Via Crucis. stazioni della Via Crucis

vetrofania, 1970
  • FONTE DEI DATI Regione Emilia-Romagna
  • OGGETTO vetrofania
  • MATERIA E TECNICA vetro
  • ATTRIBUZIONI Gaibazzi Remo (1915 -1994)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Chiesa del Villaggio Belvedere - Reggio Emilia
  • LOCALIZZAZIONE Chiesa del Villaggio Belvedere - Reggio Emilia
  • INDIRIZZO Via Martiri Della Bettola, 51
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE “Del 1970 è il bando per il progetto di una vetrata del concorso della chiesa Villaggio Belvedere in provincia di Reggio Emilia; del 6-9-1971 l'assegnazione al pittore Remo Gaibazzi di 12 vetrate del formato di cm 54 x 54. Remo Gaibazzi decide subito di analizzare il problema tecnico per realizzare la vetrata e di scegliere quindi uno schema grafico che permetta l'immediata organizzazione delle forme in rapporto ai contorni delle tessere vitree. Gaibazzi non ha mai fatto opere d’arte per edifici religiosi e dunque ha un problema di stile; potrebbe risolvere il tutto con una costruzione di tipo accademico, ma questo appare alquanto improbabile viste le sue scelte artistiche; potrebbe utilizzare uno stile realista nel senso postguttusiano del termine ma anche questo, negli anni ’70, appare davvero improponibile […]. Così, e prima di tutto, ecco Gaibazzi optare per una grafia che fa riferimento all'incisione tedesca, quindi a Martin Schongauer e ad Albrecht Durer; una grafia che nello stesso tempo, però, unisce alla scrittura dell'incisione su legno le soluzioni plastiche derivate dalla scultura romanica, e, soprattutto, dalla scultura gotica francese e, per altri versi, le soluzioni che escono dall'impostazione e organizzazione delle immagini di Bisanzio fra i secoli IX e XII. Credo sia utile percorrere rapidamente queste tavole, di una qualità davvero altissima, tanto poco note quanto sono invece di grandissimo interesse, per intendere la ricchezza degli stimoli e quindi la cultura di un artista apparentemente - spontaneo – fatto da sé. La cacciata dal Paradiso evoca davvero la grafia tedesca, ma anche Lucas Cranach il Vecchio e, a ben vedere, anche il “doganiere” Rousseau, già –visitato-da Gaibazzi negli anni ’50. Il sacrificio di Isacco fa pensare a Ghiberti, ma contro un paesaggio vagamente giottesco. Il cartone con Davide e Golia ci riporta a Donatello, mentre Golia ha un profilo da pittura vasale greca, ma rifatto da un disegnatore settecentesco. L’Annunciazione ha una purezza e una sensibilità alla Dante Gabriele Rossetti. La Natività unisce Filippo Lippi e Luca Della Robbia, ma anche le statuine del presepe. Cristo soccorso nel deserto fa riferimento all’arte bizantina, mentre La chiamata di Simon Pietro usa Bisanzio insieme alla cultura della rinascita toscana. Quanto all'Ultima Cena si deve dire che i volti sono tutti neo-bizantini; e ancora Il compianto su Cristo morto, a dire il vero, rappresenta un’altra innovazione che sembra unire l’iconografia della crocefissione a quella del pianto delle Marie, riprende Grunewald e la grafica germanica del secolo XV. Bizantino è invece il Cristo della Resurrezione, come pure il Cristo risorto. Vi sono poi, oltre ai cartoni definitivi,diversi studi, come quello per Mosè che fa sgorgare l’acqua dalla roccia dove colpisce la tensione dei volti con gli occhi bianchissimi spalancati; mentre in un altro studio per lo stesso soggetto le figure sono vedute di scorcio e in gruppo, e in un altro ancora di profilo con una gran roccia a sinistra e Mosè che fa il miracolo. Dunque, Gaibazzi ha molto lavorato a questo impianto d’opera e ha cercato e trovato soluzioni nuove; di fronte al Vangelo secondo Matteo, riletto in chiave postpierfrancescana e rappresentato “alla fiamminga”, ecco Gaibazzi proporre una serie d’illustrazioni sottilmente evocatrici dell’antico; ma attraverso questo antico, la grafica tedesca, e le poche citazioni dal nostro Rinascimento, affiora il moderno, affiora qualche tensione come nei volti di Heckel, affiora soprattutto un modo di disegnare le pieghe e farle muovere quasi come nello schema grafico delle curve altimetriche, e comunque un modo per esporre la propria libertà d’invenzione. Infatti, a ben guardare, Gaibazzi molte volte utilizza le pieghe come spazio creativo, si pensi al Compianto, dove esse formano come il culmine del monte Golgota; si pensi allo sfondo della Resurrezione, che eccheggia nella roccia della sepoltura il drappeggio bizantino del cristo. Così, anche in un’opera condizionata dalla committenza, Gaibazzi recupera una libertà di scrittura la cui novità e alta qualità sono pari a quelle delle soluzioni iconografiche adottate”. (Bianchino G., 1996, pp. 235-236)
  • TIPOLOGIA SCHEDA opere/oggetti d'arte contemporanea
  • ENTE SCHEDATORE IBC - Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna
  • PUBLISHER Servizio Patrimonio Culturale della Regione Emilia-Romagna
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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