, i quali circoscrivono un’area quadrata di 5 m di lato ca. orientata in modo simile alle strutture di fase IV. All’interno, in asse con l’ingresso e staccati di 1m ca. dal muro di fondo, vengono realizzati due grossi pilastri quadrati di 1m ca. di lato (21078 a N e 21077 a S). La scansione dell’interno dell’edificio vede inoltre la realizzazione di alcune nicchie curvilinee all’interno dei muri laterali (21011, 21032 e 21023 a N; 21033, 21030 e 21057 a S). Un ulteriore incavo (21057) è individuabile all’angolo tra 21009 e 21019. Alla distanza di ca 3 m dalla fronte dell’edificio a O, viene inoltre realizzata una struttura (21103) isorientata con 21019, la quale si coordina con la precedente 21035, qui riutilizzata nel delimitare un’area di intensa attività sepolcrale in fase con l’edificio quadrato. Ad essa sono attribuibili le Tbb. 23, 24, 27, 32 e 37 – disposte lungo una fila regolare nello spazio tra l’edificio e 21103 e caratterizzate da strutture monumentali – le Tbb. 31 e 36 – deposte in un periodo successivo negli spazi tra le precedenti – e le Tbb. 47, 48, 49 a 50 a S – non scavate – a cui fanno seguito le Tbb. 45, 46 e 51. La successiva fase di vita dell’edificio (VI.1) vede un’estesa ristrutturazione della parte est. Al centro del muro di fondo viene innanzitutto ricavata una nicchia pavimentata da un’unica grande lastra di pietra (21008). L’accesso all’esedra sopraelevata rispetto al piano dell'aula centrale è costituito da una scala a due gradini (21022=21079). Il muro di fondo subisce alcuni interventi strutturali, consistenti in un raddoppiamento del suo paramento interno nei tratti dove non è toccato dalla scala (21080 a S e 21137 a N) e, soprattutto, dal completo rifacimento del suo paramento esterno (21112). La ristrutturazione viene poi completata dalla tamponatura degli spazi tra i pilastri e i perimetrali laterali (21138 e 21142 a S e 21139 a N), oltre alla chiusura (21034) della nicchia O del muro S. Alla ristrutturazione dell’edificio corrisponde una cesura piuttosto netta nello sviluppo della necropoli, identificabile in uno strato nerastro (21124=21129) della potenza variabile tra gli 0,30 e gli 0,60 m. Esso si deposita su tutta l’area antistante l’ingresso, obliterando le tombe di Fase V. Al di là del muro 21103 si accumula uno strato analogo (21109) che sembra ripianare la parte esterna dell’area sepolcrale. Le tombe pertinenti a questa fase (Tbb. 22, 30, 34, 35, 38, 39, 40, 41) presentano una notevole soluzione di continuità rispetto a quelle della fase precedente, in quanto sono posizionate in aderenza ai perimetrali dell’edificio, perdono la monumentalità nelle strutture e contengono in massima parte individui di età infantile. A questo periodo pertengono infine le tombe scavate a O di 21103 (Tbb. 20, 25, 26). Gli ultimi interventi edilizi relativi all’edificio quadrato (fase VI.2) sembrano riguardare la sua parte anteriore. Presso l’angolo SO, quasi a prolungare la fronte verso S, viene realizzata una struttura quadrangolare (21128), conservata solo in fondazione. Davanti all’ingresso viene inoltre posata una soglia (21083) costituita da due grossi blocchi squadrati, sulla cui superficie sono evidenti le tracce dei cardini di una porta, probabilmente a due battenti. Le attività nella necropoli proseguono in questo periodo senza soluzione di continuità con quello precedente (Tbb. 28, 29, 42)

  • OGGETTO edificio di culto ed annessi
  • MISURE Altezza: 2.21 m
    Lunghezza: 12.50 m
    Larghezza: 16.30 m
  • CLASSIFICAZIONE strutture per il culto
  • AMBITO CULTURALE Età Altomedievale, Età Basso Medievale
  • LOCALIZZAZIONE Pianello Val Tidone (PC) - Emilia-Romagna , ITALIA
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Le notizie relative all’edificio in Saggio 4 sono in parte le stesse che riguardano l’intero insediamento identificato come Castrum o Castello Ponciano. Il primo documento (801), riporta le disposizioni di Alerissio per la salvezza della sua anima e precisa che i suoi beni ubicati nelle località di Casturzano e Nandolessi sono assegnati alla chiesa dei Santi Fermo e Rustico, le cui proprietà sono poste in locus ubi dicitur Pontjano. Castello Pontiano è il luogo di provenienza di Adelperto, testimone ad una donazione nella vicina località di Morasco nell’816. A Castro Ponciano si trovano alcuni beni venduti da Domenico dell’ordine di S. Geminiano a Ottone del fu Rotofredo in una cartula venditionis del 1015. La presenza di una cappella dedicata a S. Giorgio e S. Martino è menzionata in una cartula venditionis del 1033, con la quale Cuniza, di legge longobarda, vende a Paterico-Amizone, di legge franca, il fundo Ponziano. Oggetto di vendita sono “fundo Ponciano, cum castro et