Monumenti di 'posizione': esempi di collocazione nelle città di Siena, Arezzo e Grosseto

a cura di Lucia D'Ambra, pubblicato il 11/03/2016

La Prima Guerra Mondiale definita, 'guerra di posizione' per la numerosità degli scontri avvenuti in trincea, ovvero una forma di guerra in cui due schieramenti militari contrapposti si fronteggiano appostati in fortificazioni statiche scavate in una rete di fossati e gallerie sotterranee, fu a tutti gli effetti una guerra lenta, di controllo del confine territoriale dove la posizione svolgeva una funzione tattica. La posizione o la collocazione d'altronde risultò argomento centrale, subito dopo il conflitto mondiale, quando si sentì la necessità di ricordare i sacrifici di milioni di anonimi fanti attraverso la realizzazione di un monumento in loro memoria.


Dopo la prima guerra mondiale si avviò una mobilitazione dal 'basso', su sollecitazione del governo centrale, formata sia da singoli che da associazioni e poteri pubblici locali, di matrice di matrice popolare e piccolo-borghese (circoli cattolici, società sportive, gruppi corali, pubbliche assistenze) che ne mutò in modo significativo anche i soggetti e le modalità della commemorazione stessa. Si chiedevano allora agli artisti locali - proprio perché più adatti ad interpretare la volontà e il carattere che animava i compaesani - opere in cui, pur con riferimento alla morte, questa fosse vista come sacrificio per una giusta causa senza i caratteri delle sculture funerarie. Molto spesso i monumenti sorsero all'incrocio di strade secondarie, davanti alla chiesa, o nel suo interno, o nel cimitero o in prossimità di una fortezza. La collocazione diventò così testimonianza del ruolo che di volta in volta la committenza attribuì al monumento stesso: culto repubblicano dissociato dal culto religioso, ruolo pedagogico per i ragazzi, elemento permanente di ricordo nella vita quotidiana, o ancora dovere di ricordo nel culto dei morti. Nelle città di Siena, Grosseto e Arezzo la monumentalità pubblica divenne quindi una modalità di fare politica a livello locale, relazionandosi con la dimensione nazionale, ma distinguendosi proprio per il decentramento e la marginalità dei monumenti dedicati ai caduti della Prima Guerra. Se per la città di Grosseto la marginalità del monumento fu dovuta al riassetto urbanistico avvenuto in quegli anni, per Siena e Arezzo furono i dibattiti locali e le incomprensioni politiche a decidere sul loro posizionamento. Qualche anno dopo tuttavia, a partire dal 1922 la scultura venne rigidamente centralizzata e gerarchizzata dal fascismo che ne fece un aspetto saliente della propria mitologia da trasmettere alle giovani generazioni. Consolidato al governo il partito fascista, dal 1928 in poi, venne segnata un’ulteriore tappa, quando il regime stabilì di fatto che l’iniziativa dal ‘basso’ per la costruzione dei monumenti dovesse venire meno, interrompendo quindi una lunga tradizione di mobilitazione di privati e associazioni a livello locale e assumendo come compito centrale la costruzione dei monumenti in grandi spazi sacri a carattere nazionale e di luoghi della memoria più confacenti al secondo decennio del regime.

Bibliografia

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