Porto medievale di Levanto (infrastruttura portuale porto)

Levanto, ca XIII - ca XVI

Alla metà del XII secolo l’insenatura di Levanto doveva ospitare un centro di una certa rilevanza se, come riportano gli Annales Ianuenses, nel 1165 vi approdarono ben 25 galee di pisani, i quali incendiarono il borgo. All’epoca, l’assetto geomorfologico dell’area era completamente diverso dall’attuale, con la linea di costa che si spingeva per oltre un chilometro nell’interno, lungo il corso del Cantarana, come hanno provato gli studi geologici e paleoambientali. La concomitanza di fattori geografici e geomorfologici ha contribuito pertanto a determinare la fortuna del porto di Levanto, la cui attività è cessata attorno alla fine del XVI secolo a causa del graduale interramento dell’insenatura. La notevole integrità del centro storico è dovuta alla conformazione assai scoscesa del suo retroterra, che lo ha mantenuto ai margini dei pesanti interventi edilizi e urbanistici di età contemporanea. La ricchezza delle testimonianze architettoniche ancora conservate, quali le case mercantili, i magazzini, la loggia pubblica, attesta la fortuna del porto dal XIII al XVI secolo, in relazione alle attività mercantili legate all’influenza genovese e al cabotaggio costiero. Una delle strutture di servizio del porto medievale meglio conservata e caratterizzata da una tipologia ricorrente in tutto il centro storico è costituita dai resti della cosiddetta “Darsena”, situata tra le attuali vie della Compera, via Molinelli e vicolo dei Finollo, nella zona adiacente alla loggia. Si tratta di un complesso architettonico databile al XV secolo di cui sopravvivono due muri perimetrali, probabilmente non completi (il minore misura 15 m di lunghezza, il maggiore 35), su cui si aprono 15 portali ad arco. Le aperture risultano inoltre associate secondo un’alternanza di portale alto e stretto a sesto ribassato (spesso inferiore a 1,5 m di larghezza) e di portale più largo e basso. Si tratta di una tipologia formale che risponde alla necessità funzionale e abitativa dei locali interni: la porta di minore ampiezza è posta in corrispondenza del vano scale che consentiva l’accesso ai piani sopraelevati, mentre l’altra apertura risultava l’ingresso al magazzino posto al piano terreno. Viene a delinearsi pertanto un sistema di ambienti per il ricovero delle merci, temporaneo o prolungato nel tempo, a piano terra e di abitazione del mercante ai piani superiori. In stretta relazione topografica con le strutture della darsena, nell’isolato compreso tra le vie Toso, Cantarana e Finollo, sono recentemente emerse testimonianze di frequentazione romana, in occasione delle indagini archeologiche condotte in previsione della realizzazione di parcheggi interrati. Alla base di due di questi sondaggi è stato indagato uno strato a matrice argillosa, ricco di carboni, che ha restituito un grosso frammento di tegolone ad alette, parte di un piede ad anello in terra sigillata sud-gallica, una parete con orlo indistinto d’impasto gabbrico oltre ad alcune pareti di anfore. I reperti, in giacitura primaria, risalgono al I-II secolo d.C. Nella stessa occasione sono stati effettuati altri sondaggi nei limitrofi vicoli Finollo e Molinelli dove, a un metro di profondità, uno strato argilloso ricco di carboni, tagliato dalle strutture della darsena tardo-quattrocentesca, ha restituito, oltre a ceramica medievale (maiolica arcaica in particolare), reperti residuali più antichi, tra cui un’olla con orlo estroflesso in impasto gabbrico, che potrebbe risalire a età romana. Per quanto frammentarie, tali testimonianze attestano una frequentazione dell’approdo a partire almeno dal I-II secolo d.C., ubicata in corrispondenza di un’areale ben protetto ma prossimo all’antica linea di costa, richiamando possibili correlazioni con la Cebula menzionata nella Cosmographia dell’Annonimo Ravennate e nella Georgaphica di Guidone

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