turris seu muros circumdatum et capella una infra eodem castro consecrata in nore (sic!) sancte Dei gentricis Marie et sanctorum Martini et Georgi”. Solo pochi anni dopo Gherardo, prete di S. Maria in Gariverta, vende a Teodosio, la Rocca d’Olgisio e questi la dona al monastero di San Savino di Piacenza con una ventina di paesi e castelli, tra cui Rocca Pulzana. Da questo momento il destino di Roccapulzana sembra legato a quello della Rocca d’Olgisio, di cui si costituisce il feudo. Il legame tra il territorio e il Monastero di S. Savino, è più volte ribadito, a testimonianza di una proprietà contestata. Il monastero di San Savino mantenne la proprietà fino al 1297, quando la cedette a Raimondo di Pietratigia e a Umberto di Campremoldo. Nell’elenco delle decime della diocesi di Piacenza del XIII e XIV sec. si cita la Plebs Castelli Pontiani (XIII sec.) e poi la Plebs de Rochaponzana (XIV sec.), ma il riferimento sembra essere alla pieve dedicata a S. Pietro, che sorgeva ai piedi del monte circa nel luogo della chiesa attuale, in una località che compare come “Pieve” nella cartografia storica. L’edificio di forma quagrangolare in Saggio 4, con abside sul lato E è interpretato come chiesa, sia da Saronnio (Saronnio 1999) sia da Grossetti (Grossetti E. 1999). Grossetti in particolare propone come confronto per lo sviluppo planimetrico la cappella della pietà in S. Satiro a Milano, datata al IX sec. Grossetti (Bonfatti Sabbioni, Crocicchio Grossetti 2005) ribadisce la datazione dell’edificio tramite il confronto con S. Satiro e fa riferimento alla presenza di un edificio più antico, d’incerta funzione, dotato di piano pavimentale in cocciopesto. Collega anche l’edificio meglio conservato nel Saggio 4 a quello dedicato a S. Martino, descritto nelle visite pastorali dal XVI al XVIII sec. Si propone qui di seguito una sintesi delle visite pastorali. La visita del Vescovo Burali nel 1573 informa che, dipendente dalla pieve di Roccapulzana, c’è un oratorio dedicato a S. Martino, che si raggiunge ascendendo il monte e presenta «recta structura» costruita «lapidibus quadratis», ma parte dell’edificio “indiget reparatione” (Burali 1573). La relazione della visita di Castelli (1579) racconta che l’oratorio, situato “in monte alpestri”, è dotato di tre altari, coperti da fornice, che nel caso dell’altare maggiore è dipinto, come quello di uno degli altari minori, mentre quello del terzo altare è scrostato. Ci sono altre due cappelle senza altare e “sine titulis”, in una delle quali è dipinta un’immagine della Beata Vergine, mentre l’altra non ha decorazioni e è tutta scrostata. Il sacrario è collocato a destra dell’altare maggiore in una colonna con propria base, mentre l’acquasantiera è quadrata e fissata alla parete, c’è inoltre un piccola campana. Il pavimento è in parte in pietra, ma non in piano. L’esigenza di restauri urgenti è ripetuta dalla visita di Sega nel 1593. La visita del 1612 (Rangoni 1612) dice che il “vaso dell’acqua benedetta” è posto sopra a una piccola colonna di pietra ed è stato imbiancato. Si nomina anche una “torre che minaccia rovina”. La visita di Scappi nel 1645 riporta che nella parete di destra, vicino all’ingresso è collocata una campana. L’ultima visita che cita l’oratorio di S. Martino è di Barni nel 1691, mentre la successiva del 1762 (Cerati 1762) parla solo di un pezzo di terra coltivata, detto “Prata dello Sancto Martino”, lasciando presumere che l’oratorio non sia più aperto al culto. A seguito delle indagini condotte nel settore denominato S. Martino Piccolo nel 2018, è stato possibile riscontrare l’esistenza di una chiesa di dimensioni maggiori, costituita da un’aula rettangolare con una scansione interna parzialmente leggibile. La descrizione della chiesa con murarie regolari, costituite da pietre squadrate potrebbe essere da riferirsi riferibile all’edificio presente nel settore di S. Martino Piccolo, di età medievale (Conversi, Mezzadri, Rivaroli 2021)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Complessi archeologici
