SS. M., Martino e Giorgio (Torre / Edificio di Culto, Insediamento fortificato / Strutture per il Culto)

Pianello Val Tidone,

Il settore denominato S. Martino Piccolo è costituito da una propaggine occupata da un edifico testimoniato da strutture in muratura riconducibili a almeno 5 distinte fasi, oggetto in passato di una consistente attività di spoglio. FASE 1 L’edificio più antico, del quale si sono conservati solo alcuni tratti di muri in pietre legate da una malta di colore rosato, per la presenza di cocciopesto, è articolato in un’aula rettangolare il cui limite ovest, prospiciente all’affioramento roccioso, che lo separa dalla piana sottostante, doveva coincidere circa con quello delle costruzioni successive. I muri perimetrali di questa prima fase sono in gran parte sostituti da quelli delle fasi successive, il loro andamento è parzialmente ricostruibile da tratti di fondazione visibili a causa di lacune o crolli delle strutture recenziori, distinguibili per l’utilizzo di tecniche costruttive differenti. Un muro orientato in senso est-ovest suddivide lo spazio interno tra un’aula ampia ca. 5,00 mt e una sorta di corridoio lungo il lato nord, largo ca. 2,00 mt. Entrambi gli spazi sono pavimentati con uno strato in cocciopesto. All’estremo est del corridoio un muro con orientamento nord-sud definisce uno spazio forse interpretabile come spalla di un’abside rettilinea, o come parte di un’ulteriore struttura a pianta circa quadrata posta all’angolo nord-est dell’edifico principale. Sul lato est poco rimane di questa fase di cui non s’individua il muro perimetrale, totalmente spoliato per la costruzione delle strutture posteriori. FASE 2. La fase successiva vede la parziale demolizione dei muri a est per impostare un’abside semicircolare. Di questa si conserva solo una porzione a nord-est, ma la forma in pianta è definita sul terreno da un taglio nella roccia affiorante a sud-est e da un allineamento di pietre che sembra indicare il punto d’innesto dell’abside sul muro rettilineo nord-sud. I muri di questa fase sono realizzati mediante l’utilizzo di blocchi di pietra scalpellati con cura, squadrati e posti in opera con precisione modificando e adattando il sottostante banco di roccia naturale. Tra la zona absidata e quella occidentale è presente una struttura muraria che si appoggia al muro interno del corridoio probabilmente già parzialmente demolito. L’edificio è pavimentato in cocciopesto, ma poche lastre in pietra individuate negli strati di crollo e abbandono consentono di ipotizzare l’esistenza di un piano pavimentale in pietra. Altre lastre in pietra individuate nei crolli sembrano essere invece riconducibili alla copertura del tetto. Un accesso in asse con l’abside è individuabile sul lato occidentale grazie alla forma del taglio nella roccia di base. Sul lato meridionale, presso l’angolo sud-ovest, è riconoscibile un altro accesso, a cui si sale tramite alcuni gradini scavati nella pietra; la presenza di alcuni piccoli fori sembra compatibile con una balaustra. La struttura assume probabilmente in questa fase una funzione cultuale, testimoniata anche da un documento d’archivio che relativamente a castrum o castello Pontiano (atto di vendita anno 1033) fa riferimento a una cappella dedicata ai SS. M., Martino e Giorgio. FASE 3. In una terza fase lo stesso edificio è stato modificato ampliando lo spessore dei muri che, soprattutto sul lato nord mostrano segni di cedimento in corrispondenza di un ripido scoscendimento del fianco della collina. In questo stesso punto la scarsa distanza tra la struttura e il versante aveva richiesto fin dalla prima fase la realizzazione di un contrafforte, probabilmente a scarpa. FASE 4. In un momento successivo è realizzato uno stretto setto murario, con orientamento nord sud, la cui trincea di fondazione taglia il cocciopesto. La scarsa profondità della trincea e lo scarso spessore della muratura alla base (30 cm ca.) sembrano implicare che non ci fosse un consistente sviluppo fuori terra, forse poteva essere la fondazione per un elemento come una balaustra di separazione della navata dal presbiterio più o meno rialzato. Una piccola struttura quadrangolare, pavimentata con lastre di arenaria, è forse interpretabile come base di un elemento strutturale in legno, per la presenza di alcuni chiodi in ferro individuati nei pressi. Nella stessa fase si assiste