Madonna della Ginestra. Madonna con Bambino

dipinto,

La tavola illustra in primo piano la Madonna seduta su una panca rivestita di un tessuto damascato mentre porge un ramoscello di ginestra al bambino nudo, in piedi su un suo ginocchio. La Madonna è avvolta da un manto azzurro ultramarino che le ricopre in parte la veste sottostante. Alle sue spalle si apre una veduta paesaggistica in cui si scorgono dopo una fila di alberi una serie di edifici religiosi. A valle delle montagne tra lo scorrere delle acque di due torrenti compaiono delle strutture difensive, sul fondo dominano da un lato le montagne e da l’altro gli edifici di una città in cui si intravedono delle cupole orientaleggianti

  • OGGETTO dipinto
  • ATTRIBUZIONI De Saliba Antonello (1466-1467/ 1535 Ca)
  • LUOGO DI CONSERVAZIONE MARCA - Museo delle Arti Catanzaro
  • LOCALIZZAZIONE Contenitore fisico
  • INDIRIZZO Via Alessandro Turco, Catanzaro (CZ)
  • NOTIZIE STORICO CRITICHE La tavola costituisce lo scomparto centrale di un polittico le cui componenti sono andate perdute. La pala d’altare è stata commissionata dal nobile Giovanni Coco per la Chiesa e Convento di S. Maria delle Grazie a Catanzaro, denominata successivamente S. Teresa dell’Osservanza. Gioacchino Di Marzo ha pubblicato nel 1883 dei documenti di archivio dai quali si conosce il contratto di allogazione stipulato tra il committente e l’artista, sottoscritto il 1504. La tavola è stata conclusa nel 1508, come attesta la data riportata nella iscrizione sul cartiglio. La tavola viene segnalata nel 1845 in una lettera inviata alla rivista “Scilla e Cariddi” del messinese Carmelo La Farina, studioso di storia patria, che ne denuncia lo stato di abbandono in una sala del Monastero dell’Osservanza. Il convento dell’ordine dei Francescani Minori Osservanti dedicato alla madonna delle Grazie è stato costruito dove sorgeva anticamente un oratorio intitolato alla Madonna della Ginestra, forse per la presenza abbondante in questa area della pianta. Padre Giovanni Fiore racconta che la sua realizzazione venne contrastata e arresta dal conte Ruffo, e proseguì solo dopo la sua cacciata da Catanzaro nel 1480 impiegando per la sua costruzione le pietre del suo rovinato castello. Sull’ edificazione della fabbrica non esiste un opinione concorde in quanto alcuni studiosi ritengono debba risalire al 1457. L’autore dell’opera presa in esame è Antonello de Saliba, nipote del famoso pittore Antonello da Messina. De Saliba è stato allievo di Jacobello d’Antonio, figlio di Antonello da Messina come risulta da un documento del 1480. La sua attività è documentata in Sicilia dal 1497 fino al 1535. De Saliba ha mediato la pittura del maestro con quella del territorio locale, una pittura intrisa delle novità del linguaggio artistico rinascimentale come la prospettiva e la pittura di paesaggio di matrice veneta e nordica. Il contratto di allogazione evidenzia come il committente ha ingaggiato il padre Giovanni de Saliba per l’esecuzione dell’intaglio della pala d’altare, mentre al figlio Antonello de Saliba ha commissionato le tavole dipinte, documentando una prassi dell’epoca, quella di affidare complessi apparati decorativi a famiglie di artisti, ciascuno specializzato in un ambito. Dai documenti del Di Marzo emerge che il de Saliba lavora con il padre Giovanni nel 1498 per la realizzazione di un gonfalone ligneo con diverse figure dipinte per la confraternita di S. Giovanni a Guisaguardia in Calabria, nello stesso anno ne realizza un altro per Terranova, l’anno successivo viene commissionato ad entrambi per Seminara una “cona” con la Madonna del Soccorso tra Santi, questo risulta l’ultimo lavoro compiuto insieme per la Calabria. Un aspetto da considerare è rappresentato dal rapporto del committente dell’opera con il fratello francescano fra Francesco Coco, della casa dell’ordine di Catanzaro che diviene Commissario dell’ordine a Messina. Il frate francescano potrebbe aver fatto da tramite tra la città di Messina e Catanzaro, rivitalizzando il mercato artistico locale. L’arrivo della pala di de Saliba è stata preceduta da quello