INSULAE EX OFFICINA DEL GAS E DOMUS DEL CAVALCAVIA (area urbana)

Ventimiglia, ca I sec. d.c - ca V sec d.c

L’area delle insulae comprende: le Insulae I-II-III-VI-VII dell’ex officina del Gas, visibili da via E. Basso, a sud del moderno cavalcavia e le Insulae IV-V a nord del cavalcavia. Tutte le insulae hanno dimensione costante di m 25,20 x 9,60 e sono delimitate da tre kardines contigui e paralleli (A-B-C) e da un decumano (B), che permettono di ricostruire uno schema urbanistico ad assi ortogonali, tipico delle fondazioni coloniali romane, ma esteso anche a centri indigeni romanizzati. Le insulae sono state indagate in diversi momenti: 1) I primi scavi (Lamboglia anni 1938-1940) hanno interessato gran parte delle insulae I e II e solo parzialmente l’insula III (Lamboglia anni 1951-1952); 2) Gli scavi successivi, hanno messo in luce le altre insulae IV-V-VI e VII (Lamboglia anni '70 e Pallarès tra 1970 e 1981). Lo studio di tali insulae ha permesso di ricostruire, nel lungo periodo, l’occupazione umana dell’area a partire dal più antico impianto stabile (II secolo a.C.), formato dalle “piattaforme” rettangolari, che fungevano da basamento e bonifica per baracche e strutture lignee, intervallate da ciottolati stradali che si incrociavano ad angolo retto. A questa prima fase seguirono diverse fasi edilizie caratterizzate da murature in blocchi di puddinga, che si distribuiscono tra il 150 ed il 90 a.C., e successive murature in opus incertum databili tra l’età sillana e quella augustea. La tecnica edilizia dell’opus certum caratterizza le ristrutturazioni di età flavia (70-100 d.C.), alle quali seguirono importanti ricostruzioni e restauri nel corso della media età imperiale. Un approfondimento merita l'Insula V, occupata da una ricca casa urbana detta del Cavalcavia, costruita a partire dalla prima età imperiale; essa occupa l’intera fronte di un isolato (insula V), delimitata dalle due strade minori con orientamento nord-sud (kardines A e C) e dal decumano massimo (C); la domus si presenta secondo lo schema canonico che prevedeva un vestibolo (fauces), fiancheggiato da due negozi (tabernae), un grande atrio a quattro colonne (tetrastilo) con vasca centrale (impluvium) e un grande vano centrale sul lato sud (tablinum) fiancheggiato da due vani minori. La pavimentazione doveva essere in lastre di pietra di Turbie, come indicano i resti di scaglie di lavorazione che ne costituivano la preparazione. La parte posteriore della casa, non è stata indagata perché sotto il cavalcavia, ma probabilmente era occupata dal peristilio. Questa domus, come detto, è delimitata a sud dai resti del decumano massimo, anch'esso di età imperiale e presente anche nell’area a monte del teatro, più ad ovest. Il decumano è realizzato con grandi blocchi di pietra calcarea della Turbie avente larghezza di quasi 3 metri con marciapiedi laterali e sottostante impianto fognario (cloaca), che prende avvio dalla Porta di Provenza (a nord del teatro) e si dirige in pendenza verso il Nervia. Lo scavo del decumano e delle sedi stradali ha permesso di ricostruire la perdita di importanza delle stesse a seguito del progressivo avanzamento dei fronti insulari, mentre muri ortogonali tardi, che ne segnano la totale chiusura, si accompagnano a ulteriori rifacimenti murari, spesso con la tecnica dell’opus spicatum, databili nelle più tarde fasi di vita della città nel corso della Tarda Antichità. Nel 2011, nel corso di verifiche del possibile inquinamento da idrocarburi della falda acquifera, nell'area dell'ex Officina del Gas, sono stati realizzati 21 carotaggi ad una profondità da 7 a 12 m (cfr. Gambaro L. Archeologia in Liguria 2015, pp. 118-119), in particolare, nell'area ad est delle insulae scavate da Lamboglia; qui risultano particolarmente significative le interferenze moderne che hanno interessato il sottosuolo. In sostanza, lo studio stratigrafico ha permesso di identificare le seguenti stratigrafie: a) al di sotto dei riporti moderni, imponenti strati di sabbie di probabile origine eolica (gìà identificati in altre zone della città), formate progressivamente nel corso dell'età medievale, dopo l'abbandono della città in età tardo antica; b) rudimenti di murature e di crolli con relativi accumuli di pietre, rappresentanti tracce di frequentazione forse agricola dell'area, posteriore all'abbandono del sito; c) livelli comprendenti accumuli di materiale da costruzione e frammenti di ceramica in matrice sabbioso limosa, corrispondenti a fasi di abbandono di età tardo antica e altomedievale (sondaggio 5); d) murature tarde che tendono ad occupare un ipotetico asse stradale, restringendolo (sondaggio 4); e) un sottostante deposito eterogeneo, costituito da sabbia, ciottoli e pietre spigolose, comprendente anche strutture murarie, che permette di ipotizzare, almeno in tre carotaggi, la presenza alla profondità di circa 4 m, di assi viari, in continuazione dei decumani già individuati più a nord, in parte coperti da livelli di abbandono e collocati al di sopra di una massicciata di preparazione; f) a tetto dei depositi sterili vi è uno strato di spessore non costante di origine antropica, probabilmente da identificarsi con la "piattaforma repubblicana" di Lamboglia, interpretabile come primo intervento antropico nell'area, funzionale alla bonifica dell'area paludosa, prossima alla foce del Nervia, in coincidenza con la prima fase insediativa romana, datata alla prima metà di II sec.a.c. Questi carotaggi hanno, quindi, permesso di accertare l'estensione dell'abitato romano anche nell'area orientale della città, confermando che l'area era occupata da abitazioni di non particolare pregio e ricchezza

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