alla tamponatura dell’accesso laterale. FASE 5. In seguito si assiste solo a piccoli interventi all’interno, come la realizzazione di strette trincee e buche di palo lungo i muri forse per la realizzazione di un impiantito ligneo a sostituzione della pavimentazione ormai fortemente dissestata. La ripulitura e la ricognizione delle rocce affioranti a ovest dell’edificio hanno consentito di individuare numerose tracce di lavorazione e adattamento per la posa di elementi strutturali. Un allineamento di buche di palo che congiunge lo spigolo nord-ovest dell’edificio superiore a quello corrispondente di una struttura presente alla base della propaggine (S. Martino Piccolo Base) è probabilmente funzionale a una palizzata lignea. Altre tracce di risistemazione delle rocce affioranti consentono d’intuire uno stretto rapporto tra l’edificio presente ai piedi della propaggine di S. Martino Piccolo e la chiesa. L’edificio più a valle era sicuramente articolato su più piani, dal piano superiore era possibile accedere direttamente alla chiesa. Il dato sembra confermare la tradizione orale che ha conservato memoria dell’esistenza in questo punto di una costruzione denominata «torre dei frati». A occidente sono state individuate anche tre tombe ricavate nella roccia stessa. La tomba, con spallette in blocchi di pietra grezza e copertura in lastre, conserva i resti di un inumato deposto in spazio vuoto con cranio a ovest. Le analisi antropologiche indicano un individuo di sesso femminile, presumibilmente di età tra i 16 e i 21 anni. La tomba 2, con caratteristiche costruttive simili, orientata in senso-nord-sud e realizzata lungo il muro perimetrale ovest della chiesa, conserva i resti scheletrici in giacitura secondaria di un individuo adulto di sesso maschile. La tomba 3, coperta da tomba 2, è costituita da un profondo taglio di forma sub-rettangolare praticato nella roccia, coperto con lastre in pietra. Lo scheletro all’interno, mancante del cranio e di parte degli arti inferiori, è attribuibile ad un individuo di età adulta di sesso maschile. Tomba 3 riutilizza in parte una tomba più antica (tomba 4) tagliata nella roccia e rivestita di cocciopesto, rinvenuta vuota. Un’altra probabile tomba è forse da riconoscere in un taglio nella roccia individuati a ovest di tomba 1. Nel complesso lo stato di conservazione delle ossa presenti, la mancanza di parti significative, la presenza di tombe rimaneggiate e di altre vuote, sembra indice di un utilizzo intensivo di un’area ristretta, delimitata a nord e ovest dal banco di roccia naturale, a est della chiesa e a sud da un muro in blocchi grezzi di pietra

  • OGGETTO Torre / Edificio di Culto
  • MISURE Lunghezza: 29,500 m
    Larghezza: 13,300 m
  • CLASSIFICAZIONE Insediamento fortificato / Strutture per il Culto
  • LOCALIZZAZIONE Pianello Val Tidone (PC) - Emilia-Romagna , ITALIA
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Le notizie relative all’edifico nel settore di S. Martino Piccolo sono in parte le stesse che riguardano l’intero insediamento identificato come Castrum o Castello Ponciano. Il primo documento (801), riporta le disposizioni di Alerissio per la salvezza della sua anima e precisa che i suoi beni ubicati nelle località di Casturzano e Nandolessi sono assegnati alla chiesa dei Santi Fermo e Rustico, le cui proprietà sono poste in locus ubi dicitur Pontjano. Il castrum viene citato come Castello Pontiano, luogo di provenienza di Adelperto, testimone ad una donazione nella vicina località di Morasco nell’816. Castro Ponciano è il luogo in cui si trovano alcuni beni venduti da Domenico dell’ordine di S. Geminiano a Ottone del fu Rotofredo, citati in una cartula venditionis del 1015. La presenza di una cappella dedicata a S. Giorgio e S. Martino è menzionata in una cartula venditionis del 1033, con la quale Cuniza, di legge longobarda, vende a Paterico-Amizone, di legge franca, il fundo Ponziano. Il testo precisa che la vendita riguarda il “fundo Ponciano, cum castro et turris seu muros circumdatum et capella una infra eodem castro consecrata in nore (sic!) sancte Dei gentricis Marie et sanctorum Martini et Georgi”. L’abitato era dunque circondato da un muro, dotato di una torre e di una cappella dedicata ai Santi Giorgio e Martino. Bougard propone l’identificazione di alcune località citate: Valli ( La Valle o Vaie), Rio (località presso