dell’opera in marmo della Madonna delle Grazie dello scultore messinese Antonello Gagini, datata al 1504, commissionato sempre da Giovanni Coco. L’impianto iconografico ha delle analogie con quello adottato nella bottega antonelliana, ripreso dal de Saliba nella versione dell’opera del Museo di Castello Ursino a Catania (1497) che può essere considerato un prototipo fortunato per le successive commissioni, in particolare per quello del Museo Regionale di Messina, non datato. De Saliba guarda con particolare attenzione la tavola della Madonna degli Angeli di Jacobello d’Antonio, figlio del pittore Antonello da Messina, conservata presso il Santuario di S. Francesco di Paola, da cui deriva la semplicità dello scanno su cui siede la Vergine e la descrizione dettagliata delle architetture del paesaggio alle sue spalle di chiaro richiamo fiammingo. La critica ha evidenziato come il particolare del bambino in piedi alla Madre nella tavola di Catanzaro ha delle analogie con la tavola di Giovanni Bellini , oggi conservata a Glasgow, testimone degli aggiornamenti del pittore siciliano durante il soggiorno veneto, che si pensi sia avvenuto nel 1497. Con il dipinto di Messina la tavola di Catanzaro condivide la scelta di far sedere su uno scanno la Madonna, la maniera aggraziata della sua figura, la malinconia del suo volto e l’apertura del paesaggio alle sue spalle. Le forti analogie della tavola di Messina con l’opera in esame hanno fatto supporre al Consoli che la tavola messinese possa essere una replica di quella di Catanzaro, se non addirittura una prima versione. Opinione non condivisa dal Pugliatti per la qualità superiore dell’opera rispetto a quella presa in esame che ritiene debba essere considerata un archetipo sul quale è stato eseguito un intervento di bottega. Infine la tavola presa in esame, come quella di Messina, presenta rispetto a quella di Catania un’ ulteriore evoluzione del modello della Madonna con Bambino inserita nel paesaggio, in quanto le figure centrali non sono sedute su un ricco trono intarsiato, ma su un modesto scanno e totalmente inserite nel paesaggio retrostante. Nella tavola di Catanzaro la vergine dal manto azzurro ultramarino si staglia su un fondo in cui i dettagli sono maggiormente caratterizzati, probabilmente la veduta illustrata rappresenta una visione urbana ideale e simbolica della stessa città di Catanzaro realizzata sulla raccolta di descrizioni o appunti grafici, in cui potrebbero scorgersi i torrenti Musofalo e Fiumarella, come proposto da Alfonso Frangipane ed Emilia Zinzi. Elementi emblematici come strutture difensive e religiose compaiono in una figurazione di luoghi con un fondale paesaggistico. Precise annotazioni architettoniche sembrano riscontrarsi negli edifici religiosi e negli elementi fortificati ubicati nel largo pianoro lungo un percorso delineato dai due torrenti, sul fondo del quale si scorgono delle montagne e un susseguirsi di cupole e cupolette orientaleggianti, forse del cosiddetto Monacaru. Emilia Zinzi evidenzia come nella veduta in primo piano dopo un filare di alberi compaiono alle spalle della Madonna probabilmente la Cattedrale di Catanzaro alla sua destra e altri edifici dell’ordine dei francescani e delle clarisse. Il monastero di S. Teresa dell’Osservanza potrebbe essere l’edificio illustrato alla sua sinistra. Sul fondo a sinistra compare un ponte con delle torri, a destra una serie di strutture militari che segna la cinta difensiva orientale della città; spicca una grande torre che nella sua posizione rispetto al castello sul fondo dovrebbe corrispondere al colle di San Giovanni, su cui venne edificata la torre, primo baluardo difensivo della città verso il mare
  • CODICE DI CATALOGO NAZIONALE 1800178021
  • ENTE SCHEDATORE Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Catanzaro e Crotone
  • DATA DI COMPILAZIONE 2022
  • ISCRIZIONI in basso, al centro - HOC OPVS MAGISTER ANTONELLUS [...] SALIBA/ DE MESSANA FACIEBAT/ M . CCCCC . VIII - De Saliba, Antonello - a pennello -
  • LICENZA METADATI CC-BY 4.0

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