Il restauro degli orologi della collezione del Palazzo Reale di Venezia

a cura di Giulia Altissimo

 

Tra 2019 e 2020 la Soprintendenza ABAP di Venezia e Laguna ha seguito una campagna di restauro di 14 orologi appartenenti alle collezioni del Palazzo Reale di Venezia. Si tratta per la maggior parte di orologi di appoggio, realizzati tra XVIII e XIX, che per le loro caratteristiche meccaniche rientrano nella tipologia delle cosiddette “pendole” o “parigine”,

Il restauro degli orologi della collezione del Palazzo Reale di Venezia J. Di Fina - Relazione di restauro
Il restauro degli orologi della collezione del Palazzo Reale di Venezia

Si utilizza il termine di “pendole” o “parigine” per indicare una tipologia di orologi nati e sviluppatisi in Francia a partire dal Settecento e per tutto l’Ottocento, ma che affondano le proprie radici nelle innovazioni tecnologiche risalenti ancora alla seconda metà del Seicento, grazie all’applicazione degli studi di Galileo sull’isosincronismo del pendolo. La pendola da appoggio divenne gradualmente protagonista dell’arredamento delle ricche case borghesi, e la sua diffusione fu incentivata anche dalla scoperta di nuove leghe metalliche, dall’invenzione di nuovi sistemi di produzione per i quadranti smaltati e dalla realizzazione di casse di porcellana. Le prime pendole da appoggio con ‘movimento rotondo’ e con bilanciere a pendolo vennero prodotte a Parigi verso il 1750 e si diffusero poi in tutta Europa.

 

La realizzazione degli orologi prevedeva la competenza di diverse professionalità artigianali, che andavano dalla costruzione e composizione della meccanica all’aspetto estetico dell’oggetto, curato attraverso l’utilizzo di materiali preziosi e il coinvolgimento di disegnatori, bronzisti, doratori, cesellatori, marmisti. I materiali più frequenti nelle parigine sono leghe metalliche, legno, marmi e porcellane. Le leghe a base e zinco (metallo che non viene mai lavorato a freddo e non può essere inciso) si prestano alla doratura, e contribuiscono a riprodurre l’effetto materico e cromatico del bronzo; spesso i manufatti ottocenteschi realizzati in questo materiale, caratterizzati da uno spessore sottile e da una grana brillante, vengono definiti “zinco artistico” o “Zinc d’Art” ed ebbero produzione su larga scala a partire dalla metà dell’Ottocento.

 

La maggior parte degli orologi oggetto di restauro risultano realizzati proprio in lega di Zinco (Zinc d’Art), riconosciuta tramite attenta osservazione al microscopio e a specifiche indagini diagnostiche; i manufatti erano offuscati da una superficie cupa, dovuta alla perdita di doratura e all’alterazione di prodotti superficiali applicati in interventi precedenti, in cui erano state eseguite pesanti integrazioni della doratura, tramite resine e vernici e in alcuni casi prodotti a base di cere e olii che ossidandosi hanno ulteriormente opacizzato la doratura originale. Molti orologi inoltre presentavano elementi spezzati e lacune; nessun meccanismo era funzionante.

 

La metodologia di restauro adottata ha preso avvio dallo smontaggio delle singole opere, seguito da operazioni di pulitura, consolidamento strutturale e integrazioni strutturali e cromatiche, per concludersi con il ripristino del funzionamento della meccanica.