sarcofago,
Sarcofago a vasca, privo di coperchio e di supporti, costituito solo dalla cassa che è decorata sulla fronte da due stemmi uguali che fiancheggiano una lunga iscrizione con ai lati eleganti elementi decorativi a piccole volute. Gli stemmi divisi, a bassorilievo, entro cartocci e nastri, presentano sullo scudo italiano ovale in alto una croce di Sant'Andrea ed in basso cinque monticelli. Dall'iscrizione si evince il nome, la professione e la data di sepoltura del defunto, la committenza dello stesso, il luogo di collocazione del sarcofago e la devozione per San Sebastiano taumaturgo della peste
- OGGETTO sarcofago
- AMBITO CULTURALE Ambito Palermitano
- LUOGO DI CONSERVAZIONE Galleria Regionale della Sicilia
- LOCALIZZAZIONE Palazzo Abatellis
- INDIRIZZO via Alloro 4, Palermo (PA)
- NOTIZIE STORICO CRITICHE Dall'iscrizione posta sulla fronte del sarcofago catalogato si apprende che il tumulo appartenne al medico Giulio Milazzo famoso e lodato per gli studi di filosofia e medicina, noto anche come anatomopatologo, il quale si prodigò tantissimo nello studio e nella ricerca medica nella speranza di vincere le pestilenze. Si apprende inoltre che il tumulo fu inserito nell'altare di S. Sebastiano nel 1588 e che lo stesso medico vi fu sepolto nel 1592. Il sarcofago, in marmo di carrara dalla forma a vasca e dalla fattura raffinata, certamente scolpito da maestranze esperte di ambito palermitano, probabilmente elemento componente di un monumento funebre più complesso, oggi perduto, lascia supporre, considerata la simmetria della forma della cassa e degli elementi decorativi che facesse parte di un tipo di tomba a parete di ascendenza quattrocentesca. Il tumulo fu fatto realizzare dallo stesso Milazzo per se e per il seppellimento dei suoi discendenti, diretti o comunque con un vincolo di consanguineità, fino a 60 anni dalla loro morte, affinché gli stessi potessero sempre distinguersi rispetto agli altri soprattutto se a porre fine ai loro giorni la causa fosse stata la morte nera (peste). L'opera catalogata si integra perfettamente anche nell'idea ampiamente utilizzata dall'aristocrazia siciliana del Cinquecento in cui nel monumento funebre si suggella il prestigio e la fama terreni dei sepolti per consacrarli all'immortalità attraverso la tomba monumentale, tant'è che la collocazione del monumento nell'altare di San Sebastiano, santo insieme a San Rocco taumaturgo della peste, è richiesta dallo stesso committente affinché le anime dei sepolti attraverso l'intercessione dello stesso santo e le preghiere di tutti i fedeli fossero accolte in cielo da Dio Misericordioso. Il sarcofago in questa accezione si rivela anche come un inconsapevole testimone della cultura devozionale di San Sebastiano, che era molto sentita a Palermo nell'arco del Quattrocento e del Cinquecento tant'é che furono diverse le committenze di prelati ad artisti noti, come il De Vigilia, per la realizzazione di opere raffiguranti il santo, alcune oggi purtroppo perdute. Fra queste committenze, in occasione delle varie pestilenze che si susseguivano il De Vigilia nel 1493 dipingeva una tela per la chiesa di San Sebastiano e che raffigurava il santo insieme a San Rocco, eletti entrambi taumaturghi della peste, mentre si svolgevano i lavori del Concilio a Costanza (1444). Tela probabilmente trasferita all'epoca dalla originaria chiesetta tardo quattrocentesca a quella cinquecentesca. Giulio Milazzo, committente dell'opera e devoto di San Sebastiano al quale affida non solo la sua anima ma anche quella dei suoi discendenti, è attestato dal Di Giovanni nel suo "Palermo Restaurato" come uno fra i medici eccellenti, della seconda metà del cinquecento a Palermo, insieme a Giovanni Sicco, ad Abisso, ad Incomisio, ad Aparo ed altri i quali si occuparono di lettere e di medicina ed in particolar modo si prodigarono nella ricerca delle cure per sconfiggere le pestilenze. Lo stesso Milazzo così come si evince dall'iscrizione, ispezionava i cadaveri degli spagnoli, probabilmente convinto che l'origine del terribile morbo contagioso si celasse dentro le viscere di questi uomini provenienti, con le navi, dalla Spagna. Inoltre il Di Giovanni attesta anche dove era ubicata la sua abitazione e cioè nel quartiere Kalsa vicino alla piazza della Fieravecchia accanto a quella di Pompeo Ferraro anch'egli medico, ed aggiunge che l'arme della famiglia Melatius, croce di Sant' Andrea, d'oro, con quattro stelle d'argento in campo rosso, si trovano nella chiesa di San Giovanni li Tartari, attualmente non più esistente in