La Costa), in Costagio (La Costa), Gruppo (Groppo), Valerici (Vallerenzo), Strario (Stà), Gabiano (Gabbiano), Mariago (Morago?), Tassara, Monte Aldoni (Monte Aldone) e Auzese (Rocca d’Olgisio), consentendo di ricostruire il territorio del feudo di Pontiano comprendente oltre al monte S. Martino, anche il monte Aldone. Solo pochi anni dopo Gherardo, prete di S. Maria in Gariverta, vende a Teodosio, la Rocca d’Olgisio e questi la dona al monastero di San Savino di Piacenza con una ventina di paesi e castelli, tra cui Rocca Pulzana. Da questo momento il destino di Roccapulzana sembra legato a quello della Rocca d’Olgisio, di cui si costituisce il feudo. Il legame tra il territorio e il Monastero di S. Savino, viene più volte ribadito, a testimonianza di una proprietà contestata. La donazione a S. Savino avviene in concomitanza con la perdita d’importanza del monastero di Bobbio, che in passato possedeva nel territorio altri castra dotati di cappella come Fabbiano, Rezzanello, Trevozzo, Rocca d’Olgisio. Una lite tra la plebe di Roccapulzana e il monastero di Bobbio è ricordata da Lucioni. Il monastero di San Savino mantenne la proprietà fino al 1297, quando la cedette a Raimondo di Pietratigia e a Umberto di Campremoldo. Nell’elenco delle decime della diocesi di Piacenza del XIII e XIV sec. si cita la Plebs Castelli Pontiani (XIII sec.) e poi la Plebs de Rochaponzana (XIV sec.), ma il riferimento sembra essere alla pieve dedicata a S. Pietro, che sorgeva ai piedi del monte circa nel luogo della chiesa attuale, in una località che compare come “Pieve” nella cartografia storica. L’aspetto della cappella di S. Martino è noto dalle descrizioni delle visite pastorali, che ne attestano l’apertura al culto fino almeno al 1691. La visita del Vescovo Burali nel 1573 informa che, dipendente dalla pieve di Roccapulzana, c’è un oratorio dedicato a S. Martino, che si raggiunge ascendendo il monte e presenta «recta structura» costruita «lapidibus quadratis» (Burali 1573). Si rileva anche che parte dell’edificio “indiget reparatione”. Più particolareggiata è la relazione della visita di Castelli (1579), dove si racconta che l’oratorio, situato “in monte alpestri”, è dotato di tre altari, coperti da fornice, che nel caso dell’altare maggiore è dipinto, come quello di uno degli altari minori, mentre quello del terzo altare è scrostato. Ci sono altre due cappelle senza altare e “sine titulis”, in una delle quali è dipinta un’immagine della Beata Vergine, mentre l’altra non ha decorazioni e è tutta scrostata. Il sacrario è collocato a destra dell’altare maggiore in una colonna con propria base, mentre l’acquasantiera è quadrata e fissata alla parete, c’è inoltre un piccola campana. Il pavimento è in parte in pietra, ma non in piano. L’altare maggiore è troppo piccolo per le esigenze della celebrazione, i due altari minori devono essere abbattuti. L’esigenza di restauri urgenti è ripetuta dalla visita di Sega nel 1593. La visita del 1612 (Rangoni 1612) dice che il “vaso dell’acqua benedetta” è posto sopra a una piccola colonna di pietra ed è stato imbiancato. Si nomina anche una “torre che minaccia rovina”. La visita di Scappi nel 1645 riporta che nella parete di destra, vicino all’ingresso è collocata una campana. L’ultima visita che cita l’oratorio di S. Martino è di Barni nel 1691, mentre la successiva del 1762 (Cerati 1762) parla solo di un pezzo di terra coltivata, detto “Prata dello Sancto Martino”, lasciando presumere che l’oratorio non sia più aperto al culto
  • TIPOLOGIA SCHEDA Complessi archeologici
  • INTERPRETAZIONE L’interpretazione dell’edificio presente sulla propaggine detta di S. Matino Piccolo è suffragata dai dati di scavo e dalle notizie riportate nei documenti d’archivio. Più complesso è offrire una cronologia assoluta delle diverse fasi di cui si è riconosciuta la successione sul terreno. FASE 1: In particolare non si sono recuperati materiali datanti relativi alla più antica fase di occupazione dell’area, connotata dalla presenza di strutture murarie rettilinee, costruite con arenaria locale, derivante dal taglio della stessa roccia affiorante su cui è fondato l’edificio. La roccia è tagliata e regolarizzata per offrire una sede su cui posare le pietre della fondazione. Tra la roccia e il primo corso di pietre è presente lo stesso legante utilizzato tra gli altri corsi, costituito da una malta