serafino

dipinto,

Nella volta a botte sono dipinti due serafini disposti simmetricamente. Trattengono con la destra un'astra terminante con un labaro; sulle caviglie sono dipinti degli occhi. Nella parte inferiore della volta corre una fascia con motivo geometrico; nel resto del perimetro la volta è delimitata da un motivo ad anfore rosse dalle quali fuoriescono spighe racchikudenti teste umane ed animali. I colori sono: arancio, rosso, giallo e verde

  • OGGETTO dipinto
  • MATERIA E TECNICA intonaco/ pittura a tempera
  • AMBITO CULTURALE Ambito Padano
  • LOCALIZZAZIONE Novara (NO)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE L'oratorio di S. Siro, piccolo locale annesso al Duomo e comunicante con la sacrestia inferiore e la cappella del Crocifisso, è decorato con affreschi dedicati a S. Siro, primo vescovo di Pavia e patrono della città. Citato da una fonte non attendibile del 1260, riportata dal Drovanti che parla di una cappella di S.to Spirito esistente "in fondo all'oratorio di San Siro", sede della confraternita di S. Giovanni decollato (L. DROVANTI, La veneranda confraternita di San Giovanni Battista decollato nella città di Novara, Novara 1937) che diventa, dal 1476 al 1508 sede della Compagnia dei Disciplinati (Novara, Archivio Capitolare del Duomo, Fasc. XIII, n. 64, teca L., Testamento di Francesco de Valenti, 26 aprile 1476; ID., Fasc. XII, n. 63, teca L, Pagamento al Signor Battista de Valenti, 9 settembre 1493; ID., Fasc. XII, n. 249, teca L, Dispensa ossia liberazione fatta al Capitolo congregatosi nella chiesa di San Siro, 9 dicembre 1508). Questo è uno dei pochi elementi certi che possediamo sulla funzione dell'Oratorio intoreno al Cinquecento. Gabrielli, scopritrice degli affresci, ritiene che l'oratorio sia adibito ad uso di culto dai pavesi residenti in città, ipotesi ribadita dalla Bianchi (G. BIANCHI, L'Evangelario n. 22653 del Museo de Cluny a Parigi, in "Novarien", 1968, p. 30) ma priva di prove. Forse meriterebbe di essere approfondita la direzine della Morra che è propensa a ritenere l'Oratorio quale cappella privata del vescovo novarese Pietro III del XI secolo di origine pavese, come potrebbe suggerire il linguaggio aulico degli affreschi (R. MORRA, Il ciclo pittorico dell'oratorio di San Siro presso il Duomo di S. Maria a Novara, tesi di lòaurea, Università degli studi di Torino, 1976-1977, pp. 46-48). Più facile è da ricostruire la vicenda storica, soprattutto dalla fine del 500 dell'oratorio, mediante le visite pastorali. Speciani, nel 1590, riferisce che accanto alla sacrestia dei Canonici "Oratorium minimun adest"; nel 1594, Bascapé segnala che alla sacrestia inferiore "annexum est oratorium sed non est in usu non enim adhuc fuit paratum". Le notizie si fanno mone precise con Traversa e Volpi che semplicemente segnalano l'oratorio come piccolo locale annesso alla sacrestia inferiori. Così Odescalchi nel 1653 e, in maniera più precisa, Balbis Bertone nel 1765 che descrive accuratamente l'arredo. Da rilevare che in nessuna visita sono citati gli affreschi, probabilmente già scialbati (Novara, Archivio Capitolare del Duomo, Visita pastorale Speciani 1590, Tomo 16; ID., Visita pastorale Bascapé 1594, Tomo 263, foll. 29-30; ID., Visita pastorale Taverna 1617, Tomo 76; ID., Visita pastorale Volpi 1623, Tomo 99; ID., Visita pastorale Odescalchi 1653, Tomo 265; ID. Visita pastorale Balbis Bertone 1764, tomo 350). Appare probabile che solo alla fine del 500 l'oratorio viene impiegato come sacrestia, con relativo scialbaggio delle pareti; in particolare da quanto detto da Bascapé l'oratorio non rea più in uso e manca delle suppellettili per essere impiegato come sacrestia. La Morra, facendo fede ad un testo secentesco di Innocenzo Chiesa sulla vita di S. Siro, ritieche le la scialbatura sia avvenuta molto prima della fine del Cinquecento. Gli affreschi rimasero sconosciuti fino al 1941, quando la Gabrielli li scopre e per prima li studia, collocandoli alla metà del XII secolo e indirizzandoli in un ambito culturale ricco di riferimenti ad Antelami, La studiosa, nel confrontare questo ciclo con altre pitture piemontesi, sottolinea l'acquisito senso dello spazio e una rappresentazione viva e realistica dei sentimenti dei personaggi. Vengono inotre posti precisi rapporti con la pittura coeva romana, particolarmente desumibili da dati tecnici e dalle riminiscenze classiche (N. GABRIELLI, Repertorio delle cose d'arte del Piemonte. Pitture romaniche, Torino 1944, pp. 33-40). Dopo uno sporadico intervento di Baroni (C. BARONI, L'arte in Novara e nel novarese, in "Novara e il suo tereritorio", Novara 1955, pp. 550-553) che ne sottolinea la discendenza lombarda sulla linea di continuazione degli affreschi di Galliano, Bologna (F. BOLOGNA, La pitturta italiana delle origini, Roma 1962, p. 73) e la Segre Montel (C. SEGRE MONTEL, La pittura romanica nell'Italia settentrionale, Milano 1967) a fornire nuove indicazioni sul ciclo. i due studiosi spostano la datazione alla fine del XII secolo, inquadrandolo in un clima protogotico, lo stesso che farebbe maturare gli affreschi di Grissiano in Alto Adige. Demus (O. DEMUS, Pittura murale romanica, Milano 1966, p. 135) sposta la datazione alla prima metà del XIII secolo, datazione anticipata al XI secolo da Stoppa, sulla base di alcune considerazioni sull'antica sistemazione del Palatium vescovile (A. L. STOPPA, La canonica di Novara ritorna all'anticosplendore, in "Novara" 1970, n. 10; 1971, nn. 6, 8-9). CONTINUA IN CAMPO OSS
  • TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 0100026695
  • ENTE COMPETENTE PER LA TUTELA Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Biella, Novara, Verbano-Cusio-Ossola e Vercelli
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte
  • DATA DI COMPILAZIONE 1981
  • DATA DI AGGIORNAMENTO 2006
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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