quanto demolita alla fine dell'Ottocento, e nella chiesa di S. Caterina le Donne, alla chiesa Vecchia, anch'essa demolita. Gli stemmi rappresentati però sulla fronte del sarcofago sono leggermente diversi da quelli descritti dal Di Giovanni infatti al posto delle stelle vi sono cinque monti, probabilmente lo stesso Giulio Milazzo apparteneva ad un ramo cadetto della famiglia originaria che aveva casa sempre alla Kalsa di fronte a quella della potente famiglia Resolmini nei pressi dell'odierno palazzo Mirto, per cui ipotizzare che il monumento funebre possa essere stato ubicato originariamente in una delle due chiese citate sembra improbabile. L'unico dato certo che si evince dalla lapide è che il monumento funebre, oggi purtroppo perduto, fosse collocato originariamente nell'altare di San Sebastiano, ma purtroppo non ci rivela la chiesa che lo contenesse. Le antiche fonti storiche palermitane consultate non rivelano intorno alla Fieravecchia nel quartiere Kalsa chiese con altari dedicati a San Sebastiano. Una cappella di San Sebastiano è attestata da Gaspare Palermo nella sua "Guida Istruttiva per Palermo" ed ubicata proprio nella chiesa di San Sebastiano alla Fonderia, chiesa tutt'oggi esistente, in cattivo stato di conservazione, chiusa al culto e trasformata in magazzino da diversi decenni ed oggi inagibile. La chiesa comunque è relativamente vicina al quartiere della Kalsa, e fu riedificata nel 1516 sullo stesso sito dell'antica sorta nel 1482, in occasione del terribile morbo, dedicata a San Sebastiano, rinnovata nel 1562 completata in epoca barocca. Appartenne alla confraternita dei Santi Crispino e Crispiniano, protettori dei calzolai, che si sciolse intorno al 1800 e poi passò all' Ospedale Grande in sollievo degli ammalati. La facciata della chiesa ancora oggi rivela un'impostazione di tipo rinascimentale anche se vi sono due grandi volute barocche nel secondo ordine, l'interno è disposto su tre brevi navate divise da colonne con transetto e tribuna parecchio profondi. Nella cappella a destra Gaspare Palermo attesta che vi è la cappella di San Sebastiano con una sua statua lignea dello stesso che insieme a quella di San Rocco veniva portata in processione, inoltre nel pavimento vi è un'iscrizione che attesta la sepoltura di Don Antonino Lanterna ma non parla di altri monumenti funebri, notizia utile in quanto la cappella comunque era usata come luogo di sepoltura. Alla luce di queste notizie si può ipotizzare che il sarcofago catalogato forse poteva essere stato collocato originariamente in quella cappella dedicata al santo nella chiesa di San Sebastiano nel lato destro della chiesa; magari in occasione dei completati lavori di ammodernamento della tribuna iniziati nel 1562, così come concessi con licenza dal Senato palermitano alla confraternita, e successivamente rimosso magari in occasione degli altri ammodernamenti settecenteschi o dopo la dismissione della confraternita intorno ai primi dell'Ottocento e quindi non rilevato dallo stesso Gaspare Palermo che pubblica la sua guida intorno proprio nei primi decenni dell'ottocento. Non vi sono notizie dell'arrivo del sarcofago al Museo Nazionale di Palermo che successivamente lo devolvette alla Galleria Nazionale della Sicilia nel 1953
- TIPOLOGIA SCHEDA Opere/oggetti d'arte
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CONDIZIONE GIURIDICA
proprietà Ente pubblico territoriale
- CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1900312078
- NUMERO D'INVENTARIO 4937
- ENTE SCHEDATORE Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Palermo
- DATA DI COMPILAZIONE 2006
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DATA DI AGGIORNAMENTO
2023
- ISCRIZIONI sulla fronte della cassa - IULIUS MILATIUS PHILOSOFHIE MEDICINAE ET ANATOMIE LAUDE CLARUS, CUM EX HARUM OMNIUM DISCIPLINARUM, STUDIO, HOMINUM CORPORA SENSIM IN INTERITUM RUERE, NEC ULLAM IN MORTEM MEDICINAM AD HIBERI POSSE COGNOSCERET, POST SUSCEPTOS DUODECIM LIBEROS NEPOTIBUS DECEM ET NEPTIBUS QUATOR AUCTUS QUARTUM IAM ET SEXAGESIMUM ANNUM AGENS; PIE FUTURA PROSPICIENS, SAPIENTER EFFECIT, UT QUOS ILLI CONSANGUINITATIS, AC PROPINQUATIS VINCULO NATURA CONIUXIT, UBI MORS ATRA DISTINGUERET, EODEM IN TUMULO INGERETUR; EA PRESERTIM SPE, UT QUORUM CORPORA LAPIS ISTE CONTEGERET EORUNDEM ANIMOS DIVI SEBASTIANI MARTIRIS, CUI HAEC ARA DICATUR, OMNIUMSQUE SANCTORUM PRECIBUS, DEUS OPTIMUS MAXIMUS IN COELO SOCIARET. MDLXXXVIII -1588 OBIJT PRIDIE JDUS FEBRUARIJ MDLXXXXII 1592 - a impressione - latino
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