di calce e cocciopesto. Di questo primo edifico è stato possibile mettere in luce solo parzialmente la pianta, dal momento che alcune delle strutture murarie afferenti sono state completamente spoliate, altre sono invece state riutilizzate, inglobandole nello spessore murario delle strutture di fase 3. Per quanto riguarda l’utilizzo di cocciopesto come legante, si può osservare che quello presente a S. Martino Piccolo in fase 1 è simile a quello utilizzato della fase 1 dell’edificio in saggio 4, interpretato come chiesa e datato all’età tardo antica. E’ probabile che in questa fase l’edificio a S. Martino Piccolo avesse una funzione militare determinata anche dalla collocazione in una porzione dell’insediamento sopraelevata e prospettante sulla valle del Chiarone, adatta alla difesa del castrum. Sulla questione potrebbe gettare luce lo scavo dell’edificio presente alla base della roccia di S. Martino Piccolo, che sembra poter avere avuto una prima fase in età tardo antica, ma essere poi rimasto in funzione anche durante le fasi più recenti di frequentazione del sito. E’ possibile che sia proprio a questa struttura che si riferisce il nome di tradizione popolare di “Torre dei Frati” e che sia questa la torre cui fa cenno la visita pastorale Rangoni 1612, che riferisce di una torre che “minaccia ruina”. FASE 2: Prima dell’XI sec., l’edificio a S. Martino Piccolo subisce una sostanziale trasformazione: la parte più orientale è demolita e sostituita da uno spazio absidato. Il nuovo edificio sembra interpretabile come chiesa absidata, con uno sviluppo planimetrico paragonabile a quello di tanti edifici sacri riferibili allo stesso arco temporale. A favore di questa interpretazione potrebbero essere le sepolture scavate nella roccia antistante e una croce incisa in quella a sud dell’abside. In assenza di reperti datanti che consentano una cronologia certa, è forse ipotizzabile che ciò sia avvenuto contestualmente alla distruzione dell’abitato di età longobarda, in un momento che sembrerebbe essere ricollegabile alla calata dei franchi. E’ ipotizzabile che in età franca l’insediamento della Piana di S. Martino vantasse ancora un legame con il monastero di Bobbio, cui appartenevano diverse proprietà nell’area ricompresa tra Tidone, Tidoncello e Chiarone. FASE 3: La cura che viene riservata alla chiesa è testimoniata dal rifacimento del piano in cocciopesto che viene rivestito da lastrine di pietra, con un intervento databile, in base a monete rinvenute nel nuovo sottofondo, nell’XI sec. La terza fase vede l’ampliamento delle strutture murarie in particolare del settore più occidentale, forse per contrastare i danni che soffrivano le pareti a causa del peso del tetto rivestito da lastre di pietra (ciappe), di cui si è individuata parte del crollo. FASE 4: In un momento successivo si assiste alla chiusura di un accesso sul lato sud, ben riconoscibile per la presenza di gradini tagliati nella roccia e di un piano in cocciopesto nel punto in cui si trovava la soglia. Resta attivo l’accesso sul lato occidentale, in asse con l’abside, indicato da un taglio rettangolare nella roccia. Probabilmente nello stesso momento si assiste all’interno alla realizzazione di un setto con orientamento nord-sud, connotato da scarso spessore (30 cm. ca.) e dalla mancanza di legante, da cui si desume che la struttura non dovesse avere un significativo sviluppo in alzato, forse l’indizio di una delimitazione dell’area presbiteriale tramite una balaustra. FASE 5: L’ultimo intervento riconoscibile relativo alla chiesa è testimoniato da strette trincee individuate lungo i muri perimetrali nord, est e sud della navata, e di buche di palo agli angoli e a metà della lunghezza. Queste erano probabilmente funzionali alla posa di un impiantito ligneo, che consentisse la fruizione dell’oratorio, dopo che il pavimento in pietra si era deteriorato (Castelli 1579)
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà privata
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0800677056
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Parma e Piacenza
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Parma e Piacenza
  • DATA DI COMPILAZIONE 2019
  • ISCRIZIONI roccia affiorante a sud-est dell’abside - croce greca - a incisione -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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