  • INTERPRETAZIONE La sequenza di attività documentate nell’area interessata dalle indagini di Saggio 4 mostra una storia piuttosto lunga e articolata, all’interno della quale restano però alcune zone d’ombra. Decisamente dubbia (Fase I?) è la presenza in quest’area di una fase di epoca protostorica, a cui potrebbe forse essere pertinente solo la vasca US 21147, tagliata nella roccia presso l’angolo SE del saggio. La sua attribuzione alle più antiche fasi di vita dell’area è ipotizzata per analogia con numerosi altri tagli simili sparsi nel complesso archeologico della Piana si San Martino, che vengono generalmente datati all’epoca protostorica. Non si sono riscontrate nella campagna 2021 attestazioni relative al periodo romano. In età tardoantica, quando il sito della Piana viene scelto per ospitare un castrum, quest’area prossima al limite N del pianoro principale, rivolto verso il limite interno della brachisinclinale al cui sistema afferisce il monte S. Martino, è interessata da una parte della cinta muraria, in cui era forse inserita una torre. Non è stato possibile allo stato attuale delle indagini appurare con certezza se la torre fosse posta a guardia di un ingresso N dell’insediamento (Fase II). Il carattere strategico dell’insediamento è testimoniato anche da alcune strutture di approvvigionamento idrico individuate in Saggio 1 (Cisterna 1 e Cisterna 2, si veda scheda CA 0800688046), parte di un sistema più articolato a cui potrebbe afferire anche la vasca US 21147, che pur essendo forse realizzata in età protostorica, è sicuramente utilizzata anche successivamente, come testimoniato dalla presenza di tracce di malta con cocciopesto sul fondo. La funzione strategica del castrum ha determinato la strutturazione e l’articolazione interna (Fase III) dell’insediamento che, seppur derivante da una progettualità unitaria e organica degli apprestamenti difensivi (cinta muraria difensiva, torri e probabilmente sistema idrico), sembra svilupparsi poi con interventi progressivi e mancanti di una vera e propria organicità. In particolare nel Saggio 4 la successione di interventi culmina con la realizzazione di un edificio articolato in almeno un ambiente con abside, orientato NO\SE. La curva dell’abside si sviluppa senza soluzione di continuità dal muro US fino a congiungersi con la cinta muraria perimetrale del sito; i dati acquisiti ad oggi non consentono di definire la funzione di questo edificio, di cui sono completamente andati persi i piani di calpestio e gli strati di vita, anche a causa di una sistematica spogliazione dei materiali edili, protrattasi fino a tempi recenti Sul finire dell’epoca castrense, se non in un momento già posteriore, nell’area si impianta un edificio dall’articolazione apparentemente più regolare, incentrato su un ambiente a cui si coordinano diversi vani annessi (Fase IV). Ancora una volta, la funzione degli ambienti non è ricostruibile, ma la centralità della loro pianta ed il loro nuovo orientamento (ora NNO\SSE) sembrano perpetuarsi nelle epoche successive. Al periodo altomedievale è probabilmente da attribuire la costruzione di una chiesa a pianta quadrata (Fase V), dotata di un’abside sul lato E, di dimensioni alquanto ridotte, ma con strutture piuttosto possenti che continuano a dominare l’area fino alla fine della sua frequentazione. L’edificio, che sorge a ridosso del muro di cinta dell’insediamento, presenta una articolazione interna con l’abside orientale ricavata nello spessore murario, con piano definito da un’unica grande pietra, posta ad una quota superiore, raccordata allo spazio centrale tramite una scala, affiancata da due basi su cui probabilmente si trovavano pilastri o colonne. In ciascuna delle due pareti laterali N e S si sviluppano delle nicchie centrali, affiancate in quella N da due nicchie, in quella S da una, di dimensioni inferiori. L’ingresso era sul lato O. Nulla si sa al momento della dedica dell’edificio religioso e del rito ivi praticato, ma esso doveva rivestire una certa importanza nella vita dell’insediamento, dato che davanti alla sua fronte sembrano essere stati seppelliti alcuni personaggi di rango. L’edifico, forse con funzione diversa, dovette avere una vita piuttosto lunga nella storia dell’abitato, in quanto la necropoli ad esso annessa mostra una notevole continuità e densità nelle deposizioni. Nel corso di questo periodo è individuabile almeno una cesura netta – dovuta o ad un cambio nella ritualità o ad un parziale crollo della struttura – quando l’edificio subisce numerosi ripensamenti e ristrutturazioni (Fase VI), a cui corrisponde un cambio nell’uso della necropoli, che pare passare da luogo di sepolture di rango a cimitero sostanzialmente infantile. Alla fine della sua storia (Fase VII), prima del definitivo abbandono e di un ritorno ad area boschiva (Fase VIII), l’area sembra divenire una cava di materiale edilizio, indicando forse uno spostamento dei fulcri nell’organizzazione interna dell’abitato della Piana di San Martino
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà privata
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0800688047
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Parma e Piacenza
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Parma e Piacenza
  • DATA DI COMPILAZIONE 2022
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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