Madonna col Bambino, san Giovannino, santa Caterina d'Alessandria e altri santi. Madonna con Bambino e Santi

dipinto, ca 1480 - ante 1488

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  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA tavola/ pittura a tempera
  • ATTRIBUZIONI Mantegna Andrea (e Aiuti)
  • ALTRE ATTRIBUZIONI Andrea Mantegna
    Bellini Giovanni
    Braccesco Carlo
    Caroto Giovan Francesco
    Mantegna Andrea (bottega Di)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Sabauda
  • LOCALIZZAZIONE Manica Nuova
  • INDIRIZZO via XX Settembre, 86, Torino (TO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE Il dipinto rappresenta una delle testimonianze aurorali del collezionismo sabaudo. É registrato per la prima volta nell’inventario fatto redigere da Vittorio Amedeo I al pittore romano Antonio Dalla Cornia nel 1635 e ancor prima riconoscibile, per via della compatibilità delle misure, in quella “nostra dona” “de longeza de uno brazo aut uno brazo e mezo” promessa in una missiva del 20 giugno 1480 da Federico Gonzaga alla vedova di Galeazzo Maria Sforza, Bona di Savoia. Una lettera scritta dalla cancelleria ducale per suo conto in data 9 giugno 1480, aveva infatti esplicitamente richiesto che il pittore potesse eseguire un dipinto ispirandosi a “certi designi de penture” inviati con l’occasione. Tale richiesta veniva magistralmente elusa dal Maestro attraverso il suo altolocato mentore, ritenendola impresa più adatta a un miniatore e alludendo a parziale discolpa del rifiuto il carattere saturnino che si conveniva agli artisti ormai affermati, da cui conveniva “tuore quello che se po havere” (Kristeller, 1902, p. 538 nn. 78-79). Così, stando alla suggestiva ipotesi di Giovanni Agosti (1993), qualche anno dopo il dipinto avrebbe raggiunto prima il capoluogo lombardo, poi i confini sabaudi in occasione del rientro della Duchessa a Fossano nel 1495 e comunque non oltre l’avvento del secolo successivo. Il gruppo formato dalla Madonna con il Bambino e San Giovannino veniva infatti inequivocabilmente citato nella pala di un anonimo artista piemontese, oggi all’Accademia viennese (inv. 1084). L’invenzione iconografica del Bambino che poggia il piede sull’avambraccio della madre, la quale a sua volta lo sostiene all’altezza della caviglia e del fianco, fa parte delle riflessioni mantegnesche condotte a partire dagli anni ottanta del Quattrocento. Risale a tale epoca la Madonna con il Bambino e un coro di Cherubini di Brera (Inv. Gen 98) e un disegno della Fondazione Custodia di Parigi (inv. 4983), che rappresenta in controparte le due figure in atteggiamento analogo e a sua volta deriva da una placchetta donatelliana (Callegari, 1998). La questione attributiva è resa complicata dallo stato conservativo della tavola, che già Jacobsen (1897) reputava deplorevole e sulla quale sono registrati non meno di 5/6 interventi di restauro antichi, che operarono incautamente con aggiunte e manomissioni del formato originario e delle pellicola pittorica e furono rimosse nel corso del Novecento (De Blasi, 2005; Thiebaut, 2008). Gli inventari antichi lo assegnavano a Mantegna (1635) o Giovanni Bellini (1682), D’Arco (1857) avanzava il nome di Carlo Braccesco, mentre l’attribuzione proposta in un primo tempo dal solo Cavalcaselle (Ms. Marciano, Cod. It. IV, 2036 [=12277], n. VII) - poi timidamente confermata anche insieme a Crowe (1871) - in direzione di Giovan Francesco Caroto, ebbe il merito di spostare per la prima volta l’attenzione sull’ambito veronese. Effettivamente in tale contesto il modulo iconografico – compositivo proposto dal gruppo della Madonna con il Bambino ebbe particolare fortuna. La variante messa a punto da Francesco Bonsignori attorno al 1488 nella chiesa di San Bernardino a Verona è stata infatti considerata un valido termine ante quem per l’opera (Agosti, 1993, p. 80 nota 54), che dunque andrà collocata all’estremo opposto dopo il giugno 1480, all’epoca cioè della corrispondenza epistolare tra Milano e Mantova. In generale si può considerare che quasi tutta la critica otto e novecentesca è concorde nel sostenere la piena autografia dell'opera (Benna 1857; Baudi di Vesme 1899 e 1909; Toesca, 1911; Berenson, 1932; Pacchioni 1932, 1938 e 1951; Fiocco, 1937; Gabrielli 1959, 1965 e 1971; Paccagnini, 1961; Garavaglia, 1967), mentre la parte restante reputa invece che si tratti di un prodotto di collaborazione fra il Mantegna e la bottega. Tale opinione si consolida soprattutto negli studi più recenti che, quando non la ritengono addirittura ingiudicabile a causa dello stato conservativo (Lightbown, 1986; Nicolò de Salmazo, 2004), ritengono imputabile a Mantegna l’idea compositiva, il disegno e solo parte dell’esecuzione (Romano, 1995; Agosti, 1993, 1997 e 2005; Thiebaut, 2008), ovviamente localizzata nelle parti di maggior qualità e meno compromesse come la mano destra della Vergine, la ruota di S. Caterina e il piccolo Giovanni Battista (Thiebaut, 2008)
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà Stato
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100217076
  • NUMERO D'INVENTARIO 177
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Musei Reali-Galleria Sabauda
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
  • DATA DI COMPILAZIONE 2005
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2012
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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