caffettiera di Belli, Vincenzo (prima metà sec. XIX)

caffettiera, ca. 1820 - ca. 1825

Caffettiera con corpo ogivale poggiante su quattro alti ed esili sostegni leggermente curvilinei, terminanti a zampa, su base quadrilobata. Nella parte superiore l'oggetto presenta un alto collo chiuso in alto da un piccolo coperchio circolare. Ai due lati si sviluppano il manico ligneo e il beccuccio.

  • FONTE DEI DATI Regione Lombardia
  • OGGETTO caffettiera
  • MATERIA E TECNICA argento/ sbalzo/ doratura
    legno
  • ATTRIBUZIONI Belli, Vincenzo (notizie 1810)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE Villa Necchi Campiglio
  • LOCALIZZAZIONE Villa Necchi Campiglio
  • INDIRIZZO Via Mozart 12-14, Milano (MI)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE I Belli furono un'importante famiglia di argentieri romani di origine piemontese, attiva tra i secoli XVIII e XIX. Vincenzo Belli, figlio di Bartolomeo, nacque a Torino nel 1710. Nella stessa città iniziò la sua carriera presso i più famosi laboratori di argenteria, eseguendo lavori anche per i Savoia. Dal 1740, a seguito del suo trasferimento, figura tra gli argentieri attivi a Roma dove tenne una fiorentissima bottega. Egli può essere considerato uno degli artigiani più abili del suo tempo, con uno stile elegantissimo dal sapore francesizzante molto apprezzato dalla nobiltà italiana e internazionale. Fu scelto infatti, insieme ad altri argentieri, da re Giovanni V di Portogallo per l'esecuzione delle argenterie sacre per la cappella di S. Giovanni Battista nella chiesa di S. Rocco a Lisbona. Manufatti da lui realizzati si conservano oggi nelle più illustri raccolte pubbliche e private, tra cui figura il Tesoro della Basilica di San Pietro, il Museo di Palazzo Venezia, la chiesa romana di San Lorenzo in Damaso e altre. Vincenzo morì a Roma nel 1787 lasciando quale continuatore della sua opera il figlio Giovacchino, nato a Roma nel 1756. Quest'ultimo lavorò soprattutto alla corte di papa Pio VII, adottando uno stile precursore del neoclassicismo. Spetta alla sua mano un grande reliquario tutt'ora conservato presso la chiesa di San Carlo al Corso a Roma. Su incarico del granduca di Toscana Ferdinando III e su disegno dello scultore Pietro Tenerani, eseguì inoltre un grande crocifisso d'argento, oggi perduto, destinato alla chiesa dei Cavalieri di S. Stefano a Pisa. Giovacchino morì a Roma nel 1822. Suo figlio Pietro (Roma, 1780-1828), è ricordato come membro dell'Accademia dei Virtuosi al Pantheon e dell'Accademia di San Luca, da cui ottenne numerosi premi, guadagnandosi addirittura le lodi dello scultore Antonio Canova. Figli di Pietro furono Antonio (attivo nel 185-7-67), del quale non restano lavori importanti, e Vincenzo II, che divenne maestro orefice nel 1828, continuando a lavorare nella bottega di famiglia e ricoprendo la carica di console nell'Università degli orefici. Numerosi suoi lavori, di accurata foggia neoclassica, si conservano nel Tesoro di S. Pietro in Vaticano e in varie chiese dell'ex Stato Pontificio. Vincenzo II morì nel 1859. Quest'ultimo potrebbe essere l'autore del servizio conservato a Villa Necchi Campiglio.
  • CONDIZIONE GIURIDICA proprietà privata
  • ENTE SCHEDATORE R03/ FAI - Fondo Ambiente Italiano
  • DATA DI AGGIORNAMENTO